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Hidetora ormai privo di senno viene soccorso da Tango Hirayama e dal buffone Kyoami, che per ironia della sorte lo ricoverano in una capanna buia abitata da uno strano personaggio. E' Tsurumaru, fratello di Sue: l'innocente che Hidetora ha accecato per spegnere sul nascere ogni sua possibilità di vendetta.

Tsurumaru non ne cerca: non potendo offrire altro ai suoi ospiti, li rasserena col suono del suo flauto. Il vecchio Hidetora respinge l'idea di trovare rifugio presso il figlio Saburo, avverte animalescamente anche nella sua follia di avere mancato nei suoi confronti.

Sarà Tango, lasciato Hidetora alle cure di Kyoami, folle di professione che si dimostra più lucido e più umano di chi lo circonda, ad andare a cercare Saburo per chiamarlo a salvare suo padre.

Nel frattempo la follia di Hidetora e la sua scomparsa nel nulla non hanno portato pace nel castello: non era lui la pietra dello scandalo, non era lui ad attizzare la discordia e l'odio, che si autoalimentavano negli animi di chi lo attorniava quando era il grande Hidetora, circondandolo di lodi e attenzioni.

Il sogno di grandezza di Kaede sembra svanire, annientato dal colpo di fucile a tradimento che ha eliminato da questa tragica partita a scacchi il primogenito Taro, debole fantoccio nelle sue mani.

Apparentemente remissiva, è la stessa Kaede a consegnare al cognato Jiro l'elmo che fu prima di Hidetora e poi di Taro, emblema del potere.

 

Si tratta solo di uno stratagemma: a tu per tu con il cognato Kaede lo assale, come una tigre, gli sottrae il tanto che Jiro porta sempre alla cintura e lo ferisce crudelmente, senza che lui riesca ad opporre la minima resistenza.

Ma non è la sua vita che vuole Kaede, è il potere. Se non c'è più Taro, sarà Jiro lo strumento della sua ambizione.

Kaede gli offre in alternativa alla morte allo stesso tempo il potere e se stessa.

 

 

 

 

La macchina da presa non indulge in particolari morbosi: il maestro Kurosawa sa bene che il potere evocativo di una sottile allusione è 1000 volte più potente ed efficace di ogni plateale esibizione.

L'elmo del guerriero è avvolto nelle spire mortali della cintura di Kaede, non inquadrata, che la riavvolge lentamente dando allo spettatore la sensazione che un serpente micidiale si stia ritirando dalla sua preda.

 

 

 

 

Kaede e Jiro si ricompongono, apparentemente impassibili. Il patto scellerato è stato concluso, ma Kaede non può tollerare di essere una semplice concubina né di dividere con alcuno al mondo il suo potere e le sue prede. L'innocente Sue non dovrà essere semplicemente ripudiata in favore di Kaede: deve morire.

 

 

 

 

 

 

Sorprendentemente il cinico e spietato Kurogane non condivide: secondo la sua etica è necessario uccidere quando ne derivi un vantaggio per la causa del suo signore, che lui ha deciso di seguire fino alla morte con assoluta e incondizionata fedeltà.

Ma uccidere senza ragione una persona innocente non è ragionevole. Kurogane rifiuta con fermezza di eseguire l'ordine, e ricorda di essere al servizio della casata degli Ichimonji, e non di Kaede.

 

 

 

 

Kaede insiste, ma Kurogane la piega: tornando con un involto lo consegna ritualmente a Kaede, che lo apre convinta di trovarvi la testa mozzata di Sue. E' invece una scultura in rozza pietra che rappresenta la testa di una volpe.

La volpe è un animale presente ovunque nelle affabulazioni giapponesi, quasi sempre come spirito maligno che si incarna in una donna prendendone le sembianze, seminando discordia tra gli esseri umani fino al momento in cui viene provvidenzialmente smascherata.

Giocando pesantemente sull'equivoco Kurogane invita il suo signore a stare in guardia dalle volpi che hanno assunto le sembianze di donna. Nel frattempo ha segretamente avvertito Sue di mettersi in salvo.