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Se è relativamente facile rendere conto dell'arte di Ligustro, è sufficiente ammirare le sue opere, rendere trasparente il suo percorso è forse impossibile: sembra che siano intervenute a determinarlo delle forze di ordine superiore, che non è concesso all'essere umano di comprendere, tantomeno influenzare o prevedere. Chi avese voluto ammirare dal vero le opere di Ligustro poteva recarsi fino al 26 luglio 2013 alla mostra tenuta a Milano o richiedere a questo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. informazioni sulle prossime esposizioni. Qui cercheremo non di dare impossibili risposte ma di tracciare un profilo del cammino dell'uomo. Dove andrà l'artista, nemmeno lui si cura forse di saperlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovanni Berio è nato ad Imperia nel 1924 ed ha lavorato a lungo come perito chimico nell'industria olearia. Nel 1972 un infarto lo lascia a lungo tra la vita e la morte, e dei lutti familiari aggravano ulteriormente la sua condizione psicologica. Ma lasciamo a lui la parola:

Agli inizi degli anni settanta, io ero solo il Giovanni Berio combattivo, forte, schietto, aggressivo e rude come la mia terra. Solo attraverso la sofferenza della malattia e il sollievo della guarigione, ho potuto ritrovare l'ormai dimenticata sensazione dell'infanzia e il senso della rinascita. Ricordo di essere rimasto colpito da una breve poesia di Natsume Soseki che così recita: " Poter rinascere piccolo, pari ad una violetta". Questo è stato lo spunto per ricominciare a vivere in modo diverso, ossia attraverso un approccio più immediato con la natura.

E fu così che volle, che ebbe l'obbligo, di divenire Ligustro.

Anche se non ancora messa a fuoco l'esigenza di Berio era di esprimere tangibilmente in qualche modo la sua ricerca. Fu così che si avvicinò al mondo dell'arte, cui era rimasto estraneo fino a quel momento.

E, senza forse essere del tutto consapevole di porsi così sia nel solco della tradizione classica che di quella giapponese, comprese che era necessario porre un segno di demarcazione: dare un nuovo nome alla nuova persona che stava nascendo.

Inconsciamente optai per Ligustro, un arbusto della famiglia delle oleacee, le cui foglie appuntite potevano rispecchiare quella che era stata la mia natura sino alla malattia. Tuttavia, mi sembrò più adatto il Ligustrum Japonicum, le cui foglie più morbide e tondeggianti avrebbero meglio rappresentato il nuovo Giovanni Berio che stava ricominciando a vivere, più sereno, gentile e malleabile ma al tempo stesso ugualmente forte.

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Il fatto curioso è che consultando la Dott.ssa Jimbo Keiko, una gentilissima signora giapponese laureata in Storia dell'Arte e Filosofia all'università Gakushuin di Tokyo, la traduzione in ideogrammi giapponesi dello pseudonimo Ligustro, risultò essere Ri-cui o Ri-gu, cioè "padrone dei ferri". Per me, questa era l'ultima conferma che aspettavo, una specie di segno premonitore che completava la mia scelta definitiva verso un nuovo mondo che si apriva in una infinità di visioni.

Se la certezza di dover abbandonare la strada fino allora percorsa fu immediata, la ricerca del cammino verso una nuova meta non lo fu altrettanto, tantevvero che si arriva a Ligustro non prima di diversi altri pseudonimi.

Nel 1985 Ligustro arriva finalmente alla stampa policroma di sitle giapponese: il nishiki-e. Per accedere alle soglie di questa arte, di cui Ligustro era del tutto digiuno, veniva in Giappone considerato assolutamente indispensabile un precoce apprendistato presso una scuola accreditata, tantevvero che ancora oggi si è soliti identificare gli artisti aggiungendo al loro pseudonimo il nome della scuola di cui fecero parte o fondarono: Kitagawa Utamaro, Utagawa Hiroshige e così via.

Ligustro sarà solo  e per sempre Ligustro: non ebbe maestri, non frequentò scuole, ed iniziò il cammino dell'arte ad una età in cui altri già ne intravedono la fine. Questo non vuol dire che il suo processo di apprendimento non sia stato metodico, costante, scrupoloso, approfondito. Il suo modello ideale sarà Katsushika Hokusai:

Niente di tutto quello che ho fatto prima dei miei settant'anni merita veramente che se ne parli. E' stato all'età di settantatre anni che ho cominciato a capire la vera forma degli animali, degli insetti e dei pesci, e la natura delle piante e degli alberi. E' evidente perciò che a ottantasei avrò fatto via via sempre più progressi e che, a novant'anni, sarò penetrato più a fondo nell'essenza dell'arte. A cento avrò definitivamente raggiunto un livello meraviglioso e, a centodieci anni, ogni punto e ogni linea dei miei disegni avrà una sua propria vita. (Hokusai).