Ignorato da molti, seminascosto alle pendici del Gianicolo all'interno del grande Orto Botanico di Roma, esiste un secondo giardino giapponese progettato da Ken Nakajima, creatore anche del giardino dell'Istituto di Cultura Giapponese.

E' ricco secondo la tradizione di giochi d'acqua, con una ridente cascatella al centro, due laghetti e quella che viene definita nelle didascalie una pagoda.

Ma che assomiglia piuttosto ad un gazebo, essendo una struttura ad un solo piano aperta verso il lato del giardino, che permette di sostare nella contemplazione oppure, affacciandosi alle finestre prive di alcuna barriera - che sia vetro o carta oleata secondo la tradizione orientale - di contemplare il panorama di Roma, ancora impressionante nonostante tutte le recenti brutture che ne hanno deturpato l'immagine millenaria.

L'architetto, con la sensibilità che lo ha contraddistinto anche nell'altra sua opera romana, non ha voluto introdurre eccessivi elementi esotici e non ha voluto privilegiare alcunché, alternando essenze giapponesi a quelle locali, quelle sempreverdi alle caducifoglie.

Obiettivamente le condizioni dell'intero complesso non sono migliori di quelle di tanti altri centri culturali italiani, enormemente distanti dal raggiungere la sufficienza, quando potrebbero essere motivo di orgoglio e meta privilegiata di cittadini e turisti.

Sono condannati invece per incuria dovuta a mancanza di mezzi e di interesse da parte della classe dirigente a rimanere sconosciuti o visitati solamente da pochi temerari, specialmente in quella che era annunciata come la giornata più torrida dell'anno in cui si consigliava vivamente, sembra che le autorità non sappiano dare consigli migliori, di non uscire nemmeno di casa.

 

 

Nella foto sono visibili le condizioni di degrado in cui versano lo Scalone Monumentale e la Fontana degli zampilli, priva di acqua da chissà quanto tempo ed inaccessibile.

La fontana è chiusa da una inferriata, mentre un cartello alla buona non fornisce alcuna spiegazione o previsione sulla riapertura ma si limita ad ammonire il visitatore che varcando la barriera lo fa a suo rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

L'ingresso dell'Orto Botanico si trova a via Corsini, poco discosto dagli ingressi di 2 importantissimi complessi artistici, la Farnesina con gli incomparabili affreschi di Raffaello e la Galleria d'Arte Antica di Palazzo Corsini, nonché alla sede della più importante Accademia italiana, quella dei Lincei.

Consigliamo al visitatore di affrontare dal lato sinistro la salita verso il giardino giapponese, che si trova alla sommità dell'orto, che degrada dal Gianicolo verso il sottostante quartiere di Trastevere.

Da quel lato una lunga e serpeggiante scalinata si insinua all'interno di diversi boschetti di bambu, riparando dalla calura ed introducendo attraverso queste essenze esotiche al cambio culturale che affronteremo una volta arrivati al giardino.

Man mano che si procede lungo la salita le piante più giovani, dall'intenso colore verde scuro, cedono il passo ad esemplari più maturi, ed infine a quelli giunti al culmine della loro crescita, con tronchi spessi quanto un arto umano, e dal colore caldo.

Si direbbe una rappresentazione simbolica del trascorrere della vita umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'architetto Nakajima, fedele alla tradizione culturale del suo popolo, non ha tentato di piegare la  natura alla volontà dell'uomo, ha semplicemente, ma quanto ardire dietro questa apparente semplicità, provveduto a mettere la natura nelle migliori condizioni per esprimersi liberamente, riducendo al minimo ove non addirittura eliminando l'intervento umano.

Per questa ragione il giardino giapponese sembra sfuggire almeno parzialmente al degrado in cui giace gran parte del resto dell'Orto a causa della manutenzione materialmente insufficiente od assente, o forse prestata senza la indispensabile dose di conoscenza dell'oggetto o della creatura vivente cui si deve accudire.

 

Qui è la natura stessa che vede e provvede a se stessa, e regola armoniosamente i conflitti tra i vari ambienti, aridi od umidi, tra le varie essenze, tra le varie componenti del mondo minerale, vegetale, animale.

I fitti impenetrabili cespugli sembrano voler proteggere il giardino da ogni intrusione, vietarne l'accesso, si limitano invece ad indirizzarlo, a suggerire il percorso che porti nel modo più gradevole verso i luoghi più suggestivi.

L'acqua è come sempre uno dei temi dominanti, scendendo dolcemente dalla sommità verso il laghetto inferiore, con un ininterrotto mormorio, dando ospitalità a numerose piante spontanee o selezionate, e a tutta la piccola fauna che ama l'acqua o vi vive.

Come già detto la piccola struttura in legno che si trova praticamente alla sommità del piccolo ma immenso giardino è aperta verso l'interno e dotata di sedili, in modo da potervi trovare rifugio dalla calura o dalla pioggia, dal vento o dal freddo, sostandovi per ammirare l'opera della natura, assecondata dall'umile ma coscienzioso lavoro dell'uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La felice dislocazione del luogo ha permesso all'artista di avere la grandiosa idea di dare al visitatore la possibilità di affacciarsi verso l'interno, verso il giardino, o verso l'esterno.

Ove come abbiamo già anticipato si distende il panorama dei millenni di storia di Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma, ci chiediamo, era proprio necessario sconciare questa splendida intuizione sistemando proprio fuori del belvedere un nefando manufatto in plastica grigia, probabilmente una scatola di derivazione elettrica od idrica?

Concediamo pure che sia assolutamente necessario per la manutenzione o quanto altro: ma questa sistemazione non è una offesa verso qualunque essere umano dotato di un minimo, non diciamo nemmeno di cultura, ma almeno di sensibilità?

 

 

 

 

 

 

Tentiamo di dimenticare e farvi dimenticare questa offesa al buon gusto ed al buon senso proponendovi in chiusura un'altra immagine dello splendido laghetto inferiore.