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Yamanoue (o Yamagami) Soji, conosciuto anche come Tsunehiro Manijo ed autore del testo Yamanou Soji ki che è al centro della conversazione precedente tra Honkakubo ed Urakusai, era stato cerimoniere alla corte di Toyotomi Hideyoshi.

Per ragioni non conosciute abbandonò il suo signore e passò nel campo nemico.

Era come abbiamo detto all'interno del castello di Odawara, assediato da Hideyoshi, da dove si pensa che avrebbe potuto facilmente fuggire.

Eppure attese fino alla fine, accettando di cadere nelle mani del vendicativo signore, che gli ordinò di eseguire la cerimonia per lui e per i suoi generali.

 

 

 

Soji adottò uno stile inusuale e provocatorio, che suscitò immediate ed indignate proteste da parte di chi assisteva, e dello stesso signore assoluto del Giappone.

La sua sprezzante risposta annientò Hideyoshi:

"Certamente, è uno stile non ortodosso. Ma il modo semplice è il più elevato. Lo stile essenziale e libero è concesso solo ai grandi. Vedo, signore, che lei non ne è all'altezza.

 

 

 

 

 

 

 

Le guardie di Hideyoshi trascinarono Soji nel cortile, per mozzargli il naso e le orecchie.

Ma con un guizzo ferino Soji riuscì a liberarsi, sottraendo il wakizashi ad una delle guardie e tenendo a bada con quello l'intera guarnigione, senza che nessuno osasse farsi sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si tagliò poi il ventre di fronte all'esterefatto Hideyoshi ed al suo stato maggiore, ridendo loro sul volto mentre si squarciava l'addome.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando hanno terminato di ripercorrere i loro ricordi, Urakusai lascia Honkakubo. I rispettivi tormenti interni però non li lasciano.

La loro vita è come sospesa.

Finché non scioglieranno l'enigma della morte di  Rikyu rimarranno indissolubilmente vincolati dalla necessità di sciogliere questo ostacolo prima di poter riprendere il cammino della vita e dell'arte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Honkakubo non rimarrà solo a lungo. Rientrato nella sua minuscola  capanna, ove entrano indifferentemente uomini e rumori della natura, l'ululato del freddo vento dell'inverno o i richiami degli uccelli notturni.

La sua sala da te, descritta nel testo di Inoue, non arrivava a misurare due tatami Anche le sale di maggior prestigio comunque misuravano non più di 3 o 4 tatami. Qui incontra l’ombra di Rikyu, cui preparerà il te. Sembra un incontro consueto, abituale.

 

- Sembra triste maestro.

- No, triste mai. Compio il mio viaggio. Un lungo cammino. La strada è fredda e deserta.

- Lei mi ha ordinato di tornare a casa maestro, e io ho obbedito...

- E’ la giusta scelta. Guadagnarsi la vita con la cerimonia del te non è bene. I tempi cambiano. Come cambia l'arte del te.

- Mi scusi: il signor Soji, veramente è morto compiendo seppuku?

- Cosa ti riguarda? La sua vita riguardava solo lui. E comunque sia morto, anche fosse con orecchie e naso mozzate, con lui scomparve un grande maestro del te.

- Ricordo sempre quella strana notte al padiglione. C’era il signor Soji. Ma chi era l'ultimo ospite, maestro?

- Cosa importa chi occupasse il terzo posto? C’era chi poteva occuparlo e chi no. Honkakubo: lascio scegliere a te.

Le fredde parole possono lasciar immaginare che Rikyu tratti bruscamente il suo discepolo.

E' invece con tangibile affetto - e solamente il grande Mifune poteva rendere appieno queste difficili sfumature - che gli porge con un sorriso verità dure da ricevere quanto necessarie.

Honkakubo non deve chiedere ad altri di sciogliere i suoi dubbi: deve fare le sue scelte.