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La storia di Sanjuro II è molto semplice: poco più di un canovaccio che deve apparentemente, senza farsi e farlo troppo notare, sorreggere in qualche modo  una serie di repliche degli episodi di Yojimbo più apprezzati dal pubblico. Questo almeno secondo i produttori. Sappiamo ormai che Kurosawa aveva intenzioni diverse.

Un gruppo di giovani samurai, nove in tutto guidati da Iori (Yuzo Kayama, che sarà 3 anni dopo il protagonista di Barbarossa) ha deciso di ribellarsi alla corruzione imperante nel feudo.

Purtroppo la lettera di protesta indirizzata al governatore Mutsuta è stata da lui platealmente strappata, e stanno ora pensando di appoggiarsi all’alto funzionario Kikui.

Costui ha appena detto a Iori di riunire tutti in un luogo sicuro e isolato, dove lui manderà sue notizie.

 

 

 

 

 

 

 

Il samurai errante Sanjuro come abbiamo detto si stava riposando nel tempio abbandonato dove si riunivano i giovanotti di belle speranze, ed interviene non richiesto a dire la sua.

Mentre l’atteggiamento prudente di Mutsuta può essere giustificato dalla delicatezza della materia, l’entusiasmo con cui Kikui ha accolto i giovani è sospetto, e quella proposta allarmante.

Una rapida occhiata al di fuori rivela infatti che un numeroso gruppo di armati ha circondato l’edificio e sta per fare irruzione.

 

 

 

 

 

 

 

Sanjuro frena i giovani dal tentativo immediato ed istintivo - dopotutto sono dei samurai - di tentare una reazione armata: ci penserà lui.

Affronta da solo la fiumana di uomini che fanno irruzione, prima assicurandoli che non c’è nessuno oltre lui e poi, visto che insistono a controllare di persona, facendo una carneficina per difendere, a suo dire, l’inviolabilità del tempio.

Il comandante dei soldati, Hanbei Muroto, si rende conto di non avere di fronte a se una persona comune; accetta di ritirare i suoi uomini, ed offre a Sanjuro di entrare anche lui al servizio di Kikui. Sanjuro ci rifletterà.

E’ solo l’inizio di una lunga serie di avventure che sembrano apparentemente, come ripetuto più volte, essere solo un pretesto per replicare con infime varianti gli episodi già visti in Yojimbo e raccontano invece una storia completamente diversa, che va al dilà dei singoli episodi, su cui di conseguenza è inutile insistere.

L’intera famiglia del governatore è intanto stata rapita dagli sgherri di Kikui (Masao Shimuzu), ma Sanjuro riesce quasi subito a liberare la moglie di Mutsuta (Takako Iriie) e la figlia.

Le nasconde poi nella casa accanto a quella del maggiore alleato di Kikui, Kurofuji (Takashi Shimura, qui pavido ed insignificante).

Pensa giustamente che nessuno penserà a cercare in un posto tanto vicino al nemico.

Per spezzare la catena di omertà Sanjuro ricorrerà poi al doppio gioco, fingendo di accettare l’offerta di Muroto ma agendo in realtà come una micidiale quinta colonna.

Aggredisce ogni volta che può gli uomini di Kikui, senza curarsi del loro numero, per sterminarli tutti, non senza rimorsi; non può lasciarsi dietro testimoni che svelerebbero il suo inganno.

Non appena ha scoperto che il governatore si trova sotto stretta sorveglianza proprio nella casa di Kurofuji accanto alla quale si erano rifugiati anche i samurai ribelli, Sanjuro decide di liberare anche lui.

Ma un banale errore fa scoprire il suo doppio gioco, e Muroto lo smaschera, lo fa disarmare e mettere sotto stretta sorveglianza.

 

Un provvidenziale episodio gli salverà la vita. Uno degli uomini di Kikui, fatto prigioniero in una delle battaglie iniziali, si è talmente assuefatto al suo insolito ruolo di ospite forzato che si fa prestare i migliori vestiti del padrone di casa ed entra ed esce a suo piacimento dalla prigione, in realtà una semplice parete scorrevole, per partecipare ai consigli di guerra del gruppo di cospiratori e dire perfino la sua.

E’ lui a ricordarsi per primo che un banale errore farà inevitabilmente scoprire l’inganno, ad uscire di corsa dal suo bugigattolo, a dare l'allarme, ad avvertire gli altri.

Ma non osano fare irruzione: Sanjuro ha comandato di attendere ad ogni costo il suo segnale. Arriveranno nel giardino delle camelie, portate dalla corrente lungo il ruscello che passando per la casa di Kurofuji entra poi in quella dove si trovano in agguato i cospiratori a fin di bene.

 

Sanjuro, saldamente legato e reso completamente inoffensivo, lavora tuttavia di cervello: fortunatamente Muroto è assente e ha con se quasi tutti gli uomini.

Riesce a convincere Kurofuji "confessando" con titubanza che un attacco dei suoi uomini è imminente, proprio ora che loro sono praticamente indifesi.

Solo un segnale dato con le camelie potrebbe arrestarlo, altrimenti l'attacco sarà inevitabile e cruento; ovviamente raccoglieranno camelie a grandi bracciate e le getteranno freneticamente nel ruscello.

 

 

 

 

 

 

Il segnale scatena invece l’irruzione dei giovani seguaci di Sanjuro, che libereranno senza colpo ferire sia lui che Mutsuda.

E' la fine della banda di corrotti.

Muroto al rientro trova i suoi complici legati ed imbavagliati, e si rende immediatamente conto di avere perso la partita.

Non appena tornato libero il governatore, che fino allora aveva tentato di trovare una soluzione che non facesse troppo scandalo, farà invece piazza pulita senza troppi complimenti.

 

 

 

 

 

 

 

Si è detto in alcuni testi critici che Kurosawa, alle ricerca del perfetto tono di bianconero con cui rendere il rosso delle camelie, abbia fatto infinite prove e sia poi ricorso a fiori artificiali meticolosamente laccati di rosso uno ad uno.

Per la verità il dialogo del film dice un’altra cosa: Sanjuro informa i suoi carcerieri, che gli chiedono di che colore debbono scegliere le camelie, che ne devono essere mandate il più possibile lungo il torrentello, ma rosse o bianche non ha importanza.

Quindi Kurofuji ne taglierà immediatamente un quantitativo spropositato, che ad ogni proiezione suscita l'ilarità del pubblico. Ma tutte bianche come si vede.

Tornato libero il governatore, il gioco dei ribelli viene denunciato in pubblico e fallisce miseramente. I personaggi maggiormente coinvolti nella corruzione. Vengono immediatamente arrestati ed esiliati dal saggio Mutsuda, che rinuncia a chiedere loro il seppuku (suicidio rituale).

 

Lo vediamo ora per la prima volta: Kurosawa ce lo presenta come un buffo omino dai tratti bizzarri e con l’aria un po’ tonta. Eppure è senzaltro uno dei personaggi del film maggiormente dotato non solo di comprendonio ma anche di notevole acume.

Senzaltro ne ha da vendere in confronto ai giovani quanto sprovveduti samurai pronti a spaccare il mondo con le loro spade.

Come suo solito Kurosawa gioca molto coi toni comici, alternandoli a quelli drammatici. Ma, molto spesso, per trasmettere messaggi serissimi.

E’ finita dunque la lotta alla corruzione. Rimangono da regolare i conti privati tra Sanjuro e Muroto.