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La storia della spada giapponese è molto lunga, ed estremamente complessa; non abbiamo l'ambizione di dire in proposito tutto quello che c'è da dire, ma semplicemente fornire con questa scheda alcune indicazioni elementari a chi si sente attratto dall'argomento, nella speranza che il poco che diremo lo inciti ad approfondire lo studio o se non altro a praticare la sua arte, se prevede l'utilizzo della spada, con maggiore consapevolezza.

I testi classici del Giappone, come il Kojiki od il Nihongi, fanno spesso menzione di spade leggendarie, e lo stesso tesoro trasmesso dagli dei alla famiglia imperiale consisteva in tre oggetti: una spada, uno specchio ed un gioiello. Non abbiamo tuttavia modo di sapere nulla di più su queste spade; è probabile che fossero molto simili alle prime spade di cui ci sono pervenuti esemplari, rinvenuti nelle grandi tombe dell'epoca Jomon, la cui produzione si pensa sia iniziata intorno al IV secolo a.C.. Il termine utilizzato nei testi è tachi (太刀:た), probabilmente derivato dal verbo tachikiru che ha il significato di tagliare in due ma in un registro imperiale si usano ideogrammi differenti che hanno il significato di grande spada o spada orizzontale.

I i testi citati parlano di lunghezze tra gli 8 e i 10 palmi; a volte le traduzioni parlano di spanne, ma se il termine fosse giusto dovremmo pensare ad una enfatizzazione retorica, si tratterebbe di lame troppo grandi per un uso realistico. Accettando quindi una lunghezza di 8/10 palmi si tratterebbe di lame tra i 75 cm e i 100 ma la maggior parte degli esemplari rinvenuti misura in realtà tra i 60 ed i 70. Le lame erano dritte, con il taglio da un solo lato; la sezione era triangolare (hira zukuri) oppure rettangolare con una zona di taglio triangolare (kiriha zukuri). Si crede che la tecnologia necessaria alla fabbricazione di queste lame sia pervenuta in Giappone attraverso la Corea e la Cina. Le spade presentano già il tipico sistema di fissaggio del manico che rimarrà invariato attraverso i secoli: uno o due fori nel codolo (nakago) permettono il passaggio di un perno estraibile che consenta lo smontaggio del manico per la manutenzione della lama.

La lama conosciuta come Suiryu ken (spada del drago d'acqua), appartenuta all'imperatore Shosoin (VIII secolo) e rimontata nel XIX dall'imperatore Meiji, presenta già altre due caratteristiche tipiche del nihontô: la linea di tempera che corre lungo il tagliente (ha) ed una separazione (yokote) tra il corpo della lama e la punta terminale (kissaki), come nel secondo esempio in basso. Ha in più la sezione asimmetrica (katakiri ha) che verrà ripresa nei secoli successivi da importanti spadai.

 

 

 

E' durante l'epoca Heian, quindi tra l'VIII e il XII secolo, che il nihontô assume delle caratteristiche peculiari, sia nella forma che nelle caratteristiche di fabbricazione: per quanto esistano a partire dall'VIII secolo esemplari diritti e a doppio taglio denominati ken o tsurugi, che in seguito vennero utilizzati soprattutto come offerte sacre ai templi, cominciano anche ad apparire, citate nei cataloghi, le prime lame curve.

Appaiono delle costolature che irrobustiscono la lama, e la procedura di tempra diventa differenziata: l'applicazione sulla lama di strati di terracotta di differente spessore e composizione rende possibile il suo riscaldamento a temperature differenti, che rendano estremamente resistente il tagliente e mantengano al dorso della lama buone caratteristiche di elasticità. I maestri spadai, che lavorano di notte per non essere influenzati dalle condizioni di luce, troppo variabili durante il giorno, e si accingono al lavoro solo dopo una accurata preparazione spiriituale, assumono un alone di misticismo.