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Akira Kurosawa: Sugata Sanshiro, Parte II (Zoku Sugata Sanshiro)

1945

Denjiro Okochi, Susumu Fujita, Ryunosuke Tsukigata, Kokuden Kodo, Yukiko Todoroki

 

Sugata Sanshiro fu un successo, così lo studio mi chiese di prepararne un seguito. Questo è uno dei punti negativi della mentalità commerciale: sembra che le sezioni intrattenimento delle case cinematografiche giapponesi non abbiano mai ascoltato il proverbio del pesce nel ruscello, sotto il salice piangente: il fatto di averlo preso una volta non significa poterlo prendere sempre. Questa gente rifa sempre i film che hanno avuto successo in passato.

Loro non tentanto di sognare nuovi sogni; vogliono solamente ripetere quelli vecchi.

Per quanto sia stato provato che un rifacimento non supera mai l'originale, insistono in questa follia. La definirei folia di primo grado. Un regista che dirige un rifacimento lo fa con tale deferenza verso il lavoro originale che è come se cucinasse qualcosa di strano con gli avanzi, ed il pubblico che deve mangiarsi questo intruglio si trova in una posizione poco invidiabile.

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Sugata Sanshiro, Parte II, non fu un film molto buono. Tra le critiche ve ne fu una che diceva "Kurosawa sembra essere in qualche modo pieno di se". Al contrario, sento di essere stato incapace di metterci tutta la mia forza.

Akira Kurosawa, Something like an autobiography, p. 135 e 137

Citate queste parole di Akira Kurosawa, dobbiamo ricordare però che alla fine si lasciò convincere ed il seguito di Sugata Sanshiro ci fu, comprenderne le ragioni ed infine passare alla visione per farcene una nostra propria idea.

Kurosawa sostiene di essere rimasto particolarmente intrigato dalla possibilità di esplorare i sentimenti di Gennosuke Higaki, maturato dalla sconfitta subita contro Sanshiro ma costretto a riviverla una seconda volta attraverso l'impetuoso fatello Tesshin, più giovane e forse bisognoso di rivivere in prima persona le stesse esperienze, anche quando avvertito da chi già ci è passato che rimarranno inutili e negative.

Sanshiro verrà quindi sfidato ad un nuovo duello ad oltranza, per vendicare la sconfitta precedente. Fu questo interessante motivo psicologico che in definitiva spinse Kurosawa ad accettare la richiesta di dare un seguito alla sua fortunata opera di esordio.

Il duello finale si svolge ancora una volta in una impervia località di montagna, questa volta non sferzata dal vento ma sotto una coltre di neve, e Sanshiro deve ora affrontare l'arte del karate, con una piccola forzatura storica: il karate iniziò infatti a diffondersi in Giappone solamente a partire dal 1922 quando il maestro Gichin Funakoshi vi si trasferì dalla nativa Okinawa per insegnare seguendo il suo metodo, che venne chiamato Shotokan. La vicenda di Sugata Sanshiro II è ambientata nel 1887, questo confronto tra la scuola Shudokan (Kodokan nella realtà) e una scuola di karate pre-Shotokan è di conseguenza perlomeno improbabile.

Il leitmotif sul quale Kurosawa decise di impostare la nuova opera fu il brusco cambiamento nella società giapponese imposto dalla forzata convivenza con le forze di occupazione straniere.

Agli albori dell'epoca Meiji infatti, in cui è ambientata la vicenda di Sugata Sanshiro, ed esattamente nel 1853, il secolare isolamento del Giappone era stato forzato dall'arrivo di navi militari statunitensi, al comando dell'ammiraglio Perry, che imposero praticamente con la forza l'apertura delle frontiere. Negli anni successivi le maggiori potenze occidentali stabilirono numerose stazioni commerciali sul suolo giapponese. In passato una sola stazione era stata consentita, quella concordata con l'Olanda e basata sull'isola artificiale di Deshima in Osaka, con diritti di scambio molto limitati: in pratica una sola nave all'anno.

Inziiò quindi in epoca Meiji una forzata convivenza con gli stranieri e con i loro usi e costumi, essendo il Giappone dilaniato da un lungo periodo di guerre civili che vide dapprima le forze progressiste legate al governo dello shogun contro quelle tradizionaliste che appoggiavano l'imperatore (Meiji appunto) e quindi diviso ed impotente. In seguito lo stesso governo imperiale vennealle prese con i tradizionalisti intransigenti che a vittoria avvenuta si ribellarono anche contro il regime da loro sostenuto, reo di avere concesso troppo alle pretese degli stranieri violando il tacito patto con i suoi seguaci. In questa situazione confusa ebbero buon gioco le potenze straniere: munirono i loro insediamenti di forze militari e ne fecero delle enclavi in cui le leggi e le usanze giapponesi venivano stravolte. Inevitabilmente il 'contagio' si estendeva anche alle zone circostanti, poiché gli stranieri tendevano ad esportarvi le loro regole assumendo un atteggiamento di colonialistica sufficienza verso i 'nativi' e le loro 'primitive' usanze.

Nelle sequenze iniziali vediamo infatti arrivare un marinaio occidentale sopra un jinrikisha - leggero calessino a trazione umana introdotto a partire dal 1870 e da noi conosciuto come ricsiò e su cui avevamo già visto in Sugata Sanshiro il maestro Shogoro Yano.

Furente perché non riesce a farsi comprendere dal jinriki ha un arrivo traumatico e burlesco, agitandosi al punto da far ribaltare il calessino sotto il suo peso essendo il conducente di taglia molto più leggera, come la maggior parte dei giapponesi a confronto con l'occidentale medio.

Una trasparente metafora della seconda occupazione militare, che seguì la seconda guerra mondiale, e su cui Kurosawa tornerà regolarmente ad infierire nel corso del film. La vicenda inizia a Yokohama nel 1887, ossia circa 2 anni dopo le vicende narrate nel primo Sugata Sanshiro.