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La mattina all'alba, mentre Jigo ancora dorme, Ashitaka si allontana silenziosamente tenendo per la cavezza Yakkuru. La sua meta è quella lontana montagna sacra.

Vi arriva sotto un fitta pioggia, e si arresta ai piedi delle pendici sulle rive di un torrente dal corso impetuoso.

La montagna sacra è ben lontana dall'avere l'aspetto sereno che ci si attenderebbe, e non per la pioggia: non vi è traccia di animali e gli alberi sono ridotti a tronconi anneriti dal fuoco.

Una lunga carovana di uomini e bestie da soma sta percorrendo faticosamente un ripido sentiero ingombro di massi, a precipizio sulla valle.

 

Anche qui Miyazaki, senza ripeterli pedissequamente, si ispira ai grandi artisti del passato.

Nella immagine a lato vediamo uno dei capolavori più conosciuti ed ammirati di Andô Hiroshige, il massimo esponente della grande scuola di Utagawa: La stazione di Hôno sotto la pioggia, dalle Cinquantatre stazioni del Tôkaidô (stazione numero 59).

 

 

 

 

 

 

 

Oltre agli uomini esistono altre forme di vita nell'alto della foresta, ma non sono probabilmente quelle che Ashitaka si sarebbe aspettate.

Due giganteschi lupi arrivano da lontano correndo tra le nude rocce ed i monconi di alberi giganteschi, visibili a malapena tra la fitta pioggia.

Ma dalla carovana, dove tutti sono all'erta, li hanno già avvistati e viene gettato l'allarme.

Una misteriosa figura umana, il cui volto è coperto da una maschera, cavalca una delle immani belve che si dirigono minacciose verso uomini e bestie da soma, avvinghiandosi al suo pelo.

 

 

Alcuni degli uomini hanno aperto in gran fretta quelle che sembravano torce, proteggendole con gli ombrelli, stranamente tenuti chiusi prima sotto la pioggia battente.

Le torce si rivelano ora per quello che sono: degli archibugi a pietra focaia.

Schierati a protezione della carovana gli archibugieri aprono un fitto fuoco di sbarramento in direzione delle belve.

Il paesaggio spoglio ed apocalittico - e si rivelerà tale perché così ridotto dalla mano dell'uomo - il fumo degli spari, la pioggia battente e il grigiore in cui le intemperie avvolgono tutto.

La scena rammenta le sanguinose, crudeli ed inutili battaglie della prima guerra mondiale.

Le pendici del monte contrastano con l'aspetto calmo, quasi idilliaco nonostante la pioggia, della stessa foresta più a valle, dove nel frattempo Ashitaka era penetrato. Rimane allarmato dall'udire le continue raffiche degli archibugi: un rumore a lui del tutto sconosciuto.

 

 

 

 

 

 

 

In alto, ad un cenno dell'essere umano che cavalca il primo lupo, gli assalitori hanno cambiato direzione alla loro corsa sfuggendo agli spari.

Allo stesso tempo, arrivando dalla direzione opposta da dove nessuno si aspettava di vederla spuntare, una lupa ancora più colossale è penetrata all'interno della carovana, seminando lo scompiglio ed il terrore tra uomini e bestie, non pochi dei quali precipitano nel dirupo.

Puntando decisamente verso quello che sembra il posto da dove arrivano gli ordini di battaglia per i difensori della carovana.

 

 

Il comandante della carovana è una donna dall'aspetto altero e dal comportamento gelidamente efficiente.

E' impassibile, impermeabile ad ogni emozione.

Attende a pie' fermo mentre la belva la sta caricando, e solo quando è sicura di non fallire il colpo lo lascia partire dalla sua micidiale arma.

La lupa, colpita, cade nel precipizio.

 

 

 

 

 

Gli uomini esultano ma la strana ed inquietante donna frena il loro entusiasmo: Moro, questo è il nome dello spirito-lupa, è immortale.

Per quanto le ferite possano farla impazzire di dolore nessuna arma mortale potrà mai ucciderla.

 

 

 

 

 

 

 

 

In basso, sulle rive del torrente, finalmente non arrivano più ad Ashitaka gli echi degli spari e delle grida che hanno accompagnato la cruenta battaglia.

Cominciano in compenso  ad arrivare, trascinati dalla corrente, i carichi, i basti, i buoi e gli uomini precipitati di sotto.

Riesce a trarne in salvo due, portandoli al sicuro sulla sponda e tentando di rianimarli.

 

 

 

 

 

Quando li ha messi al sicuro ed ha il tempo di guardarsi intorno, messo in allerta da Yakkuru che ha avvertito qualcosa, Ashitaka scruta sull'altra sponda e si rende conto di non essere solo.

A breve distanza ma non raggiungibli, li separano le onde minacciose del torrente, vi sono due giganteschi lupi ed un terzo, di mole ancora più smisurata e dal manto completamente bianco.

Accanto a loro una figura umana.

 

 

 

 

 

La grande belva bianca, sappiamo ora che è Moro, lo spirito lupa, perde sangue da una ferita alla gola.

L'essere umano accanto a lei si rivela, ha tolto la maschera, per una giovanissima ragazza dallo sguardo fiero e indomito quanto quello dei lupi cui si accompagna.

E' intenta a succhiare dalla ferita il sangue infettato dalla pallottola, che altrimenti causerebbe atroci sofferenze ed infine la pazzia dello spirito.

E' incurante del sangue che le si imbratta il volto e le mani, ed ancora più incurante dei richiami di Ashitaka lo ignora e torna al suo compito.

 

 

Non appena ha terminato, un lungo sguardo corre tra i due. La ragazza non risponde alle domande di Ashitaka, che vuole sapere se si trova al cospetto degli dei di quella foresta.

Inforca di nuovo la sua cavalcatura e si allontana, senza aver mai pronunciato alcuna parola tranne un breve grido di incitamento al suo lupo per farlo muovere.

Sapremo più tardi che si chiama San ma gli umani, che la temono e la considerano tra i peggiori nemici, la chiamano Mononoke hime: la principessa Mononoke.

 

 


Il Dictionnaire Historique du Japon, pubblicato dal 1963 al 1995 in 20 fascicoli, nella edizione del 2002 consta di due volumi per complessive 2993 pagine. E' stato pubblicato a Parigi dalla Maison Franco-Japonaise - Maisonneuve & Larose, con la consulenza della Nippon Koten kekyukai (Società per lo studio della letteratura giapponese classica). Può essere considerato un testo di riferimento di valore assoluto. Sfortunatamente è estremamente difficile da reperire e molto costoso, a meno di non avere molta fortuna nelle ricerche sul mercato dell'usato.

Riporta alla pagina 1874 del secondo volume una succinta ma esauriente scheda sui Mononoke, parola che alla lettera significa influenza nefasta degli spiriti.

Il significato del termine mono è incerto, ed è possibile attribuirgliene molti e differenti tra di loro; è comunque condivisa l'opinione che il termine composto mono no ke possa intendersi sia come spirito divino che come spirito malefico. Gli spiriti agiscono sugli esseri umani con il loro soffio (ke, reso con un ideogramma molto simile a quello di ki) che in ogni caso viene percepito con disagio e senso di inquietudine dagli esseri umani anche quando lo spirito è benigno.

L'azione (tatari) degli spiriti, spesso emanazioni di persone morte (shiryô) ma talvolta anche di persone viventi (ichiryô) viene considerata un mononoke. I mononoke nefasti venivano ritenuti responsabili sia di dissesti a livello globale, come calamità od epidemie, sia di disgrazie personali.

Potremmo in definitiva tentare di rendere il senso di mononoke con la perifrasi soffio dello spirito.