E' sorprendente apprendere che una delle più antiche arti italiane, quella del vetro, è non solo attentamente osservata ma anche studiata, praticata, applicata dal mondo artistico e culturale giapponese?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcuni degli artisti giapponesi che hanno affrontato la sfida di lasciare la loro patria per recarsi ad apprendere l'arte del vetro a Murano espongono dall'8 maggio 2015, per alcuni mesi, una selezione delle loro opere presso il Museum Kunstpalast in Dusseldorf, in Germania.

La scelta è motivata dalla presenza in loco di una sezione organizzata appunto come Museo dell'Arte Vetraia, che ha solide tradizioni anche nei paesi del nord.

Le opere esposte non sono molte, basta una stanza per contenerle, ma schiudono la visuale verso orizzonti immensi.

Non resta che augurarsi che anche in Italia si trovino sedi adatte per l'esposizione Murano no Nihonjin (Giapponesi a Murano).

 

 

Pioniere di questa felice contaminazione culturale ed artistica fu Yoichi Ohira (1946) che nel 1973 si recò a Venezia per motivi di studio.

Per quanto avesse già studiato in Giappone l'arte vetraia, è solamente nel 1992 che la sua vocazione prende forma, seguendo l'insegnamento dei maestri dello studio Anfora di Murano: Livio Serena, Andrea Zilio e Giacomo Barbini.

Le sue opere vengono descritte come un connubio di tecnica muranese e senso artistico giapponese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kyohei Fujita (1921-2004) ha ricevuto sul finire negli anni 40 in Giappone l'insegnamento di Toshichi Iwata.

Ha tuttavia atteso a lungo prima di far conoscere ad una esposizione internazionale le sue kazaribako (scatole in vetro) che gli procurarono vasta e giusta fama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1977 per la prima volta si recò a Murano, rimanendo colpito dalla maestria degli artisti locali e decidendo di studiare le loro tecniche.

Ritornò da allora a Murano ogni anno, producendo opere che si distaccano nettamente dalla sua produzione giapponese.

L'opera esposta a lato non appartiene alla serie allestita per l'esposizione, proviene dalla collezione permanente del Museo dell'Arte Vetraia del Kunstpalast e risale ai primi tempi dei suoi contatti con l'arte italiana del vetro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritsue Mishima è nata nel 1962 e ha lavorato nel mondo della grafica. Si è trasferita a Venezia negli anni 80.

Nel 1996 ha iniziato la sua produzione artistica, sotto la guida degli stessi maestri cui si era affidato Fujita.

La vediamo in un filmato visibile ai visitatori della mostra assieme a loro, mentre stanno lavorando - ognuno occupandosi di un compito specifico ma agendo in perfetto unisono - alla realizzazione di una delle opere esposte.

 

 

 

 

 

 

 

La sua specializzazione sono i vasi.

Monumentali opere che sono in certo senso atipiche, poiché Mishima contrariamente alla tradizione di Murano utilizza vetro incolore, nel quale in realtà essa vede tutti i possibili colori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yasuhiko Tsuchida (1969) vive a Venezia dal 1992 e si è avvicinato al mondo della vetreria pur avendo seguito studi completamente diversi.

Nel 1994 ha iniziato la sua collaborazione con lo studio Franco Schiavon.

Apparentemente debitore per alcuni delle opere di Ohira, cui indubbiamente deve molto, viene da altri ritenuto in realtà portatore di un messaggio diverso, meno legato alle forme classiche e più votato alla sperimentazione, talvolta con una vena di "follia".