Kuwagata Keisai
Dessins abrégés
Editions Philippe Picquier, 2011

Kuwagata Eisai, conosciuto anche come Kitao Masayoshi, è certamente figura meno nota dei suoi grandi contemporanei Utamaro ed Hokusai, eppure dobbiamo in gran parte a lui l'ondata di rinnovamento che permise all'arte dell'ukiyo-e di arrivare ai suoi vertici.

Nacque ad Edo, secondo alcuni da un modesto fabbricante di tatami ma secondo altri da una famiglia samurai di basso rango, nel 1764 con il nome di Sanjiro Akabane e scomparve nel 1824. Entrò nella bottega del maestro Kitao Shigemasa all'età di 12 anni e già nella sua prima produzione seppe introdurre tecniche di rappresentazione fino ad allora inedite, facendo anche uso delle teorie occidentali sulla prospettiva.

Questo suo successo gli permise ulteriori studi presso la scuola Kano ed il riconoscimento da parte delle autorità con l'assegnazione teorica ed onorifica al servizio del feudo di Tsuyama, senza in realtà muoversi da Edo. Ebbe in questo periodo l'intuizione di dedicarsi agli schizzi (abrégés in francese, non sappiamo per quali ragioni non sia stata scelta la parola equisses). Li affrontò però da un punto di vista inedito: non riproduzione fedele e costante di modelli convenzionali che permettesse all'apprendista cui erano destinate queste pubblicazioni (edehon, ossia manuali) di padroneggiare la tecnica e conoscere le convenzioni, limitandone però l'estro.

Bensì rappresentazioni realistiche, non prive di umorismo, e che cercassero di rappresentare punti di vista inediti od inusuali piuttosto che aderenza ai modelli tradizionali. Apriva così una strada che il sommo Hokusai avrebbe percorso fino in fondo con i suoi manga e che continua ad essere frequentata ai giorni nostri da centinaia di artisti, non solo giapponesi e non solo concentrati sulla produzione artistica propriamente detta ma anche in generi spesso considerati di puro consumo, come la produzione di stampe a fumetti chiamate anchesse manga - non a caso - e che meriterebbero una analisi più approfondità per comprenderne meglio le fonti di ispirazione. Certamente, dopo Keisai il mondo della rappresentazione grafica non è più stato, e non sarà mai più, lo stesso.

Dice infatti Keisai nella prefazione del primo dei suoi volumi di schizzi, Ryakuga-shiki (Lo stile dello schizzo) che apparve nel 1795: "Un vecchio nelle mie vicinanza possiede un prugno. A forza di lavorarlo, gli ha dato la forma di una barca e tiene come un tesoro prezioso questo albero che fiorisce ad ogni primavera. Io non amo queste cose. Per chi apprezza veramente i fiori, nulla vale quanto il prugno selvatico. Non è affatto lavorato e adattato dalla mano dell'uomo e possiede il fascino della natura. Lo stesso per questi disegni. Non riproducono la forma, ma lo spirito delle cose. Poiché io non cerco di perfezionare le forme, ma di semplificarle, ho dato come titolo a questa opera Lo stile dello schizzo."

L'opera in esame proviene dalla dispersione ad inizio 900 della collezione Gillot. Alcuni album, acquistati dall'intenditore Charles Cartier-Bresson (1852-1921), vennero poi in possesso del celebre stilista Jacques Doucet (1853-1929). Si trovano da allora in Francia, a Nancy, e sono stati recentemente pubblicati a cura del locale Museo delle Belle Arti rispettando il formato editoriale giapponese, con la stampa da un solo lato e piegatura delle pagine a fisarmonica, che permette di allargarle a piacimento evitando i problemi di visualizzazione dovuti alla cucitura centrale.

Il primo volume comprende Uccelli ed animali; in esso Keisai dà mostra - come gli altri artisti giapponesi - di capacità di osservazione ed immediata istintiva profondità di analiisi che gli permettono di fermare nelle immagini momenti irripetibili ed elusivi per l'osservatore superficiale.

A lungo i critici occidentali si sono interrogativi su queste "misteriose" capacità, ed alcuni hanno perfino ipotizzato l'uso di strumenti di fissazione delle immagini a noi sconosciuti, paragonabili come prestazioni a quelle delle moderne macchine fotografiche professionali.

 

 

 

 

Va tra l'altro rimarcato che la tecnica ad inchiostro su carta utilizzata da Keisai non permetteva correzioni, e richiedeva estrema pulizia mentale prima di permettere alla mano di compiere il suo gesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se nelle rappresentazioni del mondo animale ci troviamo a contemplare con occhi incantati lo spirito della natura, ottenuto da Keisai come lui stesso ha dichiarato per sottrazione e non per accumulo di ingredienti uno sopra l'altro, il secondo volume dedicato ai Personaggi ci svela un altro aspetto della sua personalità, che troverà consenso e ulteriori sviluppi quando il pennello sarà nella mani di Hokusai.

L'essere umano viene colto anchesso nella sua essenzialità e nei momenti, nei gesti, più rappresentativi.

Ma con occhio benevolmente - pur se impietosamente - ironico e divertito. Non possiamo interpretare altrimenti la processione del dignitario, inquadrata da un angolo di visuale posteriore che doveva essere abituale per il passante ma raramente veniva rappresentato dall'arte.

E cosa spicca in questa visione? L'enorme posteriore del cavallo, e quello ancora più maestoso del dignitario, tanto più evidenti in quanto raffrontati con le scarne rotondità del corteggio.

Oltre a strapparci più di un sorriso Keisai ci trasmette un immenso patrimonio culturale e sociologico, illustrandoci sia la gente del popolo che gli ambienti di corte (la stampa a lato è una illustrazione del Genji monogatari).

Sempre con lo stesso occhio chirurgicamente neutrale ma con una piega divertita nella bocca, con cui lo immaginiamo intento a rendere immortali le varie realtà in cui si imbatteva nella sua vita di tutti i giorni, in quella Edo che diede il suo nome al periodo d'oro della cultura giapponese.