Kyôkai: Nihon Ryôiki

Cronache soprannaturali e straordinarie del Giappone

Carocci, 2010

Con il contributo della Japan Foundation

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Durante il regno di Kanmu (737-806), il quarto giorno del nono mese del sesto anno Enryaku (788), il monaco Kyôkai turbato dalla realizzazione della sua incapacità di liberarsi dal fiume delle passioni e delle sofferenze umane, ha un sogno rivelatore.

Un monaco mendicante apparsogli nel sogno gli suggerisce di copiare un libro sacro, Passi fondamentali di tutti i Sutra, fornendogli la carta necessaria in quanto ne è sprovvisto. Sia pure incerto sul vero significato di quanto gli è apparso in sogno, Kyôkai ipotizza che ogni avvenimento abbia dei segni premonitori. L'essere umano ha quindi bisogno di osservare attentamente ogni fatto per decifrarne utili indicazioni per il futuro.

Nasce da questa sua ipotesi il Nihon Ryôiki, una raccolta di 116 brevissimi racconti allegorici a sfondo morale, esplicitamente richiamato dall'autore al termine di ognuno di essi. Composto di 3 volumi, il testo si chiude con il titolo per esteso e la firma dell'autore:
Nihonkoku genpô zen'aku ryôiki
Cronache soprannaturali e straordinarie del Giappone sulla retribuzione in vita per il bene o il male commessi
Scritto da Kyôkai, quarto rango ecclesiastico della Trasmissione della Luce, monaco del monastero Yakushi, sezione occidentale di Nara
Viene tradotto in italiano per la prima volta.
Il genere anedottico, più o meno legato a fini di ammonimento a perseguire la retta via, è fiorito praticamente in tutte le civiltà classiche. Basti ricordare per quella latina gli esempi maggiormente noti tra quelli fino a noi pervenuti, i Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo, Le notti attiche di Aulo Gellio o, purtroppo gravemente mutilo, Le vite dei massimi condottieri di Cornelio Nepote.
In Giappone questo genere letterario prende vita all'inizio dell'VIII secolo e rimane fiorente per circa cinque secoli. Il primo esempio noto è proprio il Nihon Ryôiki, scritto in lingua cinese si pensa tra l'810 e l'823, e più tardi tradotto o adattato in giapponese per inserirne dei brani in opere posteriori. Essendo l'autore un ecclesiastico non occorre stupirsi più di tanto della insistenza degli ammonimenti morali, una costante nell'opera.
E, come per tutti i libri del genere, molti lettori si interrogano tanto sulla veridicità degli avvenimenti narrati quanto sulla verosimiglianza dei significati profetici o semplicemente morali loro attribuiti. Probabilmente non va ricercato là il valore di questi testi, che rimane immenso.
Non ha soverchia importanza conoscere se questi fatti siano effettivamente avvenuti: anche se frutto di immaginazione, quella cultura li ha ritenuti importanti, li ha additati come esempio, ha fatto in modo che la loro fama valicasse i millenni. Non dobbiamo quindi investigare in ogni singolo avvenimento quale sia stato il vero atteggiamento mentale dei protagonisti, ma piuttosto l'atteggiamento mentale dello scrittore che li ha selezionati e dei lettori che vi si sono accostati nel corso dei secoli.

Monaco buddista, Kyôkai scrive nel momento storico in cui il buddismo, arrivato già nei secoli precedenti attraverso i viaggi in Giappone di numerosi mistici cinesi e coreani, comincia ad affermarsi fino a divenire elemento fondamentale della cultura giapponese, convivendo ed integrandosi con la cultura shinto autoctona fino a costituirne secondo il pensiero di autorevoli commentatori la seconda faccia di un'unica medaglia.

In principio, i sutra buddhisti e i testi cinesi sono entrati in Giappone in due periodi, entrambe le volte portati per nave dal regno coreano di Baekje. I testi cinesi sono arrivati al tempo di sua altezza Homuda,che regnò dalla reggia di Toyoakira a Karushima. Le sacre scritture sono arrivate al tempo di sua altezza Kinmei, che governò dalla reggia Kanazashi a Shikishima. Tuttavia, coloro che studiano i classici disprezzano la Legge buddhista e coloro che leggono i sutra trascurano i classici. Gli stolti sono vinti dal dubbio e non credono al principio di retribuzione dei meriti. I saggi, invece, studiano i sutra e i classici e credono nella legge di causa ed effetto.

Questa è la tesi che Kyôkai va a dimostrare nel seguito con il suo lungo elenco di racconti, comunque come già detto brevi. Il libro ha poco più di 200 pagine ed è di piccolo formato. Umili popolani, ecclesiastici, dignitari e principi vi ottengono spesso immediatamente, ma talvolta anche nella successiva reincarnazione, il giusto ritorno delle loro azioni: una ricompensa od una punizione.

Appare talvolta sproporzionato il rapporto tra le singole azioni e le pesanti ritorsioni del fato, ma è una caratteristica che ritroviamo in ogni cultura quando i testi proponendosi di fornire al lettore esortazioni a seguire la retta via tendono spesso a calcare la mano.

E' tuttavia presente in Kyôkai una tendenza, lieve ma percettibile, a temperare con uno strato di umana tolleranza e sensibilità anche le sentenze della morale corrente.

Nel secondo racconto ad esempio troviamo un uomo che Prende in moglie una volpe e ne ha un figlio. Nella mitologia giapponese la volpe rappresenta delle forze non necessariamente malefiche ma sicuramente dominate da metodica comportamentali non accettabili e forse non comprensibili per l'essere umano. Sono frequentissime le storie in cui una volpe si impossessa di una donna per i suoi fini, trasformandola in un demonio, o si incarna addirittura nelle sembianze di una donna.

Un uomo della provincia di Mino messosi in viaggio in cerca di una moglie incontrò lungo il cammino una ragazza "bella e civettuola" e la prese immediatamente come sua compagna. Dopo qualche tempo alla coppia nacque un figlio, e qualche tempo dopo ancora nacque un cucciolo alla cagna di casa, che si dimostrò sempre ostile nei confronti della donna. Ella spaventata chiese di sopprimerlo; ma il marito si era affezionato al cucciolo e non volle accontentarla.

Durante la festa del nuovo anno però il cane si avventò contro la donna, che per la sorpresa e lo spavento si rifugiò nella stia dei polli trasformandosi in volpe. L'uomo, memore del loro amore e del figlio avutone, chiese allo spirito indemoniato di rimanere assieme ancora una notte. La donna volpe acconsentì, presentandosi all'uomo da cui stava per separarsi con uno splendido vestito bordato di rosso. Alla mattina, scomparve  per sempre.

L'uomo compose questi versi in suo ricordo:

Sono schiavo d'amore

per causa tua.

Mi sei apparsa per un istante,

come luce che si sprigiona da un gioiello,

e sei andata via.

Il figlio della coppia, Kitsune, dotato di forza e velocità leggendarie, divenne il capostipite della famiglia Kitsune no Atae di Mino.