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Scandalo (Shubun)

Akira Kurosawa - 1950

Toshiro Mifune, Yoshiko Yamaguchi, Takashi Shimura

 

Mifune ha fino al 1949 interpretato 3 film sotto la regia di Kurosawa, in relativamente poco tempo: L'angelo ubriaco Cane randagio, Il duello silenzioso. Ha sostenuto solamente ruoli moderni, ora nella parte del malfattore ora in quella del poliziotto o del medico sfortunato.

Lavorerà l'anno seguente - sempre con Kurosawa - nel suo primo ruolo jidai, il bandito Tajomaru di Rashomon, che darà fama mondiale sia a lui che al regista.

Stranamente però le sue interpretazioni moderne tardano ad essere riscoperte sia dal pubblico che dalla critica, come del resto quasi tutte le opere gendai di Kurosawa, di cui ingiustamente si cita soprattutto Vivere, considerando le altre opere minori.

Ma soprattutto sono opere meno facili, meno spettacolari, e sorge il dubbio che sia soprattutto questo genere di motivazioni che ha impedito finora che venissero apprezzate come meritano.

Il pittore Ichiro Aoye (Toshiro Mifune) si presenta fin dall'inizio come un personaggio stravagante, se non altro per la sua abitudine, rara per l'epoca, come gli fanno notare perfino dei montanari del tutto ignari di mode ed abitudini della gente di città, di spostarsi sempre in motocicletta.

Kurosawa ci mette in guardia fin dalla prima inquadratura: è la ruota di una motocicletta in marcia, e chiaramente una moto di grossa cilindrata: chi la guida ne ha fatto una scelta di vita, non utilitaria.

Il personaggio ha sicuramente una componente autobiografica: sappiamo infatti che la carriera artistica di Kurosawa iniziò con lo studio della pittura, e che continuò per tutta la vita a trasmettere le sue direttive artistiche attraverso sceneggiature piene di disegni impressionistici ma efficaci.

Diceva infatti che riusciva a comunicare il suo messaggio soprattutto quando dimenticava la tecnica e si lasciava portare dalla frenesia dell'arte.

Ichiro Aoye si è recato nelle montagne in cerca di ispirazione, e là comincia una avventura che cambierà la sua vita.

Sopporta con buonumore di essere circondato da un gruppetto di montanari curiosi che dietro le sue spalle commentano e a volte criticano spensieratamente (le montagne non sono di quel colore, le montagne non si muovono!...) le sue libere interpretazioni artistiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una giovane donna, elegante ed attraente (Yoshiko Yamaguchi), arriva a sua volta nel piazzale dove Ichiro ha postato la sua attrezzatura e sta dipingendo le montagne che si affacciano alla vista.

Si sta dirigendo verso un albergo, ma non conosce la direzione ed ha perduto l'autobus, il prossimo passerà tra diverse ore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo averle dato burbere e sbrigative indicazioni, Ichiro offre altrettanto rudemente di darle un passaggio con la sua moto, se avrà la pazienza di attendere il termine del suo lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I due, che alloggiano nello stesso albergo, approfondiscono la conoscenza con una breve chiacchierata amichevole, e Ichiro indica alla ragazza ove recarsi per delle piacevoli passeggiate nella natura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello che Ichiro ignora, e non sa nemmeno lei, ë che ci sono due reporter appostati in basso, che pedinando costantemente la donna l'hanno seguita fin là.

i tratta infatti di una famosa cantante lirica, Miyako Saijo, e i due non attendono altro che di poterla fotografare in atteggiamento compromettente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La situazione è in realtà totalmente innocente, ma una foto può trarre in inganno, ed il resto lo faranno la fantasia e soprattutto la malafede dei giornalisti.

Il servizio viene venduto ad un periodico scandalistico, dal significativo titolo di Amour.

Lo sviluppo della foto aveva infatti mantenuto le promesse: proprio il materiale che ci voleva per farne un articolo di grande richiamo sul pubblico.