Edmond de Goncourt

Hokusai

Parkstone, 2009 (ed. francese)

 

La monografia su Hokusai, probabilmente il sommo artista di un gruppo prolifico e numeroso di grandi artisti, apparve nel 1896, poco prima della scomparsa di de Goncourt. E' veramente spiacevole che la morte abbia impedito all'autore di continuare i suoi studi e le sue pubblicazioni.

La sterminata produzione di Hokusai costringe de Goncourt nella sua opera ad una rigorosa suddivisione per argomenti.

Inizia infatti con una biografia dell'artista, che rende conto anche del suo percorso artistico. Iniziata la carriera come incisore di opere altrui, con il nome di Tetsuro, abbandona il mestiere a 18 sentendo crescere dentro di se l'imperiosa necessità di essere l'artefice delle sue opere, non più limitarsi a riportare sulle matrici in legno quanto creato da altri.

Preso il nome di Tetsuzo, entra nella bottega di Katsukawa Shunsho, inizialmente fimando col nome del suo maestro, con il suo consenso ovviamente, poi come Katsukawa Shunro. La produzione di questa epoca rappresenta prevalentemente soggetti teatrali.

Dopo circa 10 anni, in seguito ad un litigio con un altro discepolo più anziano, che aveva stracciato una sua opera ritenendola indegna della scuola di Shunsho, assume il nome di Mugura (cespuglio) e intraprende una sua strada indipendente.

Da allora fino al momento della morte, che lo coglie in tarda età nel 1849, nonostante una vita privata randagia e tribolata Hokusai non cessò non solo di produrre ma nemmeno di esplorare nuove mie, andandosene da questo mondo col solo rammarico di non avere avuto altro tempo per tentare di diventare un vero artista.

De Goncourt per rendere comprensibile al lettore la complessità del percorso artistico di Hokusai, divide l'opera in altre 3 sezioni.

Nella seconda parte quindi vengono trattati i surimono, dipinti isolati di non grandi dimensioni, di esecuzione curata e non facenti parte di serie di stampe a grande tiratura, i "libri gialli" e i romanzi illustrati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' a partire dalla fine del secolo, con questo genere produttivo, che si iniziano a vedere nelle opere di Hokusai i progressi tecnologici che portarono poi negli anni successivi alle magnifiche opere dell'età dell'oro dell'ukiyo-e.

Per quanto il numero dei colori utilizzati sia ancora ridotto, e siano tutte variazioni tonali dell'ocra, possiamo notare ad esempio in un surimono che mostra il Monte Fuji dietro una cortina di sakura in fiore una vivacità, quasi una tridimensionalità che non erano avvertibili nella produzione anteriore di alcun artista.

I libri gialli (kibyoshi) sono volumi illustrati di piccolo formato composti di 5 fogli, con una copertina gialla da cui prendono il nome, mentre i romanzi hanno dimensioni leggermente superiori e cono composti da 30/40 fogli, di cui solo una parte illustrati.

Il primo esemplare prodotto da Hokusai era Arigatai tsuno itiji (Tutto è permesso con una parola galante), opera in 3 volumi cui si dedicò poco tempo dopo l'ammissione nell'atelier di Shunsho. La sua produzione in questo campo continua fino ali primi anni del XIX secolo: per quanto l'abitudine dell'artista di cambiare nome con una frequenza impressionante e la sua stupefacente fecondità rendano ardue le ricostruzioni, la sua mano è inconfondibile anche ove manchi la sua firma.

Nella terza parte de Goncourt tratta dei manga e dei manuali di disegno.

La parola manga, utilizzata oggi per identificare i volumi seriali a fumetti di produzione giapponese, molto popolari tra i giovani, ha in realtà origini antiche, e Hokusai ne è il padre. La produzione inizia dopo il 1811 quando l'artista ebbe una controversia con lo scrittore Bakin, autore dei testi del romanzo illustrato La storia di Sankatsu e Hanshiti. Da quel momento Hokusai decise di fare a meno di uno scrittore, iniziando a lavorare su dei volumi composti unicamente di illustrazioni, che presero il nome di manga.

Pubblicati 10 volumi, in cui talvolta le tematiche, che riprendono il filone dei romanzi illustrati, sono solo pretesti per dare sfogo all'estro dell'artista, la produzione si interrompe nel 1819. Un undicesimo volume appare circa 15 anni dopo, in cui Hokusai con il suo urticante umorismo dichiara di avere ceduto malvolentieri alle pressioni degli avidi editori ma si dichiara pronto per arrivare a completarne perlomeno venti in tutto. Ne verranno pubblicati in realtà 15, di cui 2 postumi.

Sui manuali di disegno di Hokusai si potrebbero scrivere numerosi libri.

Basti qui dire che oltre ad avere avuto enorme influenza sopra la produzione degli artisti giapponesi ed europei sono una ulteriore fonte di preziosa documentazione sulla cultura giapponese del periodo Edo.

Nella quarta ed ultima parte l'autore esamina gli album, le tavole, i pannelli e le altre opere su supporti diversi.

Seguono e concludono come di consueto la Bibliografia, il Glossario, sempre necessario per districarsi nella complicata terminologia dell'arte giapponese, ed un elenco delle numerose - e necessarie - illustrazioni.

A distanza di quasi 120 anni questa opera rimane irrinunciabile per chiunque voglia accostarsi con rispetto alla vita e alle opere di Katsushika Hokusai.

 

Nato alla metà del XVIII secolo, quando l'arte della stampa giapponese iniziava ad evolversi, e vissuto fino alla metà del XIX producendo incessantemente, Hosukai oltre ad essere un artista che si eleva incontestabilmente al di sopra di ogni altro, è l'unico che abbia vissuto in prima persona l'intera gloriosa epopea dell'ukiyo-e.

Possiamo rimproverare alla edizione sotto esame la scelta di impaginare le numerose e belle illustrazioni senza alcun legame con il testo cui vengono affiancate o la sezione in cui vengono inserite, sottraendo all'opera gran parte della sua potenziale fruibilità.