Trovare la giusta collocazione per questo articolo non è facile, e la scelta di inserirlo nella sezione tecnica dedicata all'aikido è sembrata se non la più adatta perlomeno la meno impropria. Itsuo Tsuda è stato certamente un maestro di aikido e ha lasciato tracce indelebili nella storia dell'arte, ma la cronaca di questa mostra, ove veniva presentato un suo libro di calligrafie, non è apparentemente legata alla tecnica o allo spirito dell'aikido. Cercheremo di dimostrare come questo non sia vero.
Itsuo Tsuda (1914-1984) si trasferì nel 1934 in Francia per compiervi gli studi universitari presso la Sorbona di Parigi, rientrando in Giappone nel 1940, agli inizi della seconda guerra mondiale, con un importante bagaglio culturale derivatogli dagli insegnamenti del sinologo Marcel Granet e del sociologo Marcel Mauss. Ebbe anche modo di trasmettere ai referenti occidentali i suoi punti di vista sopra alcuni aspetti fondamentali della società giapponese e sui suoi basamenti etici, filosofici e pratici, con una particolare enfasi sul concetto intraducibile di ki. In occidente siamo soliti renderlo col termine spirito, non inadatto ma comunemente interpretato in senso eccessivamente legato alla pratica della religione.
Tsuda successivamente seguì in Giappone gli insegnamenti di Haruchika Noguchi (1911-1970), inventore di un metodo salutare da lui definito seitai basato su una attenta osservazione del paziente e su interventi mirati, attraverso quello che agli occhi profani appare spesso come un semplice massaggio, a ristabilirne l'equilibrio. I tempi di formazione di un terapeuta seitai essendo però estremamente lunghi - l'unità di misura più corrente sono i decenni - il numero di terapie che è in grado di eseguire giornalmente ridotto e il periodo utile di atttività non molto lungo, Noguchi si rese conto che il seitai non avrebbe potuto avere un impatto significativo sulla cittadinanza.
Tentando di superare questa barriera Noguchi introdusse anche un metodo di riequilibrio preventivo, cui applicarsi nella vita di tutti i giorni senza necessità di ricorrere a un terapeuta e soprattutto senza attendere il momento della malattia, dell'incidente o della debolezza psicologica, che rende anche il corpo fragile e vulnerabile: il katsugen undo, conosciuto in occidente come movimento rigeneratore.
In seguito Tsuda frequentò l'Honbu Dojo di Tokyo, per fungere da interprete al francese André Nocquet che soggiornava in Giappone per perfezionarsi nell'arte dell'aikido seguendo direttamente le lezioni del fondatore Ueshiba Morihei. Anche Tsuda iniziò allora a praticare, attratto dall''aikido e affascinato dalla figura di Ueshiba. Ritornato in Francia alcuni anni dopo iniziò a diffondere sia l'aikido che il katsugen undo, da lui considerati complementari e inscindibili. Diede alle stampe diversi volumi, tra cui Cuore di cielo puro pubblicato postumo, in cui racchiudeva il suo pensiero su entrambe le arti e sulle loro applicazioni nella vita quotidiana,
In Italia il katsugen undo arrivò invece inizialmente attraverso Hideo Kobayashi.
Si trasferì a Roma negli anni 70 per seguire la sua vocazione artistica di scultore, su invito del maestro Carlo Canestrari (1922-1988).
Insegnante di kendo e iaido, Kobayashi diffuse il katsugen undo tra molti praticanti di aikido. Il maestro Pasquale Aiello dopo la scomparsa di Kobayashi (1989) ha continuato lo studio delle due discipline, sia seitai che katsugen undo, ma senza cercare di diffonderle al di fuori dei suoi seminari.
Nella foto accanto, scattata durante il seminario kinorenma tenuto dal maestro Hiroshi Tada nell'estate 1979 presso il Dojo Centrale di Roma, Hideo Kobayashi è il penultimo a destra, con il keikogi blu. Pasquale Aiello è il quarto da destra in prima fila.
La Scuola della respirazione, nome con cui Tsuda identificava il suo metodo, arrivò in Italia probabilmente più tardi, e viene tuttora diffusa dalla omonima associazione. La cronaca di un seminario di akido e katsugen undo diretto dal maestro Régis Soavi, suo allievo, a Roma e organizzato dal Dojo Bodai è stata pubblicata anni fa su questo sito.
Tra i molteplici interessi culturali di Tsuda occupò un ruolo importante anche la calligrafia, come del resto riscontriamo anche nella biografie di molti importanti maestri, primo fra tutti lo stesso Ueshiba Morihei. Dopo la scomparsa di Tsuda il progetto di pubblicare le sue calligrafie è tenacemente proseguito, superando numerose difficoltà, finché non è stato pubblicato in Francia nel 2017 Calligraphies de Printemps, curato da Régis Soavi, Sara Rossetti, Manon Soavi. Pochi mesi dopo è uscita l'edizione italiana, presentata a Milano presso il dojo della Scuola della respirazione. Nel mese di ottobre 2018 è stata organizzata una mostra e una seconda presentazione dal Dojo Bodai di Roma.
Ed eccoci quasi arrivati, dopo questo lungo ma necessario preambolo, a quella che non è una cronaca, e nemmeno una recensione, ma semplicemente noterelle di uno di quelli ossia di quelli che hanno visitato la mostra, purtroppo breve, e ammirato le opere di Itsuo Tsuda.
Non sarà una recensione anche per manifesta e conclamata incapacità del sottoscritto a dire - che dico, a pensare - qualcosa di significativo nell'ambito della calligrafia; ma soprattutto per mancanza del libro. Mi sono infatti costretto per il momento a rinunciare a prenderne una copia, per due ragioni: la prima è di mantenere una promessa fatta a me stesso e fin troppe volte infranta: non prendere troppi libri, non hai tempo di leggerli tutti, ed evita quelli di grandi dimensioni che non puoi portarti appresso nei tuoi fin troppo numerosi viaggi.
La seconda, importante anchessa, è la necessità di riflettere ancora, di cercare ancora, prima di affrontare un'opera con cui Itsuo Tsuda ci vuole parlare. Ma senza nulla dire, semplicemente indicando, o meglio ancora evocando, una via da seguire.