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Sebbene le sue origini siano assai remote nel tempo, in seguito al volontario isolamento cui si è sottoposto il Giappone nell’epoca Edo l’haiku è stato conosciuto nel mondo occidentale solo a partire dal 1868, con la progressiva apertura delle frontiere. Le prime traduzioni sembra siano state effettuate da visitatori francesi che si erano recati in Giappone e che 1905 pubblicarono in Francia il loro lavoro. Seguirono, nel 1910, due antologie haiku pubblicate in Francia ed in Inghilterra.

Anonimo di epoca Kamakura (XIV secolo)

Tōhoku’in Uta-awase (concorso di poesia al Tōhoku’in)

Inchiostro su carta, cm 29,5 x 533,5

Museo Nazionale di Tokyo

Bene Culturale Notificato

La dicitura riporta che nella tredicesima notte del nono mese del secondo anno di Kempō (1214) un gruppo di artigiani riunitosi nei Giardini di Nord Est per un nembutsu (invocazione del nome di Amida) ha organizzato un concorso di poesia ad imitazione dell’usanza nobiliare di organizzare riunioni notturne per celebrare con l’improvvisazione di poemi waka e renga la bellezza della luna.

Il dipinto raffigura i vari partecipanti, divisi nella squadra di sinistra, composta dal medico e poi dal fabbro e dal pulitore di spade, dalla servente del tempio e da una pescatrice di perle; a quella di destra appartenevano l’indovino, il falegname, il fonditore, il giocatore d’azzardo e il venditore ambulante.

Il particolare rappresenta l’hanja (arbitro) dell’evento, nel caso specifico il kyōji (copista del sutra), che al termine della composizione ha composto a sua volta un poema sulla bellezza della luna nelle notti d’autunno.

Sebbene sfuggite al grande pubblico queste due antologie attirarono l’attenzione degli Imagist, un gruppo di poeti anglo-americani acquartierati tra Londra e Chicago intorno al 1915. Erano tra loro personaggi come James Joyce, D.H. Lawrence, Amy Lowell, Marianne Moore, Ezra Pound, Carl Sandburg e William Carlos Williams, che adottarono la forma dell’haiku considerandolo come il poema ideale “nel quale l’immagine non è un mezzo ma il fine, in cui l’immagine non fa parte del poema ma è il poema”. Negli anni che seguirono gli haiku conobbero una grande popolarità e una vastissima diffusione nel mondo della letteratura inglese.

Ma anche sl di fuori della letteratura anglosassone gli haiku si affermarono come un rivoluzionario ed innovatore, per quanto antico, mezzo di espressione. Vi si cimentarono tra gli altri l'indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) e l'argentino Jorge Luis Borges (1899-1986).

La composizione più celebre in assoluto di Salvatore Quasimodo (1901-1968), di cui viene spesso citato a torto solo l'ultimo verso, è anch'essa un haiku:

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e subito sera

Shojō Shōkadō (1584-1639)

Sanjūrokkasen

Album, cm 19,8 x 17,3

Inchiostro su carta colorata e laminata con oro e argento

Museo Nazionale di Tokyo

Il monaco Shōkadō è considerato uno dei Tre Grandi Calligrafi della sua epoca, assieme a Kōetsu e Nobutada. Amó riutilizzare gli antichi caratteri hiragana esaltandone la fluidità stilistica.

Il Sanjūrokkasen è un’antologia di trentasei poemi waka, composti da trentasei poeti arcaici.