www.aikido.com esiste veramente, e da molti anni. Lo trovai intorno al 1997, quando appena ricevuto l'incarico di creare il sito dell'Aikikai d'Italia, che ho poi curato fino al 2008, cominciai a guardarmi in giro per scoprire cosa ci fosse in rete. Era tuttaltra cosa da quello che immaginavo. E da qui parte una lunga riflessione.

La rete era all'epoca qualcosa di estremamente embrionale rispetto a quello che è adesso. Dopo alcuni mesi di lavoro assieme a Giancarlo Pezzulli e Giovanni Granone, alla riapertura dei dojo dopo la pausa estiva, a settembre, avemmo la soddisfazione di arrivare a 1000 visite complessive sul sito. Lasciamo stare che probabilmente erano per la maggior parte nostre visite di servizio, stappare una bottiglia di spumante virtuale fu doveroso. Circa 10 anni dopo, quando lasciai l'incarico, avevamo una media di visite intorno alle 1300 al giorno, quindi in prospettiva quasi 500.000 l'anno, e da allora ancora molti bit sono passati sotto i ponti.

Ma torniamo a bomba: il sito aikido.com non trattava di aikido a quell'epoca: nella pagina di apertura veniva candidamente spiegato che ai titolari era sembrata una ottima idea registrare tempestivamente il dominio, che era in vendita al migliore offerente. Non c'era nullaltro.

Non che ci sia molto di più al giorno d'oggi, il sito non sembra molto curato né molto seguito. Ignoro se sia ancora gestito dalle stesse persone, ma ha l'aria di un non riuscito tentativo di farne un sito promozionale. Potremmo concluderne, con una buona aspettativa di avere azzeccato la diagnosi, che  l'aikido (invece) con il commercio non ci azzecca proprio.  Non possiamo certamente dare la colpa al mezzo di comunicazione, visto l'enorme sviluppo che ha avuto, sta avendo, avrà.

Mentre alcuni dojo in difficoltà pubblicano o fanno pubblicare l'ennesimo articolo larvatamente promozionale sulla rivista associativa, evidentemente non considerando che è destinata ad un pubblico che pratica già aikido e che per giunta è già accasato, occorrebbe essere realisti e sapere che al giorno d'oggi un ragazzo che cerca dove praticare qualcosa o che abbia già deciso di praticare aikido e stia semplicemente cercando dove, non consulta l'elenco del telefono e probabilmente non legge nemmeno le riviste di settore né quelle per addetti ai lavori, ammesso che le trovi in edicola, ma fa la sua brava ricerca su google. Dove di conseguenza bisogna apparire, e se possibile in buona posizione.

E qui sorge un dubbio. L'aikido è un prodotto commerciale, o perlomeno commerciabile? Da trattare quindi con gli stessi strumenti di marketing da cui la nostra vita quotidiana viene costantemente pervasa, violando o tentando di violare ogni freno e ogni resistenza? Sembra difficile dare una risposta affermativa, quando la maggior parte dei praticanti si spera sia entrata dentro un dojo per trovarvi un rifugio, un ambiente pacato e produttivo ove ritrovare se stesso e conoscere il piacere di trovare altre persone.

Quindi l'immagine per il pubblico dovrebbe essere necessariamente accompagnata da un messaggio che faccia comprendere quanto più possibile la sostanza di quello che si vuole proporre. Dunque: che aikido proporre al mondo?

Una scorsa alle varie proposte presenti in rete, senza alcuna pretesa di essere esauriente, lascia l'impressione che alcune fasce di 'mercato' si vadano orientando verso due diverse direzioni: aikido fast food per attirare 'le masse' alla ricerca non solo dei comodi piaceri ma anche dei comodi doveri, ed aikido esoterico riservato a chi preferisce lasciarsi correre lungo la schiena il brivido di fare qualcosa che agli altri è vietato, perché non all'altezza.

Qui si compie un altro passo avanti, e certamente non nella buona direzione. Se proposte chiassose e troppo commerciali rischiano di attirare fin dal principio persone in ricerca di qualcosa di completamente diverso da quello che può offrire la seria pratica dell'aikido, queste tendenze arrivano a modificare profondamente, si suppone in buona fede ma non basta a giustificarli, la natura stessa dell'aikido

Inoltre queste opposte tendenze creano inevitabilmente altrettanto conventicole chiuse in se stesse e altrettanti sistemi didattici incompatibili con gli altri, quando uno dei maggiori piaceri dati dalla pratica dell'aikido era di poter praticare in ogni angolo del globo, con persone di ogni età, sesso, costituzione fisica e mentalità, con la sicurezza di parlare un linguaggio comune e di trovarsi 'a casa'.

Come sfuggire alle mercificazione e alla settarizzazione dell'aikido, insidiosa sia quando si presenta sotto le mentite spoglie dell'apertura ad un pubblico più vasto sia quando propone un aikido 'specializzato' per chi cerca l'efficacia, la materializzazione del ki o quantaltro? Ma nel corso dei pensieri è affiorata alla mente un'altra domanda, più pressante: cosa ne avrebbe pensato o sensei di tutto questo? Mi è ritornata nella mente allora una sua immagine, anzi diverse sue immagini viste e riviste, che avevano in comune il delizioso sorriso sornione che tante volte - fateci caso - affiora in certe fotografie del fondatore dell'aikido.

Cosa vorrebbe significare quel sorriso, così diverso dal cipiglio della foto ufficiale scelta da aikido dot com? Sembra la sua risposta al problema di cosa pensare di certi fenomeni di modernizzazione dell'aikido. Ha proprio l'aria di una benevola presa di distanza da queste problematiche, non degne di essere prese in considerazione da un serio praticante.

Certamente si potrebbe paventare che queste deformazioni inquinino il messaggio che l'aikido vuole dare al mondo, e ne deturpino l'immagine.

Ma il disarmante sorriso di o sensei ci ammonisce che tutto è puro per chi ha il cuore puro. In termini orientali, il pennello - o la spada - va dritto quando la mente è dritta. I nostri padri avrebbero rincarato la dose ricordandoci che omnia munda mundis,. E noi concludiamo che è il momento di tornare sul tatami per praticare.