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Hayao Miyazaki: 1997 - La principessa Mononoke - Dai Kodama al Tatara ba

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Ashitaka non ha più tempo di pensare alla sconosciuta ragazza, delle grida di terrore lo richiamano là dove aveva lasciato i due uomini strappati all'annegamento nelle acque del torrente, dopo che erano rovinosamente caduti nel dirupo per sfuggire all'attacco dei lupi.

Uno dei due, sapremo poi che si chiama Koroko, che è appena rinvenuto, deve avere scorto vicino a se qualcosa di terrificante.

 

 

 

 

 

Per la verità l'apparizione, per quanto inconsueta, è anche graziosa. Si tratta di un kodama, uno spirito dei boschi.

Miyazaki ce lo rappresenta di piccole dimensioni, come gli gnomi ed i folletti delle saghe occidentali, con aspetto e movenze infantili, capace di ruotare la testa in tutte le dimensioni e di farla risuonare come i crotali di un serpente a sonagli. Appare dal nulla e nel nulla svanisce, a suo piacimento.

 

 

 

 

 


Nella Enciclopedia dei Mostri Giapponesi Shigeru Mizuki ci informa, nella scheda dedicata al kodama, che non è infrequente che gli spiriti silvani vengano rappresentati come somiglianti a bambini di circa tre o quattro anni e cita anche i kinoko, i kashabo, i keko, i konakijiji e molti altri ancora.

Il kodama è in sostanza l'anima di un albero, ma non tutti gli alberi hanno anima e di conseguenza sono associati ad un kodama: solamente gli anziani che hanno vissuto molto tempo nella regione hanno sviluppato la sensibilità necessaria per riconoscerli, per quanto questi alberi siano sempre enormi, maestosi e pieni di armoniosa potenza. 

Ancora oggi Mizuki assicura di incontrare talvolta nelle foreste dei grandi alberi cinti per contrassegnare la loro natura di kami - potenze sacre della natura - da uno shimenawa, il cordone rituale con numerosi nappi pendenti che viene appeso nei templi e durante le cerimonie shinto di purificazione, ad esempio in occasione della forgiatura di una spada.

Potremmo ipotizzare che il tipico ticchettìo da loro causato scuotendo la testa sia nella realtà quello dei picchi intenti a scavare nei fusti degli alberi, che la fantasia popolare ha attribuito agli spiriti.


 

I kodama immaginati da Miyazaki sono socievoli, espressivi per quanto privi di parola e scherzosi.

Ashitaka non è rimasto minimamente sorpreso, figuriamoci spaventato, dalla loro apparizione.

Il lento e faticoso incedere dei tre uomini nella foresta, uno ha una gamba rotta e viene portato a spalle da Ashitaka, l'altro è ferito ad un braccio e viene portato da Yakkuru, è preceduto, seguito e soprattutto accompagnato da un autentico nugolo di kodama, che sottolineano quanto vedono ed esprimono le loro sensazioni col caratteristico rumore di sonagli ottenuto scuotendo la testa.

 

 

 

La marcia diviene sempre più faticosa ed Ashitaka è stremato quando si ferma al bordo di uno stagno perché tutti si dissetino.

Ha scorto qua e là le tracce degli inugami, gli spiriti lupo, e di conseguenza della ragazza che lo ha tanto colpito.

Ora un volo di farfalle attira la sua attenzione su altre orme, ma diverse: hanno tre dita.

Si guarda intorno.

 

 

 

 

 

Al limite dello sguardo, immerso in una luce dorata, lontanissima ma quanto mai esplicita, la sagoma del dio cervo, lo spirito della foresta.

Forse Ashitaka vorrebbe raggiungere la divinità, nella speranza di esserne liberato dalla sua maledizione.

Ma un dolore lancinante al braccio piagato lo costringe ad immergerlo nell'acqua per trovarvi refrigerio.

Quando rialza lo sguardo l'apparizione è svanita.

 

 

 

 

Eppure subito dopo sia lui che i suoi malridotti compagni iniziano a sentirsi meglio, ed anche il loro umore vola.

Al termine di una lunga salita arrivano al valico: sotto di loro si scorge finalmente la meta, ove Ashitaka sta riconducendo a fatica i due uomini.

 

 

 

 

 

 

 

E' Tatara ba, la città delle fornaci.

 

 

 

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