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Il film inizia con l'arrivo di Sanshiro al dojo Monma jujutsu, in Tokyo, presso cui intende praticare. E' l'anno 1882.

Non ne riceve una buona impressione: sono persone volgari e dedite al bere, ma gli promettono di dar mostra a breve della loro arte.

Hanno intenzione infatti di dare una lezione a Shagoro Yano, che ha da poco fondato una nuova scuola, permettendosi anche la sfrontatezza di darle un nome del tutto nuovo, in rottura con la tradizione: il judo.

 

 

 

 

 

 

 

Gli tenderanno un agguato per strada, di sera. Yano arriva a bordo di un ricsciò (jinrikisha), una carrozzina a ruote introdotta da poco, tirata da un uomo: in precedenza l'utilizzo di ogni veicolo a ruote era interdetto dalla legge, per regolamentare le comunicazioni e impedire il rapido spostamento di truppe, e si utilizzavano delle portantine.

Un tocco realistico che Kurosawa utilizza - assieme ad altri introdotti senza farli troppo notare - per rendere l'idea di un Giappone in rapido ed irreversibile mutamento.

Sul bordo di un canale, Yano viene affrontato dai malintenzionati; ha l'abbigliamento tradizionale della classe samurai, per quanto sia disarmato. E' di pochi anni prima (1876) la proibizione del porto delle due spade.

 

 

 

 

Ci viene presentato da Kurosawa  come una persona matura, l'interprete come detto è Denjiro Okochi. Saigo (Susumu Fujita)  ha invece un aspetto decisamente giovanile, per rimarcare la distanza che intercorre tra maestro e discepolo.

In realtà questa distanza è più culturale che fisica. Al momento del loro primo incontro Saigo/Sugata aveva 16 anni, ma Yano/Kano non era di molto più anziano.

Aveva 24 anni solamente, e possiamo vedere il suo vero aspetto da questa foto che risale proprio al 1882, dove appare in abiti e con acconciatura occidentali.

Non si hanno indizi che l'episodio dell'aggressione da parte della scuola Monma si sia effettivamente verificato ed in quei termini, è tuttavia sostanzialmente plausibile.

 

 

 

 

 

 

 

Il primo campione del Monma ryu affronta aggressivvamente Yano, e riesce a spingerlo fin sull'orlo del canale.

Yano riesce ad arrestarsi proprio sull'orlo, poi cedendo alla pressione dell'avversario si lascia cadere sulla schiena e lo proietta sopra di se nel canale, con una spettacolare tecnica che ogni praticante di judo conosce: tomoe nage.

Il brutto ceffo affonda nell'acqua melmosa, sollevando una marea di spruzzi. Kurosawa non si occupa più della sua sorte, e così faremo anche noi.

 

 

 

 

 

 

 

Il secondo attaccante non ha sorte migliore, ma Kurosawa preferisce mostrare una tecnica che sembra attingere al bagaglio tecnico dell'aikido.

Non è inverosimile: proprio nel 1942 la fondazione Aikikai veniva ufficialmente riconosciuta dal governo giapponese, e sappiamo che fin dagli inizi degli anni 30 il maestro Morihei Ueshiba aveva il suo dojo, allora chiamato Kobukan, a Tokyo.

Non conosciamo il nome del maestro d'armi che prestò la propria consulenza a Kurosawa, ma anche se si fosse trattato di un esperto di judo una sua conoscenza di base dell'aikido sarebbe la norma. Kano aveva inviato i suoi migliori allievi presso il Kobukan, ed alcuni di loro come ad esempio Minoru Mochizuki continuarono a studiarlo per tutta la vita.

Jigoro Kano aveva infatti conosciuto Ueshiba, elogiandolo pubblicamente ed accarezzando per qualche tempo l'idea di chiedegli un suo trasferimento al Kodokan.

Kano approfittava volentieri delle competenze altrui: dopo le iniziali vittorie nei tornei interstile, il Kodokan patì ad inizio 900 una sconfitta ad opera della scuola Fusen ryu, specializzata nella lotta a terra. Kano lungi dall'irritarsi invitò i rappresentanti del Fusen ryu a trasmettere le loro conoscenze al Kodokan, modificandone l'impostazione in modo da tenere in maggior conto i punti dimostratisi deboli.

Ad ogni modo, la tecnica con cui Yano manda a rinfrescarsi il secondo aggressore nelle acque del canale è indiscutibilmente un kotegaeshi eseguito con piena aderenza ai canoni dell'aikido.

Gli altri aggressori vengono liquidati con disinvoltura man mano che azzardano un attacco, con classiche proiezioni o con immobilizzazioni a terra, sempre provenienti dal bagaglio tecnico del judo.

 

 

Sanshiro Sugata è rimasto a bocca aperta.