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Lo Haiku è una forma poetica molto breve ma con regole molto complesse. Il componimento consta di un totale di 17 sillabe suddivise in tre versi di 5-7-5 sillabe. La sua storia ha radici nella letteratura classica anche se l’odierno Haiku nasce alla fine del XIX secolo.

Nel Manyoshu (antologia del 759 d.C.) troviamo versi detti Waka che hanno un ritmo 5-7-5 / 7-7. La prima parte dei Waka è la progenitrice dell’attuale Haiku. I versi iniziali dei componimenti, di 5-7-5 sillabe, erano detti Hokku come si definiscono piú propriamente i versi famosi di poeti come Matsuo Bashō (1644 – 1694). Gli Hokku erano i versi di esordio di poesie anche piú lunghe dette Haikai no Renga (catena di versi). Con il tempo gli Hokku divennero sempre piú importanti tanto da affermarsi l’abitudine di comporli senza piú proseguire. Alla fine del periodo feudale e con l’apertura all’occidente, nella seconda metà del XIX secolo, si rischiò di cancellare queste forme letterarie del passato, ma una forma di Haikai detta Tsukinami Haiku, era ancora molto popolare e gli appassionati pagavano i poeti che, nonostante gli influssi letterari provenienti dall’occidente, restarono fedeli alla forma classica. Ciò salvaguardò lo stile e le regole rigide di questa composizione poetica.

Nel 1855 infine con “Haikai Taiyoo” (“Sullo Haiku”) Masaoka Shiki superò gli Tsukinami Haiku e gettò le basi dello Haiku moderno traghettando questa forma poetica dall’antico e classico Hokku degli Haikai no Renga all’attuale Haiku che finalmente diventa un termine che definisce una composizione poetica completa ed autonoma. Nel XX secolo questa arte poetica si diffonde in occidente e nel resto del mondo. Vengono scritti haiku in diverse lingue, pubblicati libri ed indetti concorsi. Le regole fondamentali sono rimaste rigide in Giappone ma a volte adattate per i componimenti in altre lingue.

Scheda proveniente da Notizie dal Giappone, Settembre-Ottobre 2001, periodico pubblicato dall’Ambasciata Giapponese in Italia.

Il tanka (短歌, letteralmente "poesia breve") è un componimento poetico d'origine giapponese di 31 morae (parola latina che significa pausa, indugio, cadenza). È formato da 5 versi di 5 e 7 morae così disposti: 5, 7, 5, / 7, 7. È diviso in due parti: i primi tre versi formano il kami no ku (上の句), strofa superiore), gli ultimi due lo shimo no ku (下の句, strofa inferiore); le due parti devono produrre un effetto contrastante.

Nato nel V secolo d.C., grazie alla sua versatilità e alla pratica ininterrotta, non ha subito variazioni nel corso dei sedici secoli della sua storia. Ancora adesso l'imperatore indice annualmente una competizione per il miglior tanka dell'anno, fornendo il tema a cui attenersi.

A partire soprattutto dal XVII secolo, i primi tre versi iniziarono ad essere usati come una poesia a sé, dando così vita all'haiku, che per la sua estrema brevità richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine.

L'ultimo verso è il kigo (riferimento stagionale), un accenno alla stagione che definisce il momento dell'anno in cui viene composto o al quale è dedicato l'haiku. Soggetto dell'haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo dell'haijin (il poeta).

La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare.

 

 

 

 

 

 

 

Gli haiku tradizionali non hanno alcun titolo. Chi ha tentato di classificare le tecniche haiku ha elencato degli schemi di comparazione, di contrasto, di similitudine, di metafora, e ancora episodi di vita vissuta, giochi di parole, doppi sensi; alcuni schemi sono peró difficilmente decifrabili nella nostra cultura e vanno lasciati cosí come sono, affidandoli alla sensibilità del lettore.

Tali stilemi squisitamente giapponesi possono esse il sabi¸rendibile in italiano come patinatura, levigatura effettuata dal tempo, il wabi che possiamo intendere come austerità o gusto delle cose semplici, lo yuken che identifica un senso di impenetrabile profondità di cui puó essere permeato l’haiku.

Tra i maggiori artisti attivi nel campo degli haiku, oltre al già ricordato Matsuo Basho (1644-1694) dobbiamo menzionare almeno Yosa Buson (1716-1783) che di basho fu ammiratore ed emulo, Kobayashi Issa (1763-1828) e il riformatore dell'era moderna Masaoka Shiki (1867-1902).

L'arte dell'haiku con la graduale apertura del Giappone all'Occidente (a partire quindi dal 1868) si è diffusa in tutto il mondo e molti dei maggiori poeti contemporanei vi ci sono cimentati.

 

 

 

 

 

 

 

 

Kobayashi Issa

Autoritratto

E' accompagnato da un haiku che recita:

meigetsu wo
totte kurero to
naku ko kana

che suonerebbe in italiano come

cerco di fermare
la luna crescente...

il bambino che piange!

 

 

 


Ukita Ikkei (1795-1859)

La rete del governo

Rotolo su carta, cm 168 x 58,9

Kishimoto Kōichi, Hyōgo

Apparentemente una sorta di innocente haiku figurato, questo dipinto è in realtà costato anni di prigione al suo autore.

Raffigura con una allusione sottile quanto esplicita e tipicamente giapponese, la rete governativa con cui lo shōgun, rappresentato dal ragno, avviluppa e fagocita senza speranza alcuna di resistenza le creature delicate che rappresentano i sudditi.

Sullo sfondo del cielo nuvoloso assiste impotente la luna, simbolo dell’Imperatore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come ormai sappiamo l’haiku è un breve componimento di tre righe non in rima.

Il primo verso e l’ultimo sono di cinque sillabe, quello centrale di sette. Ma ci sono altre regole stringenti da osservare: spesso nell’haiku, perlomeno secondo le regole moderne codificate nel 1890, deve essere presente una parola, chiamata kigo, che identifica la stagione, come negli esempi convenzionali che seguono.

 

Primavera:

Alito di vento

Mollusco

Fiore di ciliegio

 

La dicitura della stampa, di Ando Hiroshige, recita così:

Su roccia e sabbia e sciacquando l'onda

il gioiello, l'awabi, pulisce se stesso

Si cambia la fodera del kimono, la primavera è qui

e si pulisce il pesce sayori per la festa di primavera

Vorrei trasformarmi in una creatura fine abbastanza

da seguire l'awabi nelle fessure tra gli scogli

L'awabi (abalone) è un mollusco bivalve presente spesso nella cucina orientale. Nella composizione l'artista ha inserito anche un ramo fioritoi di pesco, ulteriore richiamo alla primavera.

 

Estate:

Arcobaleno

Formica

Girasole

 

Ando Hiroshige

Marzo 1856

Tsushima: serata serena sulla costa

da Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province

 

 

 

 

 

 

Autunno:

Luna

Salmone

Fagiolo di soia

 

Ando Hiroshige

1836 circa

Falce di luna e oche selvatiche

 

 

 

 

 

 

 

 

Inverno:

Neve

Gufo

Carota

 

Ando Hiroshige

1932-33 circa

Gufo su un acero sotto la luna piena

 

 

 

 

 

 

 

 

Le tre linee del componimento sono legate tra di loro in maniera astratta, come per invitare il lettore ad un gioco, quello in cui una persona pronuncia una parola e una seconda risponde con la prima associazione di idee che gli viene in mente.

Nell’haiku il poeta deve gestire allo stesso tempo le tre linee, non le singole parole. Normalmente si usano le prime due linee per comporre un quadro nella mente del lettore, e la terza per frapporre una rottura, in modo che il lettore veda tutto da un angolo differente.


Sebbene le sue origini siano assai remote nel tempo, in seguito al volontario isolamento cui si è sottoposto il Giappone nell’epoca Edo l’haiku è stato conosciuto nel mondo occidentale solo a partire dal 1868, con la progressiva apertura delle frontiere. Le prime traduzioni sembra siano state effettuate da visitatori francesi che si erano recati in Giappone e che 1905 pubblicarono in Francia il loro lavoro. Seguirono, nel 1910, due antologie haiku pubblicate in Francia ed in Inghilterra.

Anonimo di epoca Kamakura (XIV secolo)

Tōhoku’in Uta-awase (concorso di poesia al Tōhoku’in)

Inchiostro su carta, cm 29,5 x 533,5

Museo Nazionale di Tokyo

Bene Culturale Notificato

La dicitura riporta che nella tredicesima notte del nono mese del secondo anno di Kempō (1214) un gruppo di artigiani riunitosi nei Giardini di Nord Est per un nembutsu (invocazione del nome di Amida) ha organizzato un concorso di poesia ad imitazione dell’usanza nobiliare di organizzare riunioni notturne per celebrare con l’improvvisazione di poemi waka e renga la bellezza della luna.

Il dipinto raffigura i vari partecipanti, divisi nella squadra di sinistra, composta dal medico e poi dal fabbro e dal pulitore di spade, dalla servente del tempio e da una pescatrice di perle; a quella di destra appartenevano l’indovino, il falegname, il fonditore, il giocatore d’azzardo e il venditore ambulante.

Il particolare rappresenta l’hanja (arbitro) dell’evento, nel caso specifico il kyōji (copista del sutra), che al termine della composizione ha composto a sua volta un poema sulla bellezza della luna nelle notti d’autunno.

Sebbene sfuggite al grande pubblico queste due antologie attirarono l’attenzione degli Imagist, un gruppo di poeti anglo-americani acquartierati tra Londra e Chicago intorno al 1915. Erano tra loro personaggi come James Joyce, D.H. Lawrence, Amy Lowell, Marianne Moore, Ezra Pound, Carl Sandburg e William Carlos Williams, che adottarono la forma dell’haiku considerandolo come il poema ideale “nel quale l’immagine non è un mezzo ma il fine, in cui l’immagine non fa parte del poema ma è il poema”. Negli anni che seguirono gli haiku conobbero una grande popolarità e una vastissima diffusione nel mondo della letteratura inglese.

Ma anche sl di fuori della letteratura anglosassone gli haiku si affermarono come un rivoluzionario ed innovatore, per quanto antico, mezzo di espressione. Vi si cimentarono tra gli altri l'indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) e l'argentino Jorge Luis Borges (1899-1986).

La composizione più celebre in assoluto di Salvatore Quasimodo (1901-1968), di cui viene spesso citato a torto solo l'ultimo verso, è anch'essa un haiku:

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e subito sera

Shojō Shōkadō (1584-1639)

Sanjūrokkasen

Album, cm 19,8 x 17,3

Inchiostro su carta colorata e laminata con oro e argento

Museo Nazionale di Tokyo

Il monaco Shōkadō è considerato uno dei Tre Grandi Calligrafi della sua epoca, assieme a Kōetsu e Nobutada. Amó riutilizzare gli antichi caratteri hiragana esaltandone la fluidità stilistica.

Il Sanjūrokkasen è un’antologia di trentasei poemi waka, composti da trentasei poeti arcaici.