Frederic2Louis Frédéric
Vita quotidiana in Giappone al tempo dei samurai (1185-1603)
Rizzoli, 1987-2018

 

Nel 1940 lo studioso corso Jérôme Carcopino pubblicò il testo La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'impero che per la prima volta proponeva anche al grande pubblico, in linguaggio accessibile per quanto rigoroso, una visione del mondo dell'antichità non limitata alla illustrazione di manufatti artistici ma che tentasse di immergere il lettore nell'atmosfera, nel profumo, di quella cultura. L'esempio ha fatto scuola. Purtroppo - come spesso accade - più nelle fantasiose "traduzioni" del titolo tanto care alle case editrici che nella realtà. Abbiamo quindi dovizia di testi intitolati Vita quotidiana a .... ma ben raramente si avvicinano alla qualità raggiunta da Carcopino e sono anzi molto spesso testi dimenticabili. Non è il caso di questo in esame. Lo raccomandiamo.

In realtà anche questo titolo, pubblicato in Francia nel 1968, pur essendo la fedele traduzione di quello originale in francese, potrebbe essere fuorviante: certamente il testo prende in esame il raggio temporale che va dal 1185 al 1603, ma pensare che tutto cominci da lì e lì finisca non è del tutto esatto. Solamente a partire dal 1185 si dispone di un numero sufficiente di testi che permettano una ricostruzione dei costumi di vita del Giappone dell'epoca. Ma a parte l'esistenza di testi anteriori, ove si preferiva speculare sulle origini leggendarie del Giappone più che sulla vita quotidiana, abbiamo numerosi indizi e talvolta chiare indicazioni che numerose usanze tramandate in quell'epoca risalgono a tempi più remoti.

Il libro inizia la sua esposizione grossomodo in concomitanza con l'inizio dell'epoca Kamakura (1192-1333), estendendola però alla breve e cruenta epoca Nambokucho (1334-1392), all'epoca Muromachi (1392-1573) contrassegnata dallo shogunato della dinastia Ashikaga e infine al periodo Azuchi - Momoyama (1573-1603), intenso momento di guerra civile; e con esso termina. Seguirà l'epoca Edo (1603-1867) in cui governarono i Tokugawa. Ma non è certamente l'Edo jidai il tramonto dell'epoca samurai, è anzi l'inizio di un processo lungo e inarrestabile di maggior coinvolgimento della classe samurai nella vita quotidiana dell'intero Giappone.

Il titolo va letto piuttosto nell'ottica di una probabile trilogia che sarebbe dovuta andare dal 1185 al 1867, comprendendo l'intero arco dell'epopea samurai ma anche l'epoca Meiji immediatamente successiva, ossia il passaggio all'epoca contemporanea. Frédéric pubblicò infatti nel 1984, 16 anni dopo, il  testo La vie au Japon au début de l'ère moderne (1868-1912), ossia coincidente con il periodo Meiji, non pubblicato in Italia; è probabile che si fosse riservato di colmare per ultima la lacuna dell'epoca Edo, richiedendo essa maggiore impegno, ma che questa opera sia rimasta incompiuta.

Louis Frédéric (1923-1996), autore anche della Japan Encyclopedia già recensita su queste pagine, non nasce come antropologo. Iniziò la sua carriera lavorativa come disegnatore di cartoni animati per lo studio Dupont ma venne colto ben presto dall'ansia di viaggiare e conoscere il mondo, divenendo poi uno dei maggiori cultori di antropologia del XX secolo. I suoi testi, oltre 50, trattano della cultura africana e di quella asiatica, raggiungendo a detta degli esperti i risultati più alti con lo studio della civiltà indiana.

Il titolo parla di vita al tempo dei samurai, ma non esplicitamente di vita del samurai. Di conseguenza non mancano informazioni sulle altre classi, di una certa mole nel caso dei kuge, i nobili, e più frammentarie per quanto riguarda il popolo minuto. Non per mancanza di interesse nella materia o per noncuranza dell'autore, ma semplicemente perché le notizie in merito sono più scarse e spesso lacunose.

Oltre alle inevitabili consuete differenze nei principi di base, che suscitano talvolta la nostra meraviglia, accade talvolta di incontrare affascinanti similitudini tra culture lontane. Frédèric ci parla nel capitolo dedicato alle età della vita dello yakudoshi: è un ciclo ricorrente in cui l'essere umano

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... era costretto a prendere le massime precauzioni, perché le possibilità d'incidenti, di malattie o di morte erano maggiori. Per eliminare i rischi di malattie che potevano presentarsi in questi periodi critici (25, 42 e 60 anni per gli uomini, 19 e 33 per le donne) si usava gettare lontano, o abbandonare nella corrente di un fiume un indumento personale, perché si portasse via con sé le calamità. In compenso, altre età erano considerate fortunate e festeggiate. Durante l'epoca Kamakura [1192-1333], questi nenga di origine cinese erano fissati a 40, 50, 60, 70, 80 e 90. Nell'epoca Muromachi [1392-1573], tali età vennero ufficicialmente portate a 61, 71, e 80 anni.
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Ricordato che nel Giappone tradizionale l'età si computa dal momento del concepimento, si compie quindi il primo anno di età nel momento in cui si viene alla luce, vorrei menzionare anche la sopravvivenza di tali credenze anche ai giorni nostri, con variazioni nel collocamento e nella periodicità dei momenti cruciali che non saprei di preciso a cosa attribuire. Fujimoto sensei per esempio collocava i momenti critici della vita umana ogni 7 anni, a partire dal momento dell'inizio della vita.

Si tratta di una singolare coincidenza con analoghe tradizioni dell'antica Roma. Anche in quella cultura si considerava che il concepimento contrassegnasse l'inizio della vita e abbiamo quindi una sfalsatura sistematica di un anno rispetto al nostro sistema di computo, e la periodicità era la stessa: 7 anni. Parla di questi cicli Cicerone, ne parla soprattutto l'imperatore Augusto in una lettera indirizzata al nipote e figlio adottivo Gaio, all'epoca erede designato alla guida dell'impero, tramandata da Aulo Gellio in Notti Attiche 15-VII:

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23 settembre

Ti saluto, mio caro Gaio, asinello del mio cuore, che quando sei lontano da me, ti giuro! non faccio altro che rimpiangere. E principalmente in giorni come questo di oggi i miei occhi cercano Gaio mio: dovunque oggi ti trovi, spero che tu celebri in letizia e in buona salute il mio 64. compleanno. Come vedi sono scampato all'anno 63, il climaterio di tutti gli anziani.
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Augusto era nato il 23 settembre del 63 a.C., i calcoli per stabilire la data di questa lettera sono presto fatti. Affiora nel testo l'umore malinconico che secondo la testimonianza di Svetonio affliggeva Augusto a ogni compleanno (giorno non fausto secondo le credenze dell'antica medicina, sia occidentale che orientale). Gaio Cesare era nato nel 20. a.C. e aveva quindi all'epoca circa 20 anni. L'anno seguente, quindi nel pieno di un climaterio, sfuggì a un attentato ma non guarì mai completamente dalle ferite che ne causarono la morte 3 anni dopo.

Perché questa non necessaria digressione? Per mettere in evidenza come l'esplorazione di luoghi lontani e culture lontane, anche per mezzo di un libro, ci faccia sempre scoprire che l'essere umano nel suo percorso deve sempre e comunque allinearsi alle leggi della natura, che sono le stesse ovunque. Cambia solamente il livello di consapevolezza e di accettazione che ne consente la cultura dominante al momento. E come queste esperienze "lontane" ci aiutino in definitiva anche a scoprire parti nascoste di noi stessi e della nostra stessa cultura.