Testi classici
Circostanze straordinarie hanno fatto sì che l'insegnamento di grandi maestri giapponesi del passato sia giunto fondamentalmente intatto fino a noi.
Attraverso le loro opere, attraverso i loro esempi di vita, attraverso le scuole che hanno fondato, su basi così solide da sfidare i secoli.
Dovremmo definirli maestri di ieri oppure maestri del passato, ma la statura di questi personaggi li eleva al rango di maestri di sempre. Le loro storie, le loro scelte possono risentire dei tempi in cui vissero, esserne condizionate.
I principi che ci hanno lasciato sono invece senza tempo e senza luogo, rimarrranno con noi per sempre a patto di accostarvisi col dovuto rispetto ai testi che ci hanno trasmesso, studiandoli al fine di metterli in pratica, col massimo impegno.
Tsukahara Bokuden: Le 100 regole della guerra
Tsukahara Bokuden (1489-1571)
The hundred rules of war
Traduzione di Eric Shahan
Createspace Indipendent Pub, 2017
Tsukahara Bokuden è una figura per molti versi leggendaria, eppure ha lasciato immortali e tangibili tracce nella vita di molti praticanti di arti marziali. Fu infatti praticante di Tenshin Shōden Katori Shintō-ryū, considerata la più antica scuola di spada tuttora praticata e una delle più diffuse al giorno d'oggi, e fondò più tardi una sua scuola che chiamò Kashima Shintō-ryū, anchessa sopravvissuta ai secoli e tuttora fiorente.
Yamamoto Tsunetomo: Hagakure
Hagakure
Il libro segreto dei samurai
Oscar Mondandori. 2001
Passano gli anni, ma le cose non sembrano cambiare. Se è vero, e lo è, che l'Hagakure può racchiudere i segreti della cultura samurai, è altrettanto vero che di questo passo sono destinati a rimanere segreti: stiamo parlando infatti di un testo composto di 11 corposi capitoli e una introduzione (Conversazione leggera nell'oscurità della notte, talvolta messa alla fine), ridotto in questa edizione ma anche in tutte le altre in maniera inaccettabile.
Le scarne 180 pagine circa riservate al testo, in formato ovviamente tascabile come è tipico della collana Oscar, sono svogliatamente riempite nel modo che vedete. Sarebbe molto più corretto indicare chiaramente che si tratta di una selezione di brani e non dell'edizione integrale.
E' comunque un bene che perlomeno si sia preferito tradurre dal giapponese piuttosto che ritradurre di nuovo una versione inglese o francese, come si era fatto fin troppo spesso in passato, ma siamo ancora molto molto lontani dal poter essere soddisfatti.
L'Hagakure viene attribuito a Tsunetomo Yamamoto (1659-1719), samurai di alto rango del feudo di Saga (nella antica provincia di Hizen, nell'estremo sud del Giappone). In realtà venne redatto da Tashiro Tsuramoto, suo discepolo, che ne trascrisse le conversazioni tenute presso il monastero di Kurotsuchibaru ove Tsunetomo si era ritirato prendendo il nome di Jochô Yamamoto.
Il ritiro dalla vita mondana di Yamamoto fu dovuto alla morte del suo signore Nabeshime Mitsushige (1632-1700) che interdisse formalmente ai suoi fedeli di seguirlo nella morte col suicidio rituale (jushi).
Fu solo negli ultimi anni di vita che Yamamoto iniziò a esporre in una serie di conversazioni i precetti morali trasmessigli da alcuni personaggi chiave della sua vita, come il monaco Tannen e il consigliere militare Ishida Ittei ma soprattutto dai signori della dinastia Nabeshima: Naoshige (1537-1619), famoso quanto valoroso generale vissuto in un'epoca sanguinaria, che con una sanguinaria incursione notturna guidò 4000 samurai a distruggere l'esercito degli Otomo forte di 60000 soldati, il figlio Katsuhige (1580-1657) ed infine il nipote Mitsushige, cui toccò in sorte di governare sul nascere della "pax Tokugawa" che pose fine per oltre 200 anni alle lotte intestine.
Come si vede quindi ci troviamo di fronte ad un'opera che cela molto di più di quanto possa sembrare ad un esame superficiale, e non pensata per la pubblicazione che anzi Tsunetomo aveva proibito: rimase retaggio esclusivo della famiglia Nabeshima fino all'inizio dell'epoca Meiji (1868), ma fu pubblicato solo all'inizio del 1900 divenendo immediatamente una delle opere più conosciute - e controverse - della cultura samurai. Il titolo completo, Hagakure Kikigaki Koho, in cui ha significa foglia e kure dal verbo kakureru nascosto, vuole significare Insegnamenti nascosti tra le foglie, ossia raccolti oralmente, ma anche nascosti dietro una diversa apparenza. Che non è facile decifrare anche perché esistono 4 divergenti trascrizioni dell'Hagakure dal giapponese antico a quello moderno.
Quello che colpisce alla lettura è l'apparente semplicità, diremmo quasi banalità, di molti precetti, che sembrano ispirati più da un solido buon senso, quasi quello di un contadino legato ai problemi pratici più che alle speculazioni fisolofiche, che preferisce oltrepassare richiamandosi piuttosto a pochi quanto saldi principi. Eppure sappiamo bene come nelle situazioni di conflitto, nei momenti in cui si è veramente messi alla prova, non è importante fare cose straordinarie, è anzi essenziale mantenere la presenza a se stessi e fare quello semplicemente quello che ci siamo preparati a fare nel corso della nostra vita "normale"
Come di consueto, per una una migliore valutazione dell'opera, è bene citarne alcuni brani. Abbiamo scelto uno che per quanto sia solo il secondo del libro meriterebbe di esserne l'incipit.
Ho scoperto che la via del samurai è la morte (1). Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra la vita e la morte, è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta semplicemente armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a morire invano. Questa è una logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo, pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed è al tempo stesso un vigliacco ed un perdente. Chi muore senza avere portato a termine la sua missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è la via del samurai.
L'essenza del bushidô è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata. Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la via.
(1) in altre edizioni si legge "risiede nella morte"; si potrebbe pensare che sia una differenza da poco, ma a noi non sembra così.
Wilson W.S.: il samurai solitario (Miyamoto Musashi)
William Scott Wilson
Il samurai solitario
Miyamoto Musashi
Edizioni Mediterranee, 2011
Questo è il primo testo, perlomeno il primo da noi recensito, della collana Sapere d'Oriente delle Edizioni Mediterranee di cui abbiamo già parlato in un altro articolo, in occasione della presentazione da parte del responsabile delle E.M. e del curatore della collana, Bruno Ballardini.
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Yagyu Munenori: Eiho kadenshô
Yagyu Munenori: Heihô Kadenshô
La Spada che dà la vita. Gli insegnamenti segreti della Casa dello Shogun
Luni 2004, ISBN: 8874350430
Durante una dimostrazione di spada davanti al futuro shogun Yeyasu Tokugawa, l'anziano maestro Yagyu Muneyoshi (柳生 宗厳, 1526-1606) sconfisse ogni avversario che gli si fosse trovato dinanzi, per poi disarmare e battere lo stesso Tokugawa che aveva chiesto di misurarsi direttamente. Al termine della tenzone Tokugawa chiese a Muneyoshi di entrare al suo servizio come guardia del corpo e maestro d'armi ma questi declinò l'offerta a causa dell'età avanzata, proponendo il suo figlio ventiduenne: Yagyu Munenori (柳生 宗矩, 1571-1646), che divenne consigliere di fiducia oltre che guardia del corpo di Tokugawa Yeyasu, e viene considerato il fondatore della scuola di spada Yagyu Shinkage ryu, derivata dallo Shinkage ryu del maestro Kamizumi Nobutsuna di cuiYagyu Muneyoshi era divenuto allievo dopo esserne stato sconfitto.Yagyu Munenori fu temibile combattente: si narra che durante la battagliia di Sekigahara (1600) che diede la vittoria finale alle armi dei Tokugawa abbia abbattuto otto guerrieri e che altrettanti siano stati da lui uccisi nel 1615 quando rimase da solo a far fronte ad un agguato al principe Tokugawa Hidetada, in una delle tante guerre "minori" che seguirono a Sekigahara e che furono il necessario preludio al lungo periodo della "pax Tokugawa" che si prolungò poi fino al 1868.
L'anno successivo somparve Tokugawa Yeyasu e Hidetada divenne a sua volta shogun, adottando lo Yagyu Shinkage Ryu come disciplina marziale ufficiale dello sgogunato. Yagyu Munenori, divenuto nel frattempo hatamoto (旗本, "sotto la bandiera") ossia feudatario alle dirette dipendenze del governo centrale acquistò via via maggiore influenza e maggior prestigio, durante il breve interludio di Hidetada, scomparso prematuramente, ma anche alle dipendenze del successore, Tokugawa Iemitsu. Viene considerato una delle figure politiche più importanti dell'epoca e si ritiene che ne abbia notevolmente influenzato gli avvenimenti ma naturalmente è vano pretendere di conoscere la reale influenza avuta da un consigliere segreto. Ci basti tuttavia per comprendere che Munenori possedeva una personalità non comune, emergente dalla massa, e che ci si può limitare a considerarlo un semplice insegnante, in grado di padroneggiare la tecnica ma sprovvisto di visione strategica. Yagyu Munenori condensò le linee principali della sua dottrine nel testo Heihô Kadenshô che si vuole scritto come risposta e dialogo a distanza con Takuan Sohô, celeberrima figura dello zen che a Munenori aveva dedicato il suo Fudochi Shinmyoroku. Tuttavia mancano conferme a questa tesi, resa meno attendibile da una ricostruzione dei tempi di composizione, che la vorrebbe grossomodo contemporanea all'opera di cui sarebbe una risposta.
La prima parte è un mokuroku (目録) ossia una catalogazione, a volte illustrata, delle tecniche e dei principi dell'arte. I mokuroku venivano rilasciati come attestato agli allievi che avessero superato la fase dell'apprendistato e raggiunto quello della piena conoscenza tecnica. Il linguaggio e la descrizione delle tecniche è spesso figurato e simbolico, per evitare che i segreti dell'arte vengano rivelati a persone venute illeggitimamente in possesso di un mokuroku. Forse per questo lo stesso Munenori sembra considerare il mokuroku nulla più che una introduzione. La seconda parte è intitolata La spada che da’ la morte, e qui vengono analizzati soprattutto la filosofia e la psicologia dell’arte della spada. La terza parte è La spada che da’ la vita, e da questa sezione prende il titolo l’intera opera.La terza sezione sviluppa, approfondisce e porta ad una conclusione i temi accennati nella seconda. E' qui che viene detto che il guerriero deve mettersi in condizioni di risparmiare la vita all’avversario, o prenderla ove fosse il solo sitema, o il sistema più indicaito per salvare la vita di tanti altri, lasciando che si compia il destino che le persone malvage hanno scelto autonomamente, senza che della loro sorte debba considerarsi responsabile la spada che pone loro fine o la mano che la impugna.
Le tre sezioni dell'opera trovano corrispondenza nei tre livelli in cui Yagyu Munenori suddivide la teoria e la pratica delle arti marziali: il livello destinato al semplice ashigaru (足軽, samurai appiedato), quello riservato al bushi (武士, cavaliere), quello infine che è prerogativa del capo di uomini o dell'uomo illuminato. Yagyu Munenori mette in grande rilevanza la necessità di lasciare la mente libera da ogni legame troncando ogni vincolo con pensieri parassiti, e non lasciandosi condizionare dalle circostanze del momento o dalle azioni dell'avversario. Gli stessi concetti che sono alla base della dottrina di Takuan Sohô e come il figlio di Munenori, Yagyu Jubei Mitsuyoshi (柳生 十兵 衞三厳, 1607-1650) rende nel suo testo Tsukimi no Shô con queste parole:
La mente è l’origine di tuttii i pensieri, quindi tutto inizia dalla mente. La mente è la prima cosa. Il primo di tutti I pensieri è l’azione iniziale. Di conseguenza è l’iniziativa che da’ inizio. Questo è lo scopo finale. Il primo di tutti I pensieri è quello che origina tutte le azioni.
In appendice al libro viene riportato un mokuroku dello Yagyu Shinkage ryu, quello conservato presso il tempio di Hozanji; è possibile che si basi sull'l'esemplare vergato nel 1601 da Yagyu Sekishusai Muneyoshi, padre di Munenori, se non sia addirittura quello. Era dedicato all’attore del teatro nô Konparu Sichiro, sappiamo infatti che Munenori era talmente appassionato di no da esserne rimproverato da Takuan, ed è probabile che anche Muneyoshi nutrisse la stessa passione.Le descrizioni e le analisi delle tecniche sono tuttavia più tarde: furono aggiunte da Matsudaira Nobusada, maestro dello Yagyu Shinkage ryu. Va osservato che quest’ultimo, al termine di ognuna delle minuziose descrizioni della tecnica illustrata, appone come sigillo e monito le parole una trasmissione orale, smentendo paradossalmente quasi a mo’ di koan, i paradossali problemi che il maestro zen propone all'allievo per provocare il corto circuito dei suo schemi logici e permetter il libero fluire del pensiero nativo, quanto da lui appena scritto
Il testo contiene gli ideogrammi katsu (vita) jin (persona) e ken (spada)
Proposta di traduzione:
(l'attaccante è alla sinistra)
Fai come lui, pensando alla Luna nell'Acqua, e fissa i suoi occhi.
Quando assumi un ritmo contrario causando il suo attacco, attacca, e blocca all'indietro.
Come in avanti, avanzare e ritrarsi numerose volte è importante.
Una trasmissione orale.
Takuan Soho: Fudochi Shinmyoroku
Sogni. Scritti di un maestro Zen a un maestro di spada
Luni, 1995,ISBN 88-7934-006-1
Il libro è stato edito anche nel 2001 in edizione economica nella collana Oscar Mondadori e più volte ristampato; purtroppo gli è stato arbitrariarmente dato il titolo, fastidioso, conformista e fuorviante di Lo zen e l'arte della spada
Takuan Soho (沢庵 宗彭, 1573-1645) è entrato da secoli nella leggenda: personaggio eclettico, che ha lasciato traccia di se ovunque lo abbiano portato i suoi passi decisi quanto erratici. Dobbiamo fare i conti con Takuan sia per quanto riguarda la dottrina zen - è considerato il maggior maestro della setta rinzai - che per la storia del Giappone nell'epoca probabilmente più controversa e contrastata della sua vita millenaria, il periodo di sanguinose guerre che segnò l'inizio dell'era Tokugawa, vittorioso nella grande battaglia di Sekigahara di ogni suo oppositore.
Takuan si dice infatti sia stato consigliere di fiducia di famosi generali, come Ishida Mitsunari sconfitto a Sekigahara e brutalmente giustiziato o Kuroda Nagamasa che da Sekigahara uscì invece vittorioso e con la fama di avere assicurato la vittoria all'armata dell'ovest, della stessa casata imperiale e del tennô Mizunoo, che abdicò nel 1629, e di grandi uomini d'arme come il samurai solitario Miyamoto Musashi e il grande maestro Yagyu Munenori, guardia del corpo e maestro d'armi dello shogun.
Perfino in cucina la sua presenza si avverte ancora: prende nome da lui un metodo di preparazione del daikon, il ravanello giapponese, che viene fermentato fino al punto di assumere il nome di takuanzuke e un sapore aspro, intimidente eppure allo stesso tempo fascinoso ed attraente, come si dice sia stato il carattere di Takuan e come indubbiamente appaiono al lettore molti suoi scritti.
Takuan, di famiglia samurai, aveva rivelato un precoce interesse per i temi religiosi, affrontati all'età di 8 anni, e a 10 prese i voti. Fu 4 anni dopo che iniziò lo studio della dottrina rinzai, sotto la guida del maestro che sembra abbia lasciato su di lui l'impronta più profonda: Shun-oku Soen. Ulteriori segni di precocità li diede divenendo a soli 36 anni abate del tempio di Daitokuji ma accompagnati da un dinamismo che potrebbe superficialmente essere considerato irrequietezza: passò gran parte della sua vita errando per il Giappone e manifestando in ogni occasione le sue idee, radicalmente lucide e talvolta invise al potere.
Fu infatti esiliato nel nord del paese dallo secondo shogun Tokugawa, Hidetada, ma richiamato ed anzi nominato alla guida del santuario dei Tokugawa, il tempio di Tokai-ji, dallo shogun Iemitsu. Scomparve nel 1645, chiedendo al momento della morte dii impugnare il suo pennello: vergò il carattere cinese 夢 (yume, sogno), ripose il pennello e spirò.
Aveva lasciato ai suoi accoliti queste istruzioni:
Seppellite il mio corpo sulla montagna dietro il tempio, copritelo con i detriti e tornate alle vostre dimore. Non leggete i sūtra, non officiate cerimonie. Non accettate alcun dono né dal monaco né dal profano. Lasciate che i monaci indossino le solite vesti e consumino i loro pasti e procedete come in un giorno qualsiasi
L'edizione italiana inizia con il testo Fudoshin Shinmyoroku, dedicato al maestro di spada Yagyu Munenori, e prende per questo il titolo di Sogni (ispirandosi al momento del trapasso di Takuan) ed il sottotitolo di Scritti di un Maestro Zen a un Maestro di Spada. Comprende tuttavia anche altri due scritti di Takuan, il Taiaki dedicato al maestro di spada Onoa Tadaaki, della scuola Ittô ryu, ed il Reirôshu.
Fudochi Shinmyoroku
(Testimonianza segreta della Saggezza Immutabile)
L'incipit di questa opera ci travolge e allo stesso tempo ci avvince:
Il termine ignoranza indica l'assenza della illuminazione, l'oscurità. E' come dire inganno, errore, illusione. Luogo di stallo è quello in cui la mente si ferma. Nella pratica del buddismo si dice vi siano cinquantadue stadi e, tra l'uno e l'altro di questi, il luogo su cui la mente si ferma viene detto luogo di stallo. La mente si ferma quando è trattenuta da un oggetto, un'azione, una riflessione, una preoccupazione la quale può essere di qualsiasi natura. Nell'ambito dell'arte marziale stessa fermarsi significa, ad esempio, osservare la spada in movimento mentre sta per colpire. La mente, fissa, si preoccupa della spada in sé, e non permette ai movimenti del combattente di essere liberi e compiuti. In quel medesimo istante l'avversario ha la meglio.
L' insegnamento di Takuan travalica le distanze temporali e culturali che ci separano da lui, e ha lasciato profonde indelebili tracce nell'insegnamento delle arti marziali. Ancora:
La mente è immutabile quando vede senza guardare. Per guardare si dovrebbe fermare. Quando la mente si ferma su qualcosa, poiché il cuore si riempie di ogni genere di preconcetti, trattiene diversi movimenti in sé. Quando i movimenti nella mente cessano, la mente che si era fermata si muove, senza però muoversi affatto.
Ma Takuan non è il primo, oltre non essere il solo e fortunatamente nemmeno l'ultimo ad avere lucidamente portato alla luce questi concetti: eccolo citare un provocatorio piccolo poema del monaco Bukkoku, vissuto circa 500 anni prima di lui:
Sebbene non ponga attenzione
nel suo compito,
sui piccoli campi di montagna,
lo spaventapasseri
non è posto invano
Reirôshu
(Il Tintinnío Cristallino delle Gemme)
L'opera inizia con un dialogo tra Takuan ed alcuni passanti, sulla priorità da accordare nel percorso della vita: alla sopravvivenza, giustificata perché non è possibile alcun percorso se viene meno la vita, o alla rettitudine, che ci può imporre la rinuncia alla vita? Ad uno di essi Takuan rispose:
Morire perché un insulto ci ha contrariati non è affatto questione di rettitudine. Questo è piuttosto dimenticare se stessi in un momento d'ira. Non è certo rettitudine, anche se ne ha l'aria. E' rabbia, nient'altro. Un uomo che si adira per l'insulto, si è già allontanato dalla rettitudine prima ancora di essere insultato. L'uomo retto, quando è tra le gente, non viene mai insultato. Essere insultati significa aver perso la propria rettitudine prima di aver ricevuto l'offesa.
Questo saggio parla dunque della natura e del destino dell’uomo e del guerriero, guardando direttamente il vero volto di sentimenti apparentemente conosciuti ma in realtà enigmatici per l'uomo non realizzato: la rettitudine, il desiderio, l'onestà, il dubbio, le qualità essenziali (dieci secondo Takuan).
Taiaki
(Annali della spada Taia)
In questo testo Takuan alterna dei principi espressi in lingua cinese ed in stile corsivo (inciso) a spiegazioni ed esemplificazioni in giapponese.
L'uomo che sa usa la spada ma non uccide altri uomini. Usa la spada e dà agli altri la vita. Uccide solo quando è necessario. Quando è necessario dà la vita
"Usa la spada e dà agli altri la vita" significa che la sua spada non deve essere necessariamente strumento di morte e, poiché gli alitri tremano al punto di essere simili a morti, quando vengono messi di fronte a questo principio, non è necessario ucciderli. "Usa la spada e dà agli altri la vita" significa che durante il combattimento con il suo avversario, lascia che sia l'altro a compiere i movimenti, osservandolo fino a che gli aggrada.
Secondo la saggezza cinese cui Takuan si ricollega, la saggezza stessa viene ricevuta senza che alcun maestro l'abbia rivelata, e in quel momento ci si accorgerà di possedere misteriose impensate facoltà. Questo stato dell' essere umano viene chiamato Taia, e l'autore illustra brevemente l'origine di questa leggenda: Taia era una spada preziosa e senza uguali, tempestata di gemme e in grado di tagliare qualunque cosa, senza che fosse in alcun modo possibile farle resistenza. Ecco perché le facoltà trascendenti dell'uomo illuminato vengono paragonate alla spada di Taia. Facoltà trascendenti, ma presenti allo stato latente in ogni essere umano, ed alla portata di ogni essere umano che voglia e sappia seguire la giusta Via.
Se segui il mondo odierno, volterai le spalle alla Via.
Se non vuoi voltare le spalle alla Via, non seguire il mondo”Takuan Sōhō