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Gli strumenti necessari per la fabbricazione del tantô, partendo dall'oggetto già abbozzato, sono pochi e semplici.

Occorre resistere alla tentazione di lavorare esclusivamente per abrasione: procedendo a mano con legni molto duri si rischierebbe l'esaurimento nervoso, e la situazione non migliora di molto con le levigatrici orbitali: ne occorrerebbe una a nastro, ingombrante, rumorosa e che produce molta polvere e segatura di scarto (e quando dico molta intendo molta). E' preferibile utilizzare una pialla, in alto. Richiede però un buon periodo di pratica prima di arrivare a risultati accettabili ed il pezzo deve essere fissato saldamente per poterlo lavorare. Inoltre è un attrezzo adatto soprattutto a preparare superfici piane, tantevvero che viene anche chiamato pianuzza e si presta male se si è scelto di dare al tanto un certo grado di curvatura (sori, ormai dovremmo saperlo).

Personalmente preferisco utilizzare delle banali lame di acciaio flessibile, del tipo utilizzato dagli imbianchini per livellare le stuccature nei muri (spatole). Il prezzo è irrisorio, sono disponibili in infinite dimensioni e gradi di flessibilità, si possono portare ovunque, si possono utilizzare anche a mano libera, se necessario anche tenendo fermo il pezzo semplicemente con l'altra mano, si adattano facilmente a lavorare su superfici curve

Hanno l'unico inconveniente di incidere relativamente poco, il numero di passate necessarie per ottenere l'effetto voluto è superiore e di molto a quelle richieste per la pialla. Ma non è detto che sia un inconveniente: questo tipo di attività non ammette impazienza, e con la pialla è facile asportare troppo per eccesso di entusiasmo ritrovandosi con un pezzo di legno non più utilizzabile, o perlomeno non come tantô.

Qui vediamo un tantô che si trova già vicino alle fasi finali della lavorazione: è stato sgrossato con l'utilizzo della lama.

E' stata utilizzata anche per lavorare il piano degli shinogi, raccordando con questa rastrematura i fianchi ed il dorso della lama.

La carta vetrata, di grana non superiore al 200, interviene solamente per rifinire quando è terminato il lavoro della lama.

Ulteriori passate, dopo aver trattato il legno con olio di oliva vergine, verrano date utilizzando grana 600 od 800 per i legni relativamente teneri, 800-1200 per quelli più compatti.

Un'altra delle tentazioni cui bisogna resistere è proprio quella di utilizzare i costosi oli chimici "per legno" disponibili sul mercato: sono sgradevoli durante la lavorazione e non comportano alcun vantaggio rispetto all'olio di oliva extra vergine, che non irrita né la pelle né il legno, che si trova ad una frazione del costo e i cui esuberi si possono utilizzare in cucina senza problemi di smaltimento (come vi potrà entusiasticamente confermare qualunque maestro nipponico che abbia assaggiato a Roma le puntarelle).

Una semplice cassetta di legno può essere utilizzata sia per il trasporto del tantô in lavorazione e dei relativi strumenti, sia come rudimentale ma efficace banco di lavoro, che oltre a fornire i necessari punti di appoggio e di leva permette di raccogliere i trucioli e la segatura senza sporcare l'ambiente di lavoro.

Nella foto è possibile notare che il tantô ha la punta mozza, per quanto la vista laterale faccia immaginare il contrario.

E' una misura di sicurezza su cui non si insisterà mai abbastanza. Chi vuole evitare anche ogni minima possibilità di incidenti farà bene a smussarne anche i bordi, evitando spigoli vivi.

Per la verità però è una precauzione da prendere soprattutto per l'estremità del manico, da arrotondare per evitare che possa far male ad uke durante le manovre di disarmo.

Per firmare le proprie opere è preferibile l'uso di un saldatore con punta fine ma di discreta potenza, altrimenti non si riuscirà ad avere ragione dei legni più duri. Quelli a gas possono essere utilizzati ovunque, quelli elettrici arrivano a potenze maggiori,  a volte necessarie.

La firma va apposta sul lato omote del tantô, che è quello mostrato nella foto. Sull' altro lato (ura) si incidono sempre a fuoco - eventualmente - la data, il nome del proprietario, una dedica.

Ci sarebbe da aprire un capitolo a parte sulle firme (mei): gli spadai utilizzavano di preferenza degli ideogrammi particolari, che spesso non vengono più riconosciuti al giorno d'oggi. La mia firma (Bokumoto) ad esempio è stata riconosciuta solo parzialmente al primo acchitto da Fujimoto sensei. L'ideogramma moto da me scelto è infatti se non ricordo male il ventiduesimo tra quelli realmente utilizzati in passato e non ha nulla in comune con il moto utilizzato invece nel suo cognome..

La firma completa dice Bokumoto saku (Legno-moto fece) e riprende lo stile di firma, con due ideogrammi riservati al nome ed il terzo alla dicitura saku oppure tsukuru, preferito alcuni secoli or sono. In epoca successiva le firme divennero più complesse, arricchendosi di titoli onorifici.

Perché Bokumoto? Kane che invece significa acciaio è presente nel mei di molti maestri spadai: Kanemoto, Kanefusa, Kaneuji... Il secondo ideogramma è stato scelto casualmente per mere ragioni di gusto, ho scoperto solo dopo che tra i differenti sigificati che può avere ci sono oriente, provenienza, nascita. Insomma: Nato dal legno. Direi che va bene

Nella foto il mei Kanemoto (una dinastia di spadai attiva per secoli). Come si vede il kanji Moto è un altro ancora. Inoltre la firma è apposta sul lato ura, anomalia tipica della dinastia. Sono intuibili nonostante il colore scuro del nakago, che non viene mai pulito perchè il grado di ossidazione testimonia l'epoca di fabbricazione della lama, anche gli yasurime: incisioni a lima che hanno lo scopo di favorire l'adesione del nakago al manico e sono caratteristiche di ogni maestro, quasi una seconda firma.

Terminata la produzione di un tantô è inevitabile ritrovarsi circondati da molti piccoli pezzi di scarto, che hanno le forme apparentemente casuali determinate dalle necessità di taglio.

Sarebbe una vergogna gettare del legno pregiato, o comunque reperito dopo lunghe e difficoltose ricerche.

Questi "scarti" possono diventare di volta in volta tagliacarte, portaincenso, o assumere caso per caso le funzioni che la sorte vorrà assegnare loro.

 

 

 

 

 

 

Rimane un solo ultimo punto da chiarire.

Accettata l'idea che fabbricare un tantô non debba avere risvolti utilitaristici, è altrettanto vero che si tratta di un attrezzo pensato per un uso specifico e sarebbe negativo confinarlo al ruolo di oggetto di decorazione: deve "lavorare".

L'investimento economico per produrlo è tollerabile, anche se non indifferente, ed il lavoro necessario ripaga da solo in termini di soddisfazione personale: questi oggetti potrebbero essere regalati senza troppe remore a praticanti di arti marziali che ne sappiano apprezzare il valore e li possano utilizzare sul campo.

Alcune essenze, difficilmente reperibili in Europa, costringono ad affrontare anche spese di trasporto e dogana superiori al costo di acquisto.

Nella foto a destra un tantô in guaiacum argentino (lignum vitae). La qualità centroamericana è protetta dal Cites quindi non commerciabile, ed essendo un arbusto è molto difficile trovarne di dimensioni sufficienti.

Presenta due sgusci sul dorso (questo tipo di tantô ha il nome di unokubi tsukuri) che danno all'oggetto un tocco di originalità e facilitano durante la pratica le operazioni di disarmo. Il lignum vitae per l'alto contenuto di tannino tende ad assumere una colorazione verde a contatto con l'aria, processo solo rallentato dal trattamento con olio di oliva. Nel corso degli anni tenderà però a riprendere il colore dorato dell'esemplare appena terminato.

A proposito delle sostanze contenute dei legni, debbo prevenire che alcune di esse sono tossiche. Una scheggia di palissandro che penetri nella pelle si infetta nel giro di poche ore eppure è un materiale gradevolissimo e durante la lavorazione sprigiona un piacevole odore di tabacco. Il tasso è notoriamente velenoso, ed il maggiociondolo può essere addirittura mortale. Caveat emptor.

Specialmente quando si scelgono questi legni rari e pregiati pretendere di esserne ripagati proporzionalmente alla spesa ed al lavoro è irrealistico, ma è comprensibile tentare almeno il recupero delle spese vive.

Personalmente ho deciso di riservare totalmente i proventi della produzione alla raccolta di fondi a beneficio del maestro Hosokawa. Sono disponibili nel corso di alcuni seminari di aikido organizzati dal maestro Domenico Zucco, ma chi fosse interessato può comunque contattarmi via This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..