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Un messaggero arriva a briglia sciolta dallo schieramento di Jiro, e consegna un messaggio a Saburo: ha via libera per ritrovare il vecchio Hidetora e prenderlo con se, dovrà poi ritirarsi senza compiere atti ostili.

Apparentemente Jiro sta seguendo il parere dei suoi consiglieri, in realtà sta orgogliosamente quanto scioccamente sottraendosi alla loro tutela.

Su consiglio di Kaede, lascia il passo libero a Saburo per farlo seguire da un gruppo di fucilieri ed eliminarlo al momento opportuno. E appena Saburo si sarà allontanato, lancerà le sue truppe all'assalto.

 

 

E' stato detto, ed il maestro lo ha confermato, che nelle sue scene di battaglia Akira Kurosawa si sia ispirato alla pittura italiana.

Il suo modello sarebbe stato la celeberrrima battaglia di San Romano, dipinta dal grande Paolo Uccello nel XV secolo, che si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

La conferma di Kurosawa forse va interpretata come come uno dei suoi momenti - non infrequenti - di delicato sarcasmo.

Nella storia giapponese infatti non sono certamente mancati né le battaglie né gli artisti in grado di rappresentarle, e con una forza impressionistica che talvolta non ha eguali.

 

Questa stampa di Utagawa Yoshitora (attivo nella prima epoca Meiji) rappresenta l'assedio di Shikoku che avvenne nel XIV secolo ed è narrato nel Taiheiki.

L'uso delle armi da fuoco è probabilmente anacronistico ma ci aiuta a notare le similitudini con l'assedio di Takatenjin ricostruito da Kurosawa in Kagemusha.

 

 

 

 

 

 

In un susseguirsi vorticoso di assalti e ritirate Kurosawa ci propone una rappresentazione dinamica della battaglia, una immagine che nessuno prima di allora aveva saputo intuire e tantomeno tentare di porre in opera.

Le difficoltà materiali che dovette superare per arrivare a questi risultati furono ai limiti delle sue possibilità, ma il risultato finale lasciò attoniti anche i suoi detrattori.

Si disse che Kurosawa aveva potuto utilizzare mezzi faraonici, schierando sul campo migliaia di generici e comparse. In realtà riuscì a mettere assieme non più di 200 cavalieri, e se riesce a darci la sensazione di avere comandato grandi masse di uomini , è solo grazie al suo genio.

 

La cavalleria di Jiro carica le truppe nemiche, seguita dai lancieri. Ma i reparti di fucilieri appostati nel bosco li decimano impietosamente e li ricacciano indietro.

Non è la prima volta, che Kurosawa sottolinea l'intrinseca insidiosità e vigliaccheria delle moderne armi di offesa, che disumanizzano quel poco che ancora restava di umano in una guerra senza quartiere. E su questo tema ritornerà ancora più avanti.

 

 

 

 

Falcidiati dalle scariche i cavalieri rossi, sono alla fine gli azzurri guerrieri di Saburo Ichimonji a prevalere.

Inferiori di numero ma guidati da un abile generale e consapevoli di combattere la giusta battaglia, respingono il nemico e lo mettono in rotta caricandolo con le lance in resta.

 

 

 

 

 

 

 

Credendo di emanciparsi finalmente dalla invadente ma previdente tutela di Kurogane, Jiro ha tuttavia segnato la sua fine. Le fosche schiere di Ayabe lo hanno nel frattempo assalito alle spalle, e gli stendardi neri già incalzano le sue truppe ed assaltano il suo castello.

 

 

 

 

 

 

 

Mentre si sbarrano ancora una volta - ma invano, ma troppo tardi - le porte, un cavaliere irrompe al galoppo, fendendo la calca dei soldati in fuga, trasportando qualcosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kurogane scopre con orrore la testa mozzata di Sue, raggiunta nonostante tutto dalla vendetta di Kaede. Il suo corpo senza vita giace là dove pensava di avere ormai raggiunto la salvezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Furente, senza che nessuno, lo stesso Jiro compreso, ardisca fermarlo, il guerriero  raggiunge Kaede, che attende impassibile gli eventi, e le grida in faccia tutto il suo disprezzo.

Impassibile Kaede rivendica orgogliosamente la coerenza del suo operato: non ha agito in preda alla follia o all'ambizione, ha costantemente e lucidamente tramato nell'ombra per portare alla rovina la casata degli Ichimonji, che ha seminato di lutti la sua vita e sterminato la sua famiglia.

 

 

 

 

Mentre Jiro assiste impietrito, ormai incapace di reagire alla tragica catena di eventi che pure è stato lui a scatenare, la lama di Kurogane tronca immediatamente la vita di Kaede. Kurogane incita Jiro a prepararsi al momento estremo: è la fine degli Ichimonj.

Jiro si sottrarrà all'onta della sconfitta compiendo seppuku, e Kurogane lo seguirà immediatamente nell'oltretomba dopo averlo assistito.

 

 

 

 

 

Le fiamme devastratrici iniziano la loro opera di distruzione: quello che è stato fatto è stato reso. Il dominio degli Ichimonji trova la sua fine così come aveva trovato la sua origine, tra la strage e la desolazione.