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Musubi.it si atttrezza per passare a una nuova versione che potremmo definire 4.0 senza stare a spiegarne le ragioni se non una: il progresso. Marcia inesorabilmente, anche se non sempre si capisce dove voglia andare, mettendoci spesso nelle condizioni di dover cambiare anche quello che avremmo voluto lasciare immutato. Il supporto alla piattaforma tecnica di musubi.it si è ormai arrestato ed è necessario sceglierne una nuova tra quelle disponibili, testarla, implementarla, pubblicarla. E' presto per sapere queli saranno le successive tappe e le relative tempistiche, ma fondamentalmente possiamo ipotizzare due differenti percorsi.
Sappiamo che il dojo non è una normale palestra dove chi frequenta si allena secondo finalità proprie, magari seguito da un personal trainer che gli fornisce un programma individualizzato. Il dojo è una “famiglia” guidata dal maestro che, proponendo l’Aikido secondo la sua personale visione, porta le persone verso un obiettivo comune che nella mente di ogni maestro dovrebbe essere molto chiaro e ben definito, sia per quanto concerne la meta finale che per quanto concerne il percorso tecnico e didattico da seguire. Ma l’aspetto tecnico non è l’unico. Altrettanto importante è l’aspetto umano. Il maestro dovrà costantemente vigilare e guidare il gruppo affinché si crei un corretto intreccio di rapporti umani fra lui e gli allievi e gli allievi fra di loro.
Shōhei Imamura: Pioggia nera (Kuroi ame)
1989
Yoshiko Tanaka. Kazuo Kitamura, Etsuko Ichiwara, Shoichi Ozawa
L'omonimo libro di Masuji Ibuse, sopravvissuto al bombardamento atomico di Hiroshima (edito in Italia da Marsilio) tratta del disperato infruttuoso tentativo di tornare a una vita quanto più possibile normale dopo la tragica esperienza, di cui si sarebbero portati per sempre i segni e il presagio di morte immatura e dolorosa. E' un genere conosciuto col nome di genbaku bungaku, "letteratura della bomba" che testimonia la gravità dell'impatto della tragedia non solo nei corpi delle vittime ma anche se non soprattutto nei loro animi. L'opera di cui tratteremo ne riprende fedelmente le linee.
Accedeva in passato che si rivolgesse a un maestro di arti marziali chi intendeva prepararsi al meglio per il confronto, cosciente della gravità dell'impegno che si assumeva. Oggi l'addestramento non è più affrontato da chi si senta potenzialmente forte, in grado di affrontare eventualmente il mestiere delle armi e desideroso di impegno. Ma spesso al contrario da chi si sente debole, non all'altezza degli impegni della vita, e ricerca una via che lo guarisca dal suo male interno.
Ikeda Masatomi si trasferì in Svizzera negli anni 70 a consolidare un movimento aikidoistico già avviato, in Italia fu invece un pioniere. Arrivò su richiesta di Tada sensei nel 1965 o forse 1966 e io lo incontrai casualmente appena arrivato, il primo giorno che si recò al Ueshiba Morihei Dojo in Roma. Era arrivato un po' in anticipo (le chiavi del dojo le avevo io) e in attesa si era seduto sul marciapiede facendo amicizia con gli allievi già sul posto. Aveva all'epoca circa 26 anni, essendo nato l'8 aprile 1940.
Constatiamo che al giorno d'oggi, forse inavvertitamente, alcuni di noi insegnanti cercano, curano la soddisfazione del praticante. Giusto, necessario: ma il praticante deve essere sereno con sé stesso quando è consapevole di avere utilizzato al meglio, per il bene, le sue energie. Non solo quando ha conseguito un vantaggio materiale, confermato con attestati da mostrare orgogliosamente a sé stesso prima ancora che ad altri.
L'annuncio della pubblicazione in italiano della autobiografia del maestro Hiroshi Tada è un stato avvenimento epocale che non consentiva indugio. Era necessario parlarne immediatamente, senza attendere di essere arrivati all'ultima delle 408 pagine, che andranno comunque periodicamente rilette e meditate col trascorrere del tempo.
Hiroshi Tada
Aikido ni ikiru
Vivere nell'aikido
2024, 408 pagine
Casadei Libri
Disponibile anche su Amazon
Accennato già - e più volte - al momento di stasi di questo sito, promettendo che fosse un "momento momentaneo" e impegnandomi a spiegarne le ragioni e le evoluzioni nel tempo... Essendo ogni promessa un debito: eccomi qua. Il seguito a breve.
Ricorrono nel 2023 100 anni dalla prima opera di Kenji Mizoguchi, uno dei più importanti maestri del cinema giapponese. Eppure quando accade di nominarlo ben poche persone, se non accanite cinefile, mostrano di conoscerlo: Vale la pena di accennare non ai perché, non li conosciamo, ma ai crudi fatti. Poco o nulla si sa dell'opera di esordio, Ai ni yomigaeru hi (L'amore riconquistato) e della sua prima produzione. Iniziò veramente la sua ascesa negli anni 40, e ne abbiamo già recensito I 47 ronin (1941), Miyamoto Musashi (1944), La spada Bijomaru (1945), Le donne di Utamaro (1946). Facile vedere come fosse un autore prolifico, al momento della sua prematura morte per leucemia nel 1956, a 58 anni, aveva diretto oltre 100 opere.