Racconti dei saggi samurai
Pascal Fauliot
Ippocampo, 2011

 

Questo libretto (235 pagine, ma in formato tascabile) raccoglie 28 racconti che hanno per protagonisti grandi uomini d'arme. Il titolo è dovuto al suo inserimento all'interno di una collana dedicata appunto ai racconti dei saggi di numerose culture tradizionali, tra cui va segnalato per affinità di argomento Racconti dei saggi del Giappone. I testi raccolgono normalmente racconti tradizionali di determinate aree geografiche (Giappone, India, Africa...) ma anche di specifiche aree culturali: samurai, sciamani, astronomi...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ben curato ed esteticamente attraente, dobbiamo però lamentare una selezione un po' troppo casuale delle pur belle ed interessanti illustrazioni, magnifiche stampe dei più grandi maestri dell'ukiyo-e.

Non si coglie ad esempio il nesso tra il racconto del leggendario duello tra i generali Uesugi Kenshin e Takeda Shingen (seconda metà del XVI secolo) e l'illustrazione corrispondente che illustra un celebre episodio della saga dei 47 ronin (primi anni del XVIII secolo).

I racconti selezionati sono talvolta celeberrimi,a cominciare da quello iniziale, le differenti reazioni del crudele Nobunaga, dell'intrigrante Hideyoshi e dell'abile e paziente Tokugawa di fronte ad un cuculo che non intende allietarli col suo canto. 

Trasparente metafora, probabilmente elaborata a posteriori, ma questo nulla toglie al piacere di leggere né alla morale che se ne può trarre, del prevalere delle qualità di relazione sulla forza bruta e sull'inganno.

il secondo narra del duello tra l'adolescente principe Minamoto no Yoshitsune ed il monaco guerriero Musashibo Benkei, che divenne poi suo fedele seguace, precedendolo nella morte per dargli il tempo di sottrarsi col seppuku alla cattura da parte del nemico.

E come vediamo non esiste un vero e proprio filo conduttore risalendo il primo episodio - probabilmente apocrifo - alla fine del XVI secolo ed il secondo - leggendario - al XII.

Già da questo secondo racconto, assieme all'indubbio interesse della vicenda e al riconoscimento del sapiente narrare di Fauliot, emergono alcune perplessità. Non sempre a lui imputabili.

I racconti sembrano essere stati tradotti dal giapponese, a giudicare dalle numerose onomatopee (oya oya, kara kara) che vi appaiono, che perdono ovviamente la loro forza quando proposte a chi ignora il giapponese. Nè d'altra parte sarebbero traducibili e delle note a pie' di pagina avrebbero permesso di capire ma avrebbero appesantito la lettura.

Inoltre la seconda traduzione - dal francese all'italiano, ad opera di Giovanna Fozzer - introduce un ulteriore elemento di possibili e a volte accertati fraintendimenti. Senza che questo debba ricadere come colpa sulla traduttrice: ogni traduzione è forzatamente, quando più e quando meno, un necessario tradimento. In questo caso è fuorviante la traduzione integrale dei termini francesi (sciabola, falcione) quando corrispondono in itaiano, per convenzione o per precisi dettami tecnici, a differenti termini come spada ed alabarda.

Ma perfino a un attento conoscitore della cultura giapponese come Fauliot (e lo dimostra altrove nel medesimo libro) sfugge quanto sembra non gli sarebbe dovuto sfuggire: Musashibo Benkei aveva promesso di sequestrare 1000 katane per offrirle al tempio? Veramente l'uso della spada denominata katana inizia almeno 3 secoli dopo, e si afferma in epoca ancora posteriore. Certamente sono particolari secondari, come quello della katana che sporgerebbe dall'obi (cintura) rivelandone la presenza: il tachi, utilizzato all'epoca, non veniva infilato alla cintura ma appeso al fianco.

Queste imperfezioni sono forse sintomi rivelatori dei differenti linguaggi riservati rispettivamente al testo di studio ed al racconto, e delle differenti impostazioni mentali con cui questi testi vengono dapprima concepiti e redatti e poi letti.

In conclusione: un libro certamente piacevole e raccomandabile. Ma i cui limiti ed il cui ambito di utilizzo devono essere ben compresi. Questa responsabilità compete, come sempre, al lettore.