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Shinnojo ha intenzione di rassegnare le dimissioni e trovarsi una occupazione più consona alle sue aspirazioni, senza dover per questo diventare un ronin, un samurai randagio e senza padrone cui è  interdetto comunque lavorare per guadagnarsi da vivere.

Mentre prima aveva pregato Kayo di non fargli domande sul suo lavoro ora è lui che inizia a confidarsi: progetta di dare le dimissioni per aprire una scuola di spada per bambini, che ama particolarmente nonostante i rimbrotti di chi ritiene disdicevole che un samurai scherzi con loro e li lasci liberi di esprimersi anziché tentare di inquadrarli in una rigida etichetta.

Non a caso Yamada lega queste sue riflessioni ad alta voce alle operazioni di manutenzione della spada, simbolo dell'onore samurai.

Il destino deciderà diversamente. Un giorno, dopo aver assaggiato il cibo assegnatogli a caso, un raro mollusco cotto nel suo guscio che viene chiamato tsubu (probabilmente la preparazione conosciuta come tsuboyaki), Shinnojo inizia ad avvertire un malessere, per svenire immediatamente dopo.

Il signore ha già cominciato il suo pasto, ma viene concitatamente fermato, mentre si chiudono le porte del castello e si arresta tutto il personale di cucina per indagare sull'accaduto. Shinnojo viene soccorso dai colleghi e viene chiamato il dottore di servizio, ma è evidente che è solo una insignificante pedina in quel momento.

Quello che sta a cuore ai dignitari è la salvaguardia del signore e soprattutto di sé stessi.

Il daimyo dopo attenta investigazione arriva alla conclusione che si è trattato solo di uno sfortunato episodio e non di un tentativo di avvelenamento; è risaputo infatti che quel mollusco fuori stagione può essere velenoso al punto di essere talvolta mortale. Le condizioni di Shinnojo sono infatti gravi ma dovrebbe sopravvivere.

Ci saranno però conseguenze molto gravi; l'anziano sovrintendente, che ha comunque peccato di superficialità consentendo che venisse servito al signore del cibo notoriamente a rischio, si suicida.

Shinnojo viene riportato a casa e curato con attenzione. Si risveglierà solo dopo diversi giorni.

Si risveglierà però cieco, il veleno ingerito gli ha leso irreparabilmente la vista.

 

Toya Shimada (Mitsugorô Bandô), funzionario e portavoce del daimyo, sembra essere l'unico supporto che si offre spontaneamente a Kayo, che non ha trovato altro che rifugiarsi nelle preghiere.

Percorre incessantemente il sentiero sacro dei templi, seguendo la credenza che la ripetizione incessante del percorso e della preghiera, usualmente mille volte, possa avere effetti benefici.

E' mentre ritorna infatti dal tempio che Shimada la nota, la richiama e le offre il suo aiuto.

 

 

 

 

 

 

La situazione è infatti sull'orlo del precipizio. Shinnojo ha chiesto la sua spada, che Kayo ha prudentemente nascosto.

Non nasconde la sua volontà di uccidersi, essendo ormai inutile a sé stesso e alla società, e nemmeno in grado di provvedere a Kayo.

E' lei che lo trattiene, rifiutandosi di abbandonarlo e giurando di uccidersi immediatamente dopo di lui, con la stessa spada, se non desisterà dal suo proposito.