Ricorrono nel 2023 100 anni dalla prima opera di Kenji Mizoguchi, uno dei più importanti maestri del cinema giapponese. Eppure quando accade di nominarlo ben poche persone, se non accanite cinefile, mostrano di conoscerlo: Vale la pena di accennare non ai perché, non li conosciamo, ma ai crudi fatti. Poco o nulla si sa dell'opera di esordio, Ai ni yomigaeru hi (L'amore riconquistato) e della sua prima produzione. Iniziò veramente la sua ascesa negli anni 40, e ne abbiamo già recensito I 47 ronin (1941), Miyamoto Musashi (1944), La spada Bijomaru (1945), Le donne di Utamaro (1946). Facile vedere come fosse un autore prolifico, al momento della sua prematura morte per leucemia nel 1956, a 58 anni, aveva diretto oltre 100 opere.
Masato Harada,2017: Sekigahara
Junichi Okada, Kasumi Arimura, Koji Yakusho, Takehiro Hira
Ancora un Musashi? Sì e stanno molto bene assieme, trovandosi agli estremi opposti. Prima le recensione di una serie televisiva del 2003 di 50 puntate, distribuite nell'arco di un anno, e ora una pellicola del 1944 di 55 minuti. E diretta da Kenji Mizoguchi... Andiamo avanti?
Musashi (2003) è una serie televisiva della NHK. I cosiddetti serial, ossia racconti a puntate trasmessi in televisione, sono sempre stati un punto di forza di questo mezzo di diffusione. Inclusa l'Italia dove fin dai primi anni di trasmissioni alcuni pezzi forti erano quelli che si chiamavano allora sceneggiati televisivi. Erano prevalentemente ambientati nel 1800, forse per riutilizzare più volte costumi e scenografie, articolati di solito in 4 o 5 puntate, seguiti e apprezzati da milioni di spettatori.
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