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L'insuccesso spinse Kurosawa verso la depressione: tentò il suicidio, ma fortunatamente venne soccorso dai figlio Hisao e dalla figlia Kazuko, che ricordano in alcune interviste che già in ospedale era in qualche modo pentito del suo gesto e chiedeva scusa delle noie che stava causando.

Entrambi i figli si dimostrano molto disponibili a ricordare la figura del loro grande genitore e sembrano avere ereditato anche i modi gentili del padre, che pure era capace di soprassalti d'ira improvvisa.

Al termine di una lunga intervista è Kazuko a ringraziare gli ascoltatori di averle prestato attenzione, con un formale ma estremamente rispettoso "Domo, arigato gozaimas'ta".

Dopo questo episodio di colpo la carriera di Akira Kurosawa venne stroncata in modo che sembrava definitivo: nessun produttore giapponese gli avrebbe mai più affidato un film.

Uscito faticosamente dalla sua depressione Kurosawa dovette - per tornare al lavoro - accettare di trasferirsi all'estero, in Russia, e girare con personale russo un film basato su una trama che nulla aveva a che vedere con il Giappone, protagonista assoluto di ogni sua altra opera.

Una impresa temeraria, se consideriamo che l'inizio del suo periodo nero coincise proprio con il primo impegno internazionale portato a termine, e in un mondo allora impenetrabile come quello dell'Unione Sovietica, ma la scommessa fu vinta: Dersu Uzala venne immediatamente riconosciuto in tutto il mondo come un capolavoro, e Kurosawa tornò sugli scudi.

Non dobbiamo meravigliarcene troppo. Per quanto indissolubilmente legato alla cultura e alle tradizioni della sua terra, Kurosawa era aperto e disponibile verso ogni altra forma di cultura e ogni altra fonte di ispirazione. Delle sue trenta opere, sei provengono dall'occidente, direttamente o indirettamente.

Nora inu (Cane randagio) è chiaramente ispirato a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, per quanto Kurosawa non lo abbia mai ammesso e sembra anzi si sia sottilmente divertito a sviare le indagini, indicando il suo ispiratore in Georges Simenon.

Hakuchi (L'idiota) è tratto da un'opera di Dostoyevsky, Kumo no su jo (Il trono di sangue) viene da Shakespeare e Donzoko  (I bassifondi) da Gorkij.

Tengoku to jikogu (Anatomia di un rapimento) riprende invece un romanzo dello scrittore italo americano Ed Mc Bain, ed abbiamo di nuovo Shakespeare come ispiratore della trama di uno dei capolavori tardi, Ran. Abbiamo già accennato anche al frequente ricorso di temi musicali del 1800 europeo nelle colonne sonore.

Non sorprenda che la trasversalità di Kurosawa si sia dimostrata bidirezionale: quattro delle sue opere sono state riproposte da artisti occidentali: Rashomon è stato rifatto in chiave western da Martin Ritt (The outrage), Shichinin no samurai divenne The magnificent seven per mano di John Sturges e Yojimbo fu trasformato in Per un pugno di dollari da Sergio Leone. Tutte queste opere vennero trasportate da non meglio precisati momenti dell'epoca Edo giapponese (1600-1868) all'ambiente western, ossia nelle terre di frontiera degli Stati Uniti intorno al 1800. E' più difficile identificare l'omaggio reso a Kakushi toride no san akunin (La fortezza nascosta). Ispirò il primo fortunato film della serie di Guerre stellari, ambientato in un lontano quanto ovviamente immaginario futuro, e i chiari riferimenti allo stesso film sparsi qua e là in un altro western di Sergio Leone: Il buono, il brutto e il cattivo.

L'adattabilità di Kurosawa nella ultima fase della sua carriera rimane caso sorprendente, anche considerando che si dovette privare di colpo di molti degli attori, consulenti e personale di supporto che lo seguivano fedelmente da tanti anni. Aveva sempre preferito infatti lavorare con le stesse persone.

Fortunatamente la separazione burrascosa da Toshiro Mifune venne in qualche modo riparata dalla scoperta di un eccezionale attore fino ad allora confinato in ruoli di comprimario: Tatsuya Nakadai, che qui vediamo - in una emblematica immagine tratta da Yojimbo - arrivare sulla scena mentre Mifune se ne allontana.

Il ritorno al successo con Dersu Uzala non gli diede tuttavia immediatamente la possibilità di riprendere il suo percorso artistico in patria: i suoi progetti erano troppo ambiziosi, avrebbero richieste ingenti investimenti che non sembravano prudenti.

Furono proprio alcuni dei ragazzi che erano rimasti affascinati trenta anni prima dalla visione dei suoi film, diventati poi a loro volta celebri registi e produttori, gli statunitensi George Lucas e Francis Ford Coppola ed il francese Serge Silberman, a fornirgli i mezzi per mettere mano a due grandi affreschi: Kagemusha, apparso nel 1980 e Ran del 1985.

Abbiamo quindi, dopo l'intesa attività degli anni 40 e 50, un periodo di relativa stasi che vide la nascita di sole 4 opere in 20 anni, che l'impegno richeisto dalle due opere jidai solo in parte può spiegare, e che va attribuito in gran parte ad un ostinato rifiuto da parte delle case di produzione, che lo consideravano ormai finito e non più capace di produrre opere che potessero affrontare il pubblico.

Solo nell'ultima fase della sua vita Kurosawa poté tornare aigli intensi ritmi di lavoro che gli erano congeniali.

Uscirono nel 1990 Dreams (sogni), nel 1991 Hachigatsu no rapusodi (Rapsodia in agosto) ed infine nel 1993 il suo canto del cigno, Madadayo.

Akira Kurosawa scomparve nel settembre 1993, con i "cassetti" ancora pieni di sogni e di progetti.