Vivere nella paura (Ikimono no kiroku)
Akira Kurosawa, 1955
Toshiro Mifune, Takashi Shimura
L'esplosione delle due bombe atomiche sganciate dall'aviazione statunitense sopra Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto) pose fine alla seconda guerra mondiale ma a carissimo prezzo. Aveva già causato secondo le stime effettuate nel 1950 intorno alle 250.000 vittime, di cui una parte notevole aveva perso la vita negli anni successivi a causa degli effetti collateral.
Altri ancora dovevano scomparire, dopo lunghe sofferenze, e altri infine sarebbero rimasti marchiati dal fuoco atomico per il resto della loro vita e perfino nella tomba.
I nomi di queste persone, chiamate hibakusha (被爆者) ossia letteralmente persone colpite dall'esplosione, vennero iscritti in uno speciale registro nel monumento alle vittime dell'olocausto atomico.
Nell'agosto 2009[update] questo registro, che viene tuttora aggiornato, conteneva i nomi di circa 410.000 tra persone decedute ed hibakusha; 263.945 in Hiroshima e 149.226 in Nagasaki.
Nove anni dopo la tragedia nucleare, nel marzo del 1954, il peschereccio giapponese Fukuryu Maru con 23 uomini di equipaggio a bordo venne investito al largo delle isole Marshall dalla ricaduta radioattiva di un esperimento atomico americano effettuato nell'atollo di Bikini.
Il marconista Aichi Kuboyama morì pochi mesi dopo, tutti gli altri vissero il resto della loro vita sotto stretto controllo medico.
Il peschereccio, il cui nome significa Drago fortunato, venne tirato a secco nel 1976, ed è conservato ancora oggi in un grande sala nella città di Tokyo.
Le autorità americane che dapprima avevano tentato di negare l'evidenza, ammisero poi che circa un centinaio di navi erano rimaste contaminate dall'esplosione, assieme ai loro equipaggi e a molti abitanti delle isole Marshall.
La famiglia Kuboyama venne infine compensata con circa 2.500$ dell'epoca, il governo giapponese con 2 milioni di dollari.
L'impressione fu enorme nell'opinione pubblica giapponese, che già si doveva quotidianamente confrontare col monito posto da centinaia di migliaia di vittime ma anche di altrettante centinaia di migliaia di sopravvissuti, che portavano il peso di un vita e di un futuro incerti e gravosi, per se e per i propri figli.
Del resto negli anni 50 e 60 il terrore della catastrofe atomica era diffuso in tutto il mondo, come indica anche l'opera di Stanley Kubrik Il dottor Stranamore. Il timore, irrazionale ma reale e realistico, che le esplosioni atomiche avessero contaminato gravemente anche l'equilibrio ecologico, diede origine ad una serie di film che mostravano creature mostruose uscite dal mare: il più famoso di tutti questi mostri di cartapesta - proiezioni di mostri della mente - ancora ben conosciuto anche in occidente, fu Gojira (Godzilla). Nel 1955 inoltre un ennesimo episodio, la coraggiosa morte di Sadako Sasaki, bambina contaminata dalla radiazioni in tenera età, scosse il Giappone.
Uno dei più stretti collaboratori di Akira Kurosawa, il musicista Fumio Hayasaku (a sinistra nella foto assieme al maestro), persona costantemente vicina alla morte in quanto gravemente malato di tubercolosi, rimase estremamente impressionato dalla vicenda dei marinai del Fukuryu Maru.
Hayasaku sosteneva - e lo sperimentava quotidianamente sulla propria pelle - che non era accetttabile vivere avendo costantemente la morte al fianco. Convinse Kurosawa a scrivere una sceneggiatura, cui collaborò egli stesso, che avesse per tema la psicosi della catastrofe nucleare.
Venne portata immediatamente sullo schermo: era un momento in cui Kurosawa era al culmine del successo e nulla gli veniva negato, poteva quindi imporre le sue scelte. Entrambi si dedicarono al loro compito con assoluta dedizione.
Hayasaku non arrivò a vedere la fine dell'opera: scomparve improvvisamente a 41 anni, il 15 ottobre 1955, lasciando vuota per la prima volta quel giorno la pagina del suo diario, in cui quotidianamente segnalava il progredire dell'opera.
In una lettera a Kurosawa inviata nel periodo immediatamente precedente la morte, la sua ultima lettera, aveva scritto: "Non inquietarti per il mio stato di salute. Sii senza pietà".
Il suo allievo Masaru Sato portò a termine le musiche di scena.
La sequenza finale avrebbe dovuto essere commentata da un tema chiamato Musica delle stelle, di cui Hayasaku aveva potuto mettere sullo spartito solo le prime 4 battute. Kurosawa negò l'autorizzazione a completare questo pezzo, e nella scena finale di Ikimono no kiroku riprende invece iil tema di apertura.
Kurosawa dichiarò in seguito: «Mentre scrivevamo la sceneggiatura avevamo la sensazione di essere sul punto di fare quel genere di film che ci avrebbe permesso, una volta finito tutto e venuto il giorno dell'ultimo giudizio, di alzarci e rendere conto delle nostre vite passate dicendo: "Siamo gli uomini che hanno fatto Vivere nella paura"».
L'opera tuttavia non lasciò segni tangibili né sulla critica né sul pubblico.
E dire che Kurosawa era reduce come detto da un grande trionfo internazionale con I sette samurai, e con gli stessi protagonisti: i grandi Takashi Shimura e Toshiro Mifune, qui incredibilmente credibile nei panni di un vecchio settantacinquenne, lui che ne aveva all'epoca 35 ed era il ritratto del vigore e della salute.
Il desiderio espresso più volte da Kurosawa, e ripreso anche dalla sua stretta collaboratrice Teruyo Nogami in una intervista che accompagna l'edizione francese del film (edita da Wild Side Films, e ricca di preziosa informazioni), è che la gente di oggi possa riscoprire questa opera dimenticata del maestro e possa diventare ricettiva allo spirito espresso nelle sue opere.
Soprattutto in Giappone: se non sono mancati in ambito mondiale i riconoscimenti all'opera di Kurosawa, se ancora i suoi film vengono ricercati e proiettati nelle sale occidentali, in Giappone molti non si ricordano di lui o non lo hanno mai conosciuto.
Detto che occorre riscoprire Kurosawa, accostandoglisi con rispetto ed attenzione, va anche detto a chiare lettere che Ikimono no kiroku è una delle sue opere più importanti, ed una di quelle di più scottante attualità: se sono diminuiti i timori di una tragedia nucleare, infiniti altri timori sono sopraggiunti a turbare i pensieri e ad inquinare le opere dell'uomo moderno. Kiichi Nakajima, il protagonista incarnato dalla straordinario Toshiro Mifune, è un uomo dei nostri giorni, alle prese con le nevrosi dei nostri giorni.
O, più esattamente, un uomo alle prese con l'angoscia del vivere quotidiano che ha sempre attanagliato ogni essere umano, in ogni epoca, e quindi anche ai giorni nostri. Soprattutto quando il successo materiale nella vita sociale ricopre l'essere umano di una superficiale sicumera, rendendolo particolarmente vulnerabile al pur necessario, indispensabile, non differibile, dubbio esistenziale.
Kurosawa volle tornare ancora sul tema, e all'olocausto nucleare è dedicato anche il film Rapsodia in agosto, da lui scritto e diretto ed uscito sugli schermi nel 1991.