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Se le origini della tecnica di Musashi rimangono nell'ombra il suo battesimo del sangue lo tramanda lui stesso, nel prologo del Gorin no sho.

Fin da giovane mi dedicai al sentiero di Heiho, combattendo e vincendo, per la prima volta alla età di tredici anni, un guerriero di nome Arima Kihei, della scuola Shinto-ryu. A sedici anni vinsi un grande combattente, Akiyama di Tajima. A Ventuno anni venni nella capitale [che era da poco tempo Edo, ma qui Musashi si riferisce probabilmente alla capitale imperiale Kyoto] per conoscere i maestri provenienti da ogni parte del paese; li affrontai in numerosi duelli, ed in nessuno di essi il successo mi è mancato. Ho poi vagato di provincia in provincia, accettando le sfide di molti esperti di varie scuole, vincendo sempre in oltre sessanta duelli. Tutto questo tra i tredici ed i trenta anni.

Sono numerose le domande che dobbiamo porci nel leggere Musashi. Non a tutte potremo tentare di dare risposta, andremmo oltre i limiti di quella che vuole essere una sintetica biografia, e probabilmente non ne avremmo nemmeno le capacità. Ma facciamo una eccezione per parlare del concetto di Heiho. D'altronde non saremo noi a parlarne, lasciamo la parola allo stesso Musashi, che così, terminato il prologo, inizia il Libro della Terra, il primo dei cinque libri - o anelli - che compongono la sua opera.

Innanzitutto Heiho è la via del guerriero. Colui che deve espressamente metterla in pratica è il comandante, ma deve comprenderla anche il semplice soldato. Al giorno d'oggi tuttavia non c'è guerriero che abbia raggiunto con sicurezza la comprensione della via che conduce ad Heiho.

 

 

 

 

 

 

 

Ma riprendiamo con il prologo del Gorin no sho, dal punto dove avevamo interrrotto:

Giunto ai trenta anni ho riflettuto sulla mia vita precedente e ho concluso che le mie vittorie non dipendevano da una piena comprensione dei principi dell'arte: forse avevo una predisposizione naturale verso di essa, o forse quella era la volontà del cielo, o forse semplicemente era a causa dello scarso livello delle altre scuole di spada. Ho cercato allora di raggiungere una conoscenza più profonda, dedicandovi me stesso giorno e notte, e all'età di cinquanta anni ho realizzato in me stesso l'essenza di Heiho.

Musashi quindi ci lascia nel dubbio. Parla di altre scuole di spada, quindi evidentemente era lui stesso discepolo di una scuola. Quale tuttavia, non lo dice, e confessa in ogni modo di non aver padroneggiato i segreti dell'arte. D'altra parte, avendo affrontato il primo duello a tredici anni, ed avendo cominciato la sua esistenza errabonda non molto tempo dopo, non è verosimile che abbia avuto modo di assorbire profondamente i principi di una scuola, qualunque essa sia stata. Di più, non ci è consentito sapere.

E' importante sapere invece che Musashi consideri di avere raggiunto all'età di cinquanta anni l'essenza dello Heiho. Seguendo quale scuola o metodo? Sembra che sia stato soprattutto dedicandosi come dice lui "a varie arti e mestieri" seguendovi sempre i principi dello Heiho ma "senza la necessità di avere alcun insegnante o maestro".

 

 

 

 

 

Fu valente scultore, soprattutto in legno, e apprezzato pittore, ma si dedicò ad ogni tipo di arte. Molti praticanti di spada utilizzano ancora oggi la tsuba (guardia di spada) da lui disegnata.

Semplice, austera, elegante, efficace, viene talvolta denominata come tsuba Niten, talvolta semplicemente tsuba di Musashi.

La sua scuola di spada Niten Ichi ryu, non sembra tuttavia avere stretti legami con le tecniche utilizzate da Musashi in combattimento, e questo non dovrebbe meravigliare in quanto lui stesso ricorda di non avere chiara la percezione delle ragioni dei suoi sanguinosi successi e di non essere in grado di identificare un filo conduttore nel suo primo stile di combattimento.

La scuola Niten ichi ryu (Unica Scuola dei Due Cieli) rimane tuttora l'unica in cui si faccia uso sistematicamente delle due spade che ogni samurai portava al fianco: la lunga katana ed il corto wakizashi (dai-sho: lungo-corto).

 

 

 

 

Anche questa seconda tsuba, lavorata a bassorilievo mentre la prima era di tipo sukashi ossia lavorata a traforo, è opera di Musashi.

Unisce con un felice effetto grafico che fa pensare al tomoe, l'incrocio dei due simboli yin e yang, due temi naturali beneauguranti.

In basso un pesce gatto, riconoscibile dai baffi, si accosta con curiosità ad una zucca, che sembra replicare esattamente e specularmente la sua sagoma.