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Le moderne arti marziali giapponesi costituiscono un caso da studiare attentamente. È vero che ad esse ci si riferisce spesso col termine budō, ma in realtà si tratta di attività inserite nel sistema pedagogi­co deciso in Giappone solo a partire dal periodo Meji; ed anche se si suppone che esse rappresentino lo spirito tradizionale del Giappone, vi sono molti casi in cui certi aspetti spirituali sono stati omessi. Durante la restaurazione Meji, che iniziò nel 1868, fiorì in Giappone una civiltà di stile occidentale; ma fu proprio nello stesso periodo che lo studio della cultura orientale divenne popolare in Europa e negli Stati Uniti, insieme all’uso del concetto di subcon­scio e all’attenzione alle realtà interiori della mente. Tutti questi aspetti culturali si svilupparono durante un lungo perio­do di tempo e, dopo l’ultima guerra mondiale, divennero ben noti sotto forma di medicina psichiatrica e di ricer­ca terapeutica.

Al contrario, il Giappone adottò una politica che può essere riassunta nella frase “all’esterno con l’Asia, all’interno con l’Europa”, una tendenza estremamente problematica che continua perfino al giorno d’oggi e forse spiega perché sorprendentemente ci siano così pochi giapponesi che comprendano l’essenza dell’aikidō. Ma all’estero in realtà si avverte anche che ci sono alcuni aspetti che solamente un giapponese potrebbe capire: non il metodo dell’allenamento in sé, ma piuttosto dettagli di natura più generale. Il modo giapponese di parlare per esem­pio, o il ritmo della vita giapponese, come le forme teatrali kabuki e nō, solamente una persona vissuta in Giappone li può comprendere . Allo stesso modo è presumibile che l’allenamento di aikidō in Europa evolva in forme appropria­te per l’Europa poiché il linguaggio ma anche il modo di stare in piedi o camminare sono differenti.

 

Per quanto concerne la cura del corpo, il maestro ai tempi dell’università seguiva una dieta strettamente vegetariana ed esercitava il digiuno ed altre austere prati­che. Col tempo questo è diventato più difficile e si concentra su una dieta costituita da pane integrale, tagliatelle di grano saraceno e verdure mescolate con alghe o con pesce, o con piccoli pesci interi e frut­ti di mare. Non beve alcolici se non in occasioni speciali, come nelle commemorazioni o quando si riuniscono gli studenti, e non fuma.

Il fumo è controproducente per il kokyu-hō (meditazione col respiro) e ostacola il controllo degli aspetti più sottili dei cinque sensi portando alla incapacità di avvertire le differenze più fini. Se non si è in grado di avvertire queste differenze si è pure incapaci di percepire gli aspetti più sottili della vita quotidiana. Se si pensa al colore rosso ad esempio, allora il corpo eseguirà un movimento “rosso”. La mente ha questa grande influenza sul corpo, gli aspetti maggiormente sottili, però, pos­sono essere percepiti solo dopo un esame attento. Tutto ciò è difficile da comprendere nella normale routine di tutti i giorni, ma diventa più chiaro nei momenti in cui i sensi sono estremamente pronti ed acuti, come ad esempio subito dopo un digiu­no di tre settimane.

Riguardo all'alcol, berne quotidianamente rende particolarmente difficile raggiungere una vera lucidità mentale, anche con i più grandi sforzi di attenzione. Ci sono anche molti modi di mangiare. Si può dire che si assorbe l’energia vita­le (ki) dell’universo attraverso il cibo, pertanto si dovrebbe riflettere seriamente sul fatto che l'ingestione di cibo e liquidi riveste la medesima importan­za del respirare immersi nell’energia vitale dell’universo. L'essenziale è assumere i cibi con lo stesso “raccolto senti­re” del maestro Ueshiba, che univa le due mani assieme in segno di ringraziamento prima e dopo i pasti.

Fino al periodo Meji (1868-1912), il popolo giappone­se padroneggiava la meditazione col respiro e sviluppava la propria energia vitale mediante una disciplina iniziata in giovane età anzi fin dal momento stesso della nascita. Da questo punto di vista, l'educazione dei bambini e la natura della vita familiare, il popolo giapponese è oggigiorno del tutto differente da quello di allora. La stessa evoluzione si riscontra in Europa, dove i bambini un tempo venivano por­tati in chiesa sebbene non comprendessero ancora nulla delle cerimonie reli­giose: l’educazione iniziava anche là in giovane età.

Tali esperienze formano probabilmente il nucleo reale di una per­sona. Nel Giappone anteguerra, la lealtà ed il patriottismo che origina­vano dal bushidō - la via del guerriero - erano gli equivalenti in un certo senso dell’educazione religiosa europea. Tutto ciò è sparito e sfortunatamente non è subentrato nulla a rimpiazzarlo. Ma il maestro crede che l’aikidō sia forte abbastanza da poter assumere un ruolo importante nell'educazione degli esseri umani.