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Il mondo è devastato dalla catastrofe nucleare.

Lo sfondo è costituito da un ammasso di rovine che potrebbe essere una qualsiasi delle grandi metropoli del secolo XX.

L'olocausto nucleare era uno degli incubi ricorrenti di Kurosawa, che ne tratta in tre delle sue opere. In Vivere nella paura, che risale al 1955, in Dreams e nel successivo Rapsodia di agosto.

E' un incubo che Kurosawa ha condiviso con gran parte della popolazione giapponese della sua generazione, che ha conosciuto l'orrore delle deflagrazioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

Io si aggira a lungo in un paesaggio lunare, alla vana ricerca di un altro essere vivente.

Sembra essere il solo sopravvissuto sulla faccia della terra.

Il caratteristico berrettino non è stavolta bianco né nero: è in un indefinibile colore grigiastro, e viene da chiedersi se anche questo abbia un significato.

 

 

 

Improvvisamente, tra la foschia di un costone roccioso irto di rocce aguzze, incontra finalmente qualcuno.

L' uomo (Chosuke Igariya), vestito di stracci logori e penzolanti, è chiaramente timoroso, allarmato, ha l'atteggiamento di chi sta per prendere la fuga.

Ma infine si ferma, parla. Probabilmente anche lui si sente solo. Si presenta: è un demone.

 

 

Un demone debole e perseguitato, che appartiene alla miserabile casta dei demoni unicorni.

Solamente i demoni con due o tre corna appartengono all'aristocrazia, gli altri ne vengono oppressi senza alcuna pietà ed è per questo che lui ha deciso di esiliarsi dalla comunità.

 

 

 

 

La terra è stata distrutta da una catastrofica guerra nucleare, e la tempesta di missili non ha lasciato più niente come prima.

Il suolo è bruciato, appare dappertutto coperto da una spessa lava, eppure crescono nella desolazione dei fiori mostruosi.

Bocche di leone gigantesche, e strani fiori di rosa da cui spunta a sua volta una rosa, come le escrescenze crescono sulla fronte dei demoni

 

 

Ma nemmeno i demoni dominatori sono felici.

Le loro protuberanze crescono in continuazione causando loro atroci dolori cui non sanno reagire se non con altrettanto atroci lamenti.

Il demone solitario decide di accompagnare Io a prenderne visione di persona.

 

 

 

 

Dall'orlo di un cratere i due osservano quanto succede sotto di loro.

 

 

 

 

 

 

 

Una turba di demoni si aggira tra pozze di acqua sinistramente rossastra, piangendo ed urlando in continuazione.

Una scena che sembra tolta di peso dalle pagine della Divina Commedia di Dante Alighieri.

 

 

 

 

 

Ma improvvisamente anche il demone solitario diviene un demone piangente.

Anche la sua escrescenza sta causando indicibili dolori, e ha un irrefrenabile bisogno di sfogare la sua cattiveria.

Il suo atteggiamento diventa aggressivo.

Io si lancia a perdifiato giù per il dirupo della montagna, inseguito dal demone piangente.