Indice articoli

Un'avventura come questa non si presta ad essere raccontata, va semplicemente vista.

Basti al lettore sapere che gli ingredienti ci sono tutti, in dosi generose eppure equilibrate.

I truccchi più astuti si rivelano controproducenti, le peggiori catastrofi si rivelano provvidenzial.

 

 

 

 

Lo sparuto gruppetto, cui si è aggiunta per strada la donna riscattata da Yuki, non ha davvero tempo di annoiarsi, e nelle stesse condizioni Kurosawa mette lo spettatore.

Un episodio almeno però dobbiamo citarlo.

Incappati in un drappello di soldati a cavallo, i fuggitivi stanno per essere sottoposti ad una perquisizione, e sarebbe la fine: non possono fuggire abbandonando il tesoro, ammucchiato su un carretto che stanno faticosamente tirando a mano.

Rokurota non ha più nulla da perdere: strappa il lungo tachi al comandante dei soldati e lo trafigge, poi si getta addosso agli altri ma non riesce a fermarne due, che fuggono a galoppo sfrenato per andare a dare l'allarme.

Le scene che seguono sono tra le più avvincenti del cinema epico. Mifune (complimenti, a lui o nel caso alla sua controfigura) si lancia all'inseguimento a briglia sciolta, impegnando lo spadone in posizione hasso no kamae, pronto a colpire: è una furia vendicatrice.

 

Raggiunge i due malcapitati e li falcia ma lo slancio lo porta ad irrompere suo malgrado nelle porte di quello che scopre con comprensibile disappunto essere l'accampamento nemico.

I lancieri lo attorniano, minacciosi eppure allo stesso tempo inspiegabilmente timorosi. Sentono qualcosa in quell'uomo.

Un comando imperioso li ferma.

 

 

 

E' il generale Hyoe, che comanda l'armata: Makabe Rokurota è un suo caro vecchio nemico: il suo miglior nemico. Se la vedrà lui.

E parte immediata la proposta: ci battiamo? Rokurota accetta immediatamente, con la gioia di un bambino invitato al suo gioco preferito.

 

 

 

 

 

L'arma prescelta è la lancia: Rokurota ne prende in prestito una selezionandola con estrema cura e disgustati commenti tra quelle degli ashigaru che assistono sbigottiti.

E qui apriamo una benevola parentesi per venire incontro ai lettori curiosi che hanno accettato la nostra sfida.

Ecco un altro indizio: l'emulo occidentale di Kurosawa cui abbiamo accennato, fa anche lui finire i suoi eroi - per errore - in bocca ad un reparto nemico.

 

E in un'altra memorabile scena uno dei protagonisti seleziona le sue armi con la stessa meticolosità di Rokurota, anche se tutta la sequenza viene tenuta su un registro più ironico che drammatico.

E torniamo a noi: anche se nella versione che abbiamo esaminato non viene dichiarato nei titoli di testa, sappiamo che da alcuni anni il maestro d'armi di Kurosawa era Yoshio Sugino (1904-1998)

 

 

Fu un grande insegnante di aikido e  figura di riferimento del katori shinto ryu, scuola ove si fa un intenso studio della naginata, arma in asta molto simile nelle modalità di maneggio alla lancia.

E' grazie alla sua accorta ed impareggiabile guida, oltre che naturalmente alla professionalità e senso artistico di Mifune, Fujita e soprattutto Kurosawa, che assistiamo al miglior duello di lancia mai visto sugli schermi.

 

Che finisce dopo un tempo che sembra al momento interminabile, ma che immediatamente dopo l'epilogo sembra allo spettatore sia stato troppo breve.

La vittoria è di Rokurota che spezza la lancia di Hyoe dopo essere penetrato alla corta distanza.

 

 

 

 

 

Dopo di che balza a cavallo, sorride soddisfatto, e si allontana in una nuvola di polvere.

I lancieri sono rimasti di sasso, nessuno accenna a fermarlo.

E Hyoei si è ben guardato dall'ordinarlo.

 

 

 

 

 

 

Al termine delle innumerevoli vicissitudini che abbiamo scelto di non raccontare (andate piuttosto a vedere quest'opera quando potete o procuratevene subito una copia),  le sorti dei fuggitivi, caduti in trappola, saranno proprio nelle mani di Hyoe,

Come finirà?

 

 

 

 

 

Lo avrete capito fin dai trionfali squilli di tromba che vi hanno accolto allo spegnersi delle luci in sala o appena premuto il tasto play nel vostro soggiorno: finirà nel migliore dei modi.

Una Yuki irriconoscibile negli abiti di corte, ritornata principessa dopo una salutare viaggio nella umile vita quotidiana del suo popolo, abbandonati gli infantili capricci, riceve i suoi compagni di viaggio.

 

 

 

Accanto a lei  Hyoe elegantemente abbigliato da cortigiano e Rokurota rivestito di una inquietante armatura.

E' lui a consegnare una congrua ricompensa ai Tahei e Matashichi, eroi involontari e recalcitranti.

 

 

 

 

 

 

Che scendendo la scalinata del palazzo ancora si guardano indietro, increduli di quanto loro hanno immaginariamente vissuto e noi realisticamente immaginato.

 

 

 

 

 

 

 

Ci allontaniamo anche noi, ringraziando di cuore il maestro Kurosawa.

Ha voluto questa volta donarci una favola bella ed affascinante, che supera ogni barriera di tempo e di luogo.

Che ha qualcosa da dirci, qualcosa da lasciarci, comunque:  che venga ambientata nel Giappone in epoca samurai, nel futuro remoto delle Guerre Stellari, oppure nell'epopea western rivista con gli occhi di un europeo

E se ancora non avete capito a chi alludiamo, pazienza: potete pensarci ancora.