Maestri
Stefano Serpieri: sul tatami e alla scrivania
Stefano Serpieri (1936-2004) fu probabilmente il primo italiano a seguire dei corsi di aikido con regolarità: ma lasceremo che ce lo racconti lui: nel 2000 il maestro Tada propose di ospitare sulla rivista Aikido, che curavo all'epoca, testimonianze di persone che avessero tratto dall'aikido importanti impulsi nel proprio percorso di vita, Con Stefano avevo a quei tempi scarsi rapporti, alcune incomprensioni ci avevano allontanato. Mi consegnò il manoscritto senza dire nulla. Naturalmente lo pubblicai, altrettanto naturalmente i nostri rapporti ritornarono ad essere quelli che dovevano essere, ma era purtroppo poco prima della sua scomparsa, il 10 dicembra 2004. Volle essere sepolto indossando keikogi e hakama
Paolo Bottoni
Aikido XXXII-2001: p- 28 e seguenti
… sono trascorsi molti anni da quando, ancora abbastanza giovane, avevo letto un libro di Julius Evola intitolato “La dottrina del Risveglio” edito da G. Laterza, Bari Con un gruppo di amici avevamo formato una specie di cenacolo, dedito alla ricerca di una via spirituale, che ci avrebbe dovuto fornire delle risposte alle tante domande che ci ponevamo sul significato della nostra vita, del perché eravamo nati e dell’eventuale scopo della nostra venuta su questa terra. Il libro di J.Evola che avevamo letto e discusso ci aveva fornito, in quel momento, alcuni chiarimenti alle nostre domande esistenziali, e una cosa che credemmo di capire fu che le risposte alle nostre esigenze spirituali le avremmo ottenute iniziando un percorso nella Tradizione orientale, giacché la Tradizione occidentale, da noi conosciuta in quel momento, non soddisfaceva le nostre necessità e la nostra visione del mondo.
Da fare qualche cosa di concreto a Roma, in quel tempo, non c’era un gran che, decidemmo, allora, di iniziare un corso di Judo che era l’unica arte che sapevamo si rifacesse ad una filosofia orientale. Visitammo molte palestre fino ad arrivare in un dojo che si trovava nel quartiere di Montesacro, dove insegnava un anziano judoka che aveva appreso quell’arte nel lontano 1925 in Giappone, durante alcuni viaggi che fece in quel Paese mentre era imbarcato su una nave.
Anche il prof. Filippani-Ronconi, insigne orientalista, con la consorte frequentavano in quel periodo lo stesso dojo. Una cosa che avevo capito sin dall’inizio della mia avventura era che senza un vero maestro non era possibile progredire in qualsiasi percorso spirituale. Avevo bisogno assoluto di una guida che m’indicasse la strada da seguire. Pensai, allora, che l’unica cosa da fare sarebbe stato di andare in Giappone e cercare, se ancora n’esisteva qualcuno, un vero maestro. Decisi quindi d’iscrivermi all’Ismeo, l’Istituto per il medio e l’estremo oriente diretto allora dal prof. Tucci, al corso di lingua giapponese, pensando che l’apprendimento di quell’idioma avrebbe facilitato la mia ricerca in quel Paese di qualcosa o di qualcuno che sarebbe stato poi d’ausilio nella mia ricerca spirituale.
L’insegnante di lingua giapponese per il mio corso era il prof. Salvatore Mergè ed era l’anno 1957. La cosa che mi colpì più di tutte al primo incontro fu, che sebbene il prof. Mergè fosse italiano, aveva l’aspetto di un giapponese, per i suoi modi di fare, per la maniera di sorridere e principalmente per quegli occhialini che portava e che davano al suo viso un non so che di orientale. Infatti, il prof. Mergè, studioso insigne di lingua, letteratura, storia e costume del Giappone, aveva soggiornato per lungo tempo in quel Paese durante la seconda guerra mondiale, quale addetto all’ambasciata italiana a Tokio e quella permanenza sul suolo nipponico l’aveva, forse, un poco trasformato avendo egli assimilato molto degli usi e della cultura giapponese. Fu attraverso i racconti e gli aneddoti che il prof. Mergè ci narrava durante le lezioni di giapponese che ebbi modo di sapere del Maestro Morihei Ueshiba e dell’arte da lui creata: l’Aikido.
. . .Un giorno tutti noi studenti dei corsi di lingua giapponese fummo invitati presso l’ambasciata del Giappone per una conferenza sulla cultura di quel Paese. In quell’occasione il prof. Mergè mi presentò una ragazza giapponese che si trovava in Italia per studiare arte, anzi scultura, presso il laboratorio di Pericle Fazzini. Nella presentazione che fece disse che anche la ragazza studiava Aikido, e mi presentò a lei come uno studente di lingua giapponese molto interessato a quest’arte marziale. La ragazza si chiamava Haru Onoda.
Non mi feci sfuggire l’occasione, e riuscii ad impegnare la signorina Onoda, allora shodan di Aikido, ad insegnarmi qualche rudimento di quell’arte. Andavamo ad allenarci presso una palestra sita nei pressi di via Veneto, ospiti del Maestro di judo Ken Otani, che in quel dojo allenava la nazionale italiana di judo. Potei, purtroppo, avere solo pochi insegnamenti su questa nuova arte marziale, l’Aikido, perché la signorina Onoda era sempre molto impegnata con lo studio della scultura. In quei brevi periodi che c’incontravamo, approfittavo anche di farmi raccontare dei suoi rapporti con il Maestro Ueshiba del quale mi disse essere stata la segretaria.
In una intervista a Ueshiba Morihei rilasciata in quegli anni il Fondatore illustrando la crescente diffusione dell'aikido nel mondo citò Haru Onoda, riferendo di avere ricevuto da lei diverse lettere in cui lo informava anche di avere trovato a Roma un giovane, presumibilmente Serpieri, che si era immediatamente appassionato all'aikido. Alcuni riferirono anche che avrebbe desiderato andare di persona a Roma a visitare Onoda.
In seguito Haru Onoda lasciò l'Italia e Serpieri non potè continuare la pratica. Fino alla metà degli anni 60 quando il ritorno di Onoda, l'arrivo di Motokage Kawamukai e poi quello di Hiroshi Tada diedero nuovo impulso alla pratica. Su iniziativa di Serpieri venne aperto a Roma il primo dojo interamente dedicato all'aikido, il Ueshiba Morihei,
Dojo le cui brevi vicende vengono qui da me narrate, lo scioglimento della associazione che lo gestiva portò infatti alla sua chiusura.
Serpieri tuttavia, ex pilota di aviazione militare, aveva contatti con diverse associazioni d'arma, ed era a conoscenza di alcuni locali gestiti dalla Associazione Nazionale Paracadutisti, in parte inutilizzati. Ne ottenne nel 1967 l'uso a beneficio del maestro Tada e iniziò poi con la collaborazione dell'avvocato Paudice le pratiche per la regolare assegnazione dei locali da parte del Demanio (che cauto come ogni ente pubblico la determinò ben 14 anni dopo). Anche dei primissimi momenti di quello che divenne il Dojo Centrale dell'Aikikai d'Italia ho narrato qualcosa
Nel 1970 venne fondato ufficialmente l'Aikikai d'Italia, e tra i primi collaboratori postisi a disposizione del maestro e dell'associazione per creare una struttura efficiente e stabile nel tempo vi fu Giovanni Granone, che organizzò un ufficio di segreteria e concepì dandole la luce nel 1972 la rivista Aikido. Il trasferimento a Genova di Giovanni causò un momento di panico. Come e con chi sostituirlo? Si pensò di tentare un esperimento con Stefano Serpieri. L'esperimento ebbe tale successo che diversi anni dopo Claudio Bosello, altra importante e basilare personalità dell'epoca, espresse durante una assemblea nazionale l'opinione che Serpieri avesse dato alla funzione di Segretario una dignità non prevista né immaginabile. Anche la rivista Aikido passò nelle sue mani, e i numeri usciti in quegli anni, pur risentendo dei limitati mezzi dei tempi e delle difficoltà a reperire informazioni e materiale da pubblicare, sono ricordate con nostalgia da chi le sfogliò e ancora oggi additate come esempio.
Nel 1978 Serpieri, visti i crescenti impegni della segreteria decise di cercare un collaboratore più addentro alle cose dell'aikido di quelli avuti fino ad allora. E scelse me. Al momento che dovette abbandonare l'incarico nel 1981 presi il suo posto come Segretario Nazionale, mantenendolo fino al mio trasferimento all'estero. Inizialmente ero stato preda di una certa apprensione: essere all'altezza di Stefano Serpieri mi sembrava un compito troppo arduo. Superai l'ostacolo psicologico pensando che dissipare il suo lascito sarebbe stato un delitto nei suoi stessi confronti oltre che di fronte all'associazione. Dovevo dimostrarmi all'altezza: non sta a me dire se lo fui, ma certamente l'impegno non è mancato.
Fin qui lo Stefano Serpieri pilastro dell'Aikikai d'Italia. Ma dobbiamo ora affrontare la parte più importante anche se non esprimibile a parole: il praticante di aikido, l'insegnante di aikido, la persona. Lasciato il Dojo Centrale aprì in Roma una sua scuola. Così lo ricorda uno dei suoi discepoli: ,
Venti anni fa ci lasciava il M° Stefano Serpieri, un Maestro magnetico che affascinava per carisma, calore umano e un Aikido potente. ella nostra pratica quotidiana cerchiamo di mantenere vivi i suoi preziosi insegnamenti.
Nel 2004 ci eravamo dati appuntamento per riprendere a frequentarci e lavorare assieme ma essendoci le celebrazioni del quarantennale dell'Aikikai d'Italia a Bologna potei tornare a Roma solamente a dicembre: appena arrivato, un suo allievo mi diede la triste notizia: non avrei più incontrato Stefano Serpieri.
La più importante rivista italiana del settore marziale mi contattò, mi chiese di scrivere un articolo per ricordarlo. Risposi che non potevo: dovevo prima se non superare il dolore perlomeno accettarlo.
In quel momento non mi era possibile