Kiju Yoshida: Onimaru (Arashi ga oka)

1988. Yusaku Matsuda, Yuko Tanaka, Tomoko Takabe

L'opera è tratta dal romanzo Cime tempestose (Wuthering Heights, 1847) della scrittrice inglese Emily Bronte (1818-1848), che narra la tormentata storia d'amore tra Catherine ed Heatcliff nella desolata ed isolata terra di montagna ove si trova la tenuta chiamata appunto Cime Tempestose.

Yoshida nella intervista che accompagna il film (nell'edizione francese, che ha il titolo di "Les Hauts d'Hurlevent") racconta di avere tenuto questo progetto per molto tempo nel cassetto a causa della difficoltà di girare film d'epoca, che richiedono investimenti elevati.

Lo spunto gli venne fornito dalla lettura di un libro di Georges Bataille, sicuramente "La litérature et le mal" (1957). Uno dei saggi è dedicato alla Bronte ed al suo libro, l'unico che l'autrice ebbe modo di scrivere poiché scomparve giovanissima l'anno successivo alla pubblicazione.

Il secondo capitolo del saggio è intitolato "L'erotismo è l'accettazione della vita fino alla morte". Yoshida rimase molto impressionato da questa frase, e fu allora che decise di tentare una trasposizione del romanzo nel medioevo giapponese. L'occasione come abbiamo detto gli capitò molto tempo dopo, quando per la prima volta gli venne affidato l'incarico di una produzione jidai.

Secondo le dichiarazioni di Yoshida la paternità dell'opera va attribuita in massima parte non a lui ma allo stesso Bataille. Ma va detto che le ambizioni di Yoshida si dimostrano forse troppo alte rispetto ai suoi mezzi espressivi: il regista calca eccessivamente la mano sugli impulsi autodistruttivi dei protagonisti, che indubbiamente erano presenti ed importanti anche nel libro della Bronte, ma che non vengono qui giustificati, lasciando l'impressione che i personaggi abbiano comportamenti e sentimenti in un certo senso casuali, dettati dagli istinti più bassi e a volte non spiegabili nemmeno con quelli.

Sembra in definitiva che per Yoshida il senso dell'amore tra esseri umani sia più legato alla morte che alla vita, e l'insistenza eccessiva sugli aspetti morbosi e necrofili della relazione tra i due amanti, associata alla recitazione enfatica e ieratica che vorrebbe ispirarsi al teatro giapponese, più che dar loro una dimensione sovrannaturale, simbolo di pulsioni universali che travalicano le persone e gli eventi, dà piuttosto l'impressione che la chiave di lettura della trama sia la follia e non il sentimento.

Yoshida trasporta l'azione in una desertica zona vulcanica d'alta montagna, ove la famiglia degli Yamabe custodisce per tradizione - nella Dimora dell'Est - il culto degli dei del fuoco. L'arrivo di un trovatello che il capofamiglia Takamaru (nel cui ruolo appare Rentaro Mikuni) riporta con se dalla capitale, Onimaru, è destinato ad innescare una lunga serie di tragici eventi. Onimaru significa demone, e il trovatello ne ha l'aspetto ed i modi ed è di conseguenza maltollerato dail fratello adottivo Hidemaru.

Nonostante tutto, pur consapevole dei suoi lati negativi, la sorellastra Kinu invece lo ama, ma il destino non vuole unirli né separarli. Kinu andrà sposa al signore rivale della Dimora dell'Ovest ma morirà giovanissima facendo quasi impazzire di dolore Onimaru, nel frattempo divenuto signore dei luoghi.

La figlia di Kinu, che ne porta il nome, ridesterà l'insana passione di Onimaru, ma suo cugino Yoshimaru, figlio di Hidemaru, affronterà il despota e spezzerà finalmente il suo crudele dominio.

 

 

 

Come già detto l'opera lascia una sensazione di incompiuto, nonostante il tentativo di Yoshida sia degno di rispetto e la sua tecnica non manchi talvolta di ricercatezza.

In questa inquadratura, il sottile gioco di ventagli che la rigida etichetta di un'epoca ormai lontana frappone tra Kinu ed il signore della Dimora dell'Ovest, suo futuro sposo.