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Probabilmente Togashi ha già deciso. Eppure prolunga volutamente la sfida con Benkei.

Forse per il desiderio di misurarsi ancora, forse per comprendere fino in fondo quell'uomo con cui il destino ha voluto che affrontasse un lungo ed estenuante duello.

Senza tuttavia che alcuna lama venga mai estratta dal fodero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo la lunga titirera di Benkei, è ora la volta di un fitto scambio di domande e risposte.

Apparentemente Togashi sta saggiando la preparazione teologica del suo antagonista, per verificare che sia veramente quello che dice di essere.

Ma sappiamo, e naturalmente lo sapeva lui per primo, che Benkei era veramente un monaco, e su quel terreno non sarebbe stato possibile coglierlo in fallo.

E' quindi chiaro che Togashi sta prolungando il duello per il piacere di confrontarsi, e per gustare le abili mosse di un contendente  di classe superiore.

Naturalmente questa discussione torna molto utile per dare un senso didascalico all'opera, illustrando oltre che la fierezza e la prontezza di spirito anche la dirittura morale del protagonista principale.

 

 

 

Il duello volge al termine, senza che ci sia stato un vinto: entrambi possono ritirarsi invitti dal cimento.

Togashi ordina ai suoi uomini di lasciar passare Benkei ed i suoi seguaci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proprio in quel momento però la situazione sembra precipitare.

Yoshitsune è rimasto fino a quel momento perfettamente immobile, continuando a celare il volto sotto l'ampio cappello, in mezzo alle manacciose lance della guarnigione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora l'ufficiale di collegamento, che non intende stare al gioco di Togashi, si scaglia contro il finto portatore, sicuro che sotto quelle spoglie si celi il fuggitivo.

Viene fermato dal bastone del gigantesco samurai, impugnato come una lancia, prima ancora  che arrivi a sfiorarlo, ma ha ormai gettato l'ombra del sospetto.

Davanti all'evidenza Togashi dovrà cedere al senso del dovere ed arrestare i nemici.

Di fronte ai samurai fuggiaschi già si addensano le lance nemiche.

 

 

 

 

 

 

Benkei ha la prontezza di spirito di reagire senza alcun indugio. Come si fa a pensare che sotto quelle umile spoglie, sotto quell'aspetto insignificante, si celi un principe di sangue reale, un leggendario guerriero?

Batte pesantemente il malcapitato col suo bastone, a riprova di quello che dice. Nessun samurai oserebbe mai colpire il proprio signore.

E' la prova inconfutabile che quello è veramente nulla più che uno dei tanti servitori di un monastero di scarsa fama.

 

 

 

 

 

 

 

 

Togashi è chiamato per l'ultima volta a riflettere sulla portata della sua decisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non c'è alcuna possibile alternativa per un uomo della dirittura morale di Togashi. Affronta duramente l'ufficiale e si assume la responsabilità di lasciar passare il gruppetto.

Il destino di Yoshitsune non si deve ancora compiere.