Dynamic aikido

Gôzô Shioda

Kodansha, 1968

Edizione italiana:

Aikido dinamico. Tecniche di base e applicazioni pratiche

Edizioni Mediterranee, 1998

Traduzione: Velia Cimino e Franco Martufi

 

Nelle parole di Shioda "L'aikido non è uno sport ma un budo. Si sconfigge l'avversario o si viene sconfitti. Non ci si può lamentare se esso non segue le regole. Occorre prevalere sull'avversario nella maniera più appropriata ad ogni situazione".

Gôzô Shioda (1915-1994) dopo avere seguito la tradizione familiare praticando fino alle scuole superiori judo, in cui aveva raggiunto il grado di 3. dan, e kendo, entrò nel 1932 nel Kobukan, fondato pochi anni prima da Ueshiba Morihei. Vi rimase per circa 8 anni come uchideshi per poi lasciare il Giappone avendo ricevuto un incarico nell'amministrazione dei territori occupati, prima in Cina e poi in Borneo.

Obbligato a interrompere la pratica nei duri anni del dopoguerra riprese nel 1950 e nel 1956 fondò la sua personale scuola di aikido, lo Yoshinkan che riprendeva il nome del dojo paterno, ed elaborò un sistema didattico chiamato senshusei, focalizzato sull'aikido come metodo pratico di autodifesa.

Del libro dice Shioda nella prefazione: "L'oggetto di questo libro è di fornire una introduzione all'aikido che possa essere usata come testo di riferimento per principianti. Le tecniche descritte sono state selezionate tra quelle praticate quotidianamente al Tokyo Yôshinkan e includono i movimenti essenziali di base ... Come in tutte le arti marziali giapponesi, vi sono in aikido molti punti che non possono essere adeguatamente esposti con le parole o le foto; quindi, sebbene questo libro non possa mai rimpiazzare efficacemente un insegnante qualificato, si spera che provveda un utile supplemento per l'istruzione personale".

Dynamic aikido è effettivamente uno dei primi testi, forse il primo in assoluto, a presentare una immagine dinamica dell'aikido: in parte probabilmente per il miglioramento delle tecniche di ripresa fotografica, vedi le sequenze riprese dall'alto per evidenziare le linee di movimento di tori ed uke.

 

 

 

 

 

In parte indubbiamente per precisa scelta dell'autore, come per le sequenze che vengono supportate da frecce che indicano la direzione del movimento degli arti o del corpo e da diagrammi che mostrano la posizione dei piedi ed il modo per avanzare, retrocedere, cambiare direzione.

Occorre osservare che la terminologia non corrisponde a quella maggiormente in uso ai giorni nostri nelle principali scuole di aikido diffuse in occidente.

Vi si parla ancora di ikkajô o nikajô (ikkyô e nikyô) e vengono utilizzati semplici riferimenti A e B per indicare le tecniche in modalità omote od ura.

Naturalmente non è questo che può ostacolarne la comprensione da parte di un praticante di medio livello, dovranno fare attenzione i principianti.

 

 

 

 

 

Forse anche qui per la prima volta, il concetto diverrà popolare più tardi attraverso l'opera L'aikido e la sfera dinamica di Ratti e Westbrook, si parla della rotazione sferica:

"Uno dei principi caratterstici dell'aikido è il marui (movimento circolare). Se un attacco lanciato lungo una linea diritta viene "ricevuto" con un movimento circolare può essere incanalato e controllato, e una volta che questo movimento circolare sia padroneggiato, è possibile adeguarsi ad un attacco di qualunque forza che provenga da qualunque direzione".

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"Quasi nessun movimento in aikido segue una linea diritta: i movimenti dei piedi, del tronco e delle braccia descrivono tutti un arco e, inoltre, sono tridimensionali in quanto seguono le linee di una sfera o talvolta di una spirale".

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"Il movimento circolare non è limitato su un piano; può variare da davanti a dietro, da destra a sinistra, dall'alto al basso, quindi un aikidoka competente deve essere capace di applicarlo in ogni direzione lungo la superficie di una sfera se desidera negare un attacco da ogni lato".

Un altro aspetto dell'approccio teorico di Shioda all'aikido avrebbe meritato di essere studiato e possibilmente approfondito da molti praticanti e naturalmente anche dagli studiosi venuti dopo di lui:

"E' anche possibile dividere le tecniche tra quelle che sfruttano punti fisiologicamente [e aggiungeremmo: psicologicamente] deboli e quelli che prendono vantaggio dalla posizione e dai movimenti dell'oppositore. Esempi del primo tipo sono gli obiettivi che attacchiamo con atemi causando shock inaspettati e lasciando l'oppositore vulnerabile. Un esempio dell'ultimo tipo è il potere di imbrigliare la forza dei movimenti - in spinta o in tiro - dell'oppositore".

Il libro termina con una serie di esempi pratici, ossia applicazioni dei principi base dell'aikido in situazioni di difesa personale. Nei decenni successivi la maggior parte delle scuole di aikido ha progressivamente ridotto se non abbandonato del tutto l'interesse per questo argomento. Non sta a noi dire se sia un bene od un male, ci limitiamo a prenderne atto.

La loro presenza in un testo dedicato esplicitamente ai principianti rischia però di creare attese irrealistiche essendo piuttosto un punto di arrivo nel percorso dell'arte che non un punto di partenza. E' questa la sola possibile critica che ci sentiremmo di muovere al testo.