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Nel mezzo della notte una sensazione indefinibile e nefasta desta all'improvviso Hidetora. Sente delle grida, dei bagliori rossastri squarciano le tenebre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello che vede affacciandosi alla finestra è inequivocabile ed agghiacciante: i gialli vessilli di Taro e quelli rossi di Jiro sventolano dappertutto.

I figli hanno unito le loro forze per assalire a tradimento il castello, con la complicità di Ikoma e Ogura, e togliere definitivamente di mezzo l'ostinato ed ingombrante Hidetora.

 

 

 

 

 

 

L'ambizioso Jiro, il crudele consigliere Kurogane, sembrano avere ceduto alla volontà di Taro. O forse hanno solo deciso di assecondare gli eventi, cavalcandone l'onda per poter cogliere il primo momento favorevole.

Comunque sia, alla testa delle loro truppe comandano l'assalto con spietata efficacia.

 

 

 

 

 

 

Hidetora orgogliosamente apre la porta della torre dove si era alloggiato, e si getta solo contro la turba dei nemici. Ma il destino non vuole che Hidetora scompaia combattendo, come ha sempre vissuto: la sua spada si spezza, e deve rifugiarsi nella torre.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto è perduto. Mentre gli ultimi fedeli di Hidetora si immolano in una eroica quanto vana - forse assurda - difesa, le concubine si uccidono pur di non cadere in mano al nemico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hidetora decide di seguirle nell'oltretomba. Solo allora si rende conto che senza spada anche questo gli è negato: la morte non lo vuole.

E' dovere del cronista ricordare che la vita di Kurosawa fu segnata da una dolorosa perdita: il suicidio in giovane età del fratello maggiore Heigo, che era stato fino ad allora la sua guida ed il suo mentore.Negli anni 70, caduto in preda della depressione in seguito all'insuccesso di Dodeskaden, un'opera a cui aveva creduto molto, anche Akira Kurosawa aveva tentato il suicidio, tagliandosi sei volte alla gola ed otto volte ai polsi. La morte non volle neppure lui, così come non vuole Hidetora.

Solo lentamente e con grande fatica il maestro risorse, prima lavorando per cinque anni al suo solo film a soggetto non giapponese, Dersu Uzala, poi ponendo mano a Kagemusha, ed infine a Ran che considerava il suo testamento spirituale.