Yasunari Kawabata: Il maestro di go
Mondadori, 1991

 

Non è facile classificare questo libro: partecipa contemporaneamente della cronaca, del saggio culturale, del romanzo. L'incipit ci rende immediatamente conto della epocalità dell'evento: il maestro Shusai, ventunesimo discendente della dinastia degli Hon'inbö, scomparve poco tempo dopo lo svolgimento di un'epica sfida che vide lui, ultimo maestro della scuola tradizionale, opposto al giovane Otake che riportò la vittoira. Commenta Kawabata:

... fu proprio la sua grave malattia a conferire a quella gara una drammaticità più alta. Parve allora, infatti, che fosse stata la partita stessa a sottrarre vita al maestro. Non si riprese mai pi⌂ e un anno dopo morì.

Non si pensi per questo ad una atmosfera di tensione, per quanto la sfida fosse estrema: la soffusa malinconia che ci accompagna nello scorrere le pagine di questo libro non è negativa, e la scomparsa, la sconfitta del maestro Shusai ci sembra naturale, dolorosa eppure necessaria. I rapporti col giovane Otake, che è stato suo allievo e quindi secondo la tradizione giapponese praticamente un membro della famiglia, nonostante le inevitabili tensioni collegate all' importanza della posta in palio sono cordiali, diremmo affettuosi. Al termine del confronto, durato circa sei mesi e nel corso dei quali si disputarono quattordici partite, riconosciuta la vittoria di Otake, venne distribuito il tè. Nessuno osava parlare, gli occhi di tutti erano ancora fissi sul goban, la scacchiera che aveva appena decretato la sconfitta di Shusai. Fu lui a rompere il silenzio:

"Gradisce?" chiese il maestro al suo avversario, il VII dan Otake.

"Maestro, i miei ringraziamenti" aveva detto il giovane Otake durante il cerimoniale al termine della partita; e rimase in quella sua posizione riverente, il capo atteggiato ad un profondo inchino, immobile. Teneva le mani perfettamente allineate sulle ginocchia, e il volto naturalmente pallido appariva ancor più livido.

...

Otake si era già cambiato d' abito, indossando un dotera, ed era uscito in giardino, rimanendo tutto solo a sedere su una panchina lì di fronte. Teneva le braccia conserte, strette in una morsa, il volto pallido chino fino a terra. Nel grande e desolato giardino, la sua figura all'imbrunire di quella cupa giornata invernale appariva scolpita in una profonda pensosità. Aprii la porta a vetri della veranda e lo chiamai: "Otake, Otake!" Ma lui si voltò appena, tradendo una certa irritazione. Mi parve che avesse le lagrime agli occhi.

Il valore letterario dell'opera è fruiibile da chiunque, sono necessari però una discreta formazione nella cultura tradizionale giapponese per apprezzarne appieno sia l'ambientazione che il comportamento dei personaggi principali, e il possesso di alcune informazioni di base sull'arte del go per comprendere le fasi della sfida anche dal punto di vista tecnico.

Il go si pratica utilizzando una scacchiera formata da un reticolo di 19 linee verticali ed altrettante orizzontali, che si intersecano in 361 punti ove possono essere collocate le pedine: 181 pedine nere, lavorate in ardesia, e 180 bianche ricavate da conchiglie. Si può ricavare piacere e ricevere insegnamento dalla pratica del go a prescindere da ogni circostanza materiale, ma l'uso di scacchiera e pedine di qualità accresce la partecipazione dei sensi alla pratica, attraverso il tatto che ricava sensazioni piacevoli dal maneggio delle pedine, o l'udito che gradisce il suono secco e determinato della pedina poggiata sulla scacchiera, che può suonare come il kiai di un combattente che vibra un colpo mortale o come un suono naturale ed armonioso.

Lo scopo della pratica è di affrontare l'avversario non eliminandolo fisicamente ma conquistando un proprio territorio e sottraendolo alla cattura con la creazione di un proprio spazio vitale interno, che permetta di resistere anche quando circondato dalle forze nemiche. Al termine della tenzone rimane vincitore chi è riuscito ad ottenere maggiore spazio vitale, in termini pratici a mantenere il maggior numero di pedine, catturando quelle avversarie e mantenendo integre le proprie.

L'arte del go, che ha origini millenarie, viene tradizionalmente considerata una forma particolare di arte marziale. L'attribuzione della vittoria o della sconfitta al termine del confronto ha valore convenzionale ed è un atto di cortesia nei confronti del contendente che è riuscito ad occupare una percentuale maggiore del territorio. La controparte non è tuttavia annientata né sconfitta, mantiene un suo territorio ed una sua autonomia anche se inferiori materialmente, ma spesso solo per una manciata di pedine, a quelli del suo avversario.

Kawabata Yasunari (川端 康成, 1899-1972) ebbe una infanzia tormentata, rimanendo orfano prematuramente e continuando gli studi tra comprensibili difficoltà fino a laurearsi in letteratura all'Università di Tokyo. Iniziò ad affermarsi come giornalista lavorando per il Mainichi Shimbun, per cui seguì il confronto tra i maestri Shusai ed Otake, e come autore di racconti e romanzi brevi. La cronaca venne per la prima volta pubblicata in volume nel 1951 col titolo di Meijin, che è il termine che identifica i maestri di Go. Kawabata cominciò in quegli anni ad essere conosciuto ed apprezzato anche all'estero: ricevette il premio Goethe nel 1959 ed il premio Nobel nel 1968. Sicuramente tormentato dalla morte del suo amico Yukio Mishima, Kawabata venne ritrovato morto, asfissiato dal gas nel suo appartamento, nel 1972. La tesi del suicidio, per quanto non accettata da alcuni, sembra la più probabile. Non mancano esempi di analgohe tragiche fini nel mondo della letteratura e delle arti, sia giapponesi (il già citato Mishima, Akutagawa...) che occidentali (Jack Londo, Emilio Salgari, Ernest Hemingway...).

Il maestro di go non era all'epoca ancora conosciuto in occidente, la prima traduzione in inglese venne pubblicata postuma e priva di alcuni capitoli. La versione italiana su cui è stata condotta la recensione è integrale e comprende in più un utile glossario, che non si arresta ai termini più legati all'arte del go, ed una appendice in cui vengono trattati le origini, le regole e la filosofia dell'arte. Sicuramente una edizione raccomandabile senza riserve, ed oltretutto economica.