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Il regolamento (okite) dello Shudokan vieta i confronti con le altre scuole, le partecipazioni agli spettacoli, e ogni attività che possa imbrattare il dojo, ed in particolare bervi o mangiarvi.

Vediremo invece Sanshiro, solitario, abbandonarsi al sake nella sala di allenamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sake gli è necessario per dormire, e per non chiedersi in continuazione perchè abbia tanti nemici.

L'amico Dan, che lo ha raggiunto, lo conforta: è normale e non dipende da lui, chi è forte ha automaticamente nemici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Neanche Yano dorme, e sorprende i due nel bel mezzo della discussione

Invano Dan cerca di nascondere la fiasca di sake prima che la veda.

Il maestro anzi raccoglie e la utilizza, senza alcun commento, per mostrare gli squilibri che intende studiare il giorno seguente assieme ai discepoli.

E al termine, senza dar mostra di avere notato la grave trasgressione, augura la buonanotte e va via.

 

 

 

 

 

 

 

 

Allo Shudokan si presenta qualche tempo dopo Daisaburo (Ko Ishida) il ragazzo che involontariamente aveva provocato la 'esibizione' di Sanshiro all'inizio del film.

Ha ancora intenzione di praticare judo e chiede al suo eroe di accettarlo come allievo.

Alle spalle di Sanshiro appaiono, appesi alla parete, i keikogi dei praticanti avvolti nella cintura.

Era un uso comune fino al 1960 circa lasciarli in questo modo all'interno del dojo, al termine della pratica.

Sanshiro ha già detto di non sentirsi pronto per avere discepoli, in più sta attraversando una grave crisi.

E' chiaro che non vorrebbe accettare l giovane, ma infine prende un keikogi, presumibilmente il suo, e glielo porge. Il ragazzo è ammesso allo Shudokan: ma dovrà prepararsi a soffrire.

 

Kurosawa segue, naturalmente a suo modo, con chiari prodromi dello spirito innovativo e della maestria narrativa, già in embrione nel primo Sugata Sanshiro (1942) e che avrebbe sviluppato di lì a poco con i suoi capolavori, la crescita di Daisaburo.

La tavoletta che riporta il suo nome avanza nella gerarchia dei praticanti, dopo avere iniziato dall'ultimo posto disponibile.

L'inflessibile allenamento che veniva imposto ai principianti di ogni arte marziale fino a pochi decenni orsono trasforma la persona stessa, nel corpo e nel carattere.

Ogni volta che Kurosawa ci mostra Daisaburo entrare nel dojo eseguendo il saluto zarei il suo keikogi inizialmente immacolato è più logoro, la sua figura si fa più vigorosa, il suo atteggiamento più sicuro e più rilassato.

 

 

Lo spettatore sa quindi che diverso tempo è già passato, quando Daisaburo ritorna dal suo abituale lavoro trainando il jinrikisha vuoto e trova al suolo un praticante dello Shudokan privo di sensi.

E' stato aggredito da alcuni uomini, che dopo avergli chiesto se appartenesse allo Shudokan immediatamente lo hanno malmenato. Da quello che ha compreso non appartenevano ad una scuola di ju jutsu.

Gli attacchi allo Shudokan continuano, lo stesso Daisaburo cade in un ennesimo agguato. Ogni giorno qualcuno viene aggredito, e i discepoli hanno timore di ammetterlo con Yano, che ne sembra tuttavia divertito. Ha già compreso che gli aggressori provengono dalla scuola del karate.

 

 

 

Con sua grande sorpresa a Sanshiro viene chiesto un colloquio da Gennosuke Higaki, il suo acerrimo nemico.

Non ha intenzioni aggressive e non è più nemmeno lo stesso uomo violento e privo di scrupoli e sentimenti che lui aveva affrontato due anni prima: riconosce che il judo lo ha vinto, e sa di essere malato senza speranza, ma ritiene di avere raggiunto la vera luce.

Ha invano supplicato i fratelli di abbandonare i piani di vendetta e ritornare nella loro isola. Gli è stato solo rinfacciato di essere rimasto codardamente passivo di fronte a chi gli ha portato via l'onore e la donna.

Si sono ora ritirati in montagna per allenarsi intensamente, in attesa di un confronto con Sanshiro. Lui non può odiarli, ma si rende conto che non hanno alcun sentimento umano.

Soprattutto Tesshin, il 'serpente', che dal suo esempio ha preso solamente la parte peggiore. In quanto a Genzaburo, la sua malattia lo porta a momenti di violenza incontrollata. Sanshiro deve evitarli, non raccogliere la loro sfida. Non per salvare loro, ma per salvare se stesso e l'onore delle arti marziali del Giappone.

Al termine del colloquio Gennosuke consegna a Sanshiro come segno della sua stima il mokuroku, il rotolo contenente i segreti dell'arte del karate.

Sarà Sanshiro, memore della sua antica dimestichezza con il jinrikisha, a riaccompagnare Gennosuke con il calessino dell'infortunato Daisaburo.

Vorrebbe proteggerlo con la copertura a soffietto, fa freddo, ma Gennosuke lo prega di lasciargli vedere le strade per l'ultima volta. Mentre si preparano alla partenza Kurosawa ci fa udire le ingenue strofe popolari che celebrano la forza di Sanshiro, cantate da voci infantili.

Il fato vuole però che in quel momento i due incontrino Sayo: il suo sguardo incrocia quello del sofferente Gennosuke, che chiederà infine di chiudere il jinrikisha.

Non può sopportare il dolore di vederla davanti ai suoi occhi e nemmeno vuole mostrare questo suo dolore.

 

 

 

La notte, alla fioca luce di una lampada, Sanshiro si allena solitario nel dojo. Attirati dal rumore arrivano i suoi compagni. Viene loro mostrata in silenzio una missiva.

E' la sfida da parte dei fratelli Higaki, che attengono Sanshiro il 15 dicembre, sul monte Tengu, per una lotta senza quartiere.

Sanshiro accetterà, pur sapendo che verrà espulso dal dojo avendone violato le tre regole.

Non esita a dare chiarimenti: vi ha bevuto sake infrangendo la prima regola, e accettando la sfida infrangerà la seconda.

Ed è il momento di confessare che ha partecipato ad uno spettacolo, infrangendo anche la terza.

 

 

 

 

 

Aveva infatti accettato infine il combattimento con il pugile americano William Lister (l'attore Roy James, in realtà appartenente ad una famiglia russa in esilio residente in Giappone, che in diversi film giapponesi rivestì i panni dello 'straniero').

Presentato con toni da imbonitore dall'intrigante Nunobiki, Sanshiro viene descritto come un personaggio misterioso il cui nome non può essere rivelato. Ma il pubblico giapponese lo riconosce immediatamente come il celebre Sugata Sanshiro, e lo elegge a suo paladino, nella speranza che vendichi la sconfitta ingloriosa subita dal maestro di ju jutsu.

Per contro i numerosi marinai stranieri presenti parteggiano calorosamente per Lister. Non è solo uno scontro tra due uomini, ma tra due culture che non hanno ancora imparato a rispettarsi.

 

 

 

Sanshiro non ha molti problemi per avere ragione del suo avversario: afferrato il braccio che tentava di sferrargli un pugno lo mantiene in presa evitando che l'americano possa usare l'altra mano, e attende l'occasione propizia per atterrarlo.

La proiezione è violenta e spettacolare ed il pugile sembra destinato a non rialzarsi.

Facendo appello a tutte le sue forze ritorna tuttavia in piedi e cerca di riprendere il combattimento.

Sanshiro lo attende impassibile senza muovere ciglio e senza nemmeno accennare a rimettersi in guardia.

Il suo avversario infatti ha preteso troppo dalle sue forze, e piomberà definitivamente al suolo privo di sensi, senza essere stato nemmeno sfiorato.

 

 

 

 

Sanshiro rifiuta la generosa borsa dell'incontro, scosta con decisione Nunobiki che tentava di trattenerlo, sollevandolo di peso, e va via incurante degli applausi del pubblico incredulo.

Il compenso migliore per lui è la commozione di Sahei, l'uomo sconfitto in precedenza da Lister, che non riesce a trattenere le lagrime.

E' infine a lui che Sanshiro consegnerà la somma vinta, andandola a riprendere dal corpo esanime di Lester dove l'aveva gettata con disprezzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sanshiro si trova ora di nuovo a colloquio con il saggio Osho: gli annuncia il suo ritiro dallo Shudokan.

Non sopporterebbe di essere escluso dal maestro Yano per avere infranto le regole, ha quindi spontaneamente ritirato la tavoletta con il suo nome.