Gian Carlo Calza

Utamaro e il quartiere del piacere

Electa, 2009

 

Reso il dovuto ringraziamento a Calza che ha curato l'edizione di questo interessante libro, va detto comunque che l'autore è in realtà Kitagawa Utamaro (1753-1806) su testi di Jippensha Ikku. Anche il titolo è stato adattato, probabilmente per renderlo più gradevole all'orecchio dei possibili acquirenti, ma vale la pena di riportare il titolo originale per esteso: Gli annali del quartiere del piacere, o per essere ancora più precisi Gli annali illustrati delle case verdi (Seirô ehon nenjû gyôji).

Verde era infatti il colore convenzionale con cui si identificavano le case che iniziarono nel XVII secolo ad popolare il quartiere di Yoshiwara in Edo (Tokyo) dedicato al mondo del piacere. Quello che il monaco Asai Ryoji chiamò per primo nel secolo successivo "mondo fluttuante" (ukiyo) nel suo libro Ukiyo monogatari.

Queste ed altre importanti informazioni, indispensabili per un corretto apprezzamento del libro, vengono dalla prefazione, non lunga ma intensa e che comunque ne occupa una buona parte. Segue il testo di Ikku, nome d'arte del samurai Shikeda Sadakazu, originario di Suruga (Shizuoka) che dopo una vita al servizio del suo signore si improvvisò scrittore conoscendo uno straordinario successo come autore di romanzi picareschi.

L'album di Utamaro infatti consta di non più di una quarantina di tavole, pubblicate in due tomi, ed affiancate nelle pagine per dare una visione più ampia degli avvenimenti e delle persone rappresentate.

Sono affiancate non dal testo originale di Ikku come ci si sarebbe potuto aspettare, ma da una analisi critica dettagliata di ogni singola tavola.

La scelta non è filologica ma è condivisibile: solamente avendo tavole e commento affiancati è possibile agevolare la "lettura" delle stampe. Del resto in prefazione si avverte che talvolta testo e illustrazioni sono slegati tra di loro.

Nelle prime due tavole osserviamo la processione rituale di due oiran, grandi cortigiane, in occasione della festa per lo scambio di auguri per il nuovo anno a Nakanochô, la via centrale del quartiere di Yoshiwara.

Nonostante il limitato numero di colori utilizzabile in una pubblicazione economica Utamaro riesce a rendere appieno la sfarzosità dei loro abbigliamenti.

La oiran a destra dell'osservatore è accompagnata da un numeroso seguito, tra cui una guardia del corpo incaricata di tenere a distanza i curiosi troppo invadenti.

A sinistra una oiran di rango inferiore. In realtà il cartiglio che l'accompagna indica il simbolo delle oiran - una vetta con doppia sommità - ma è privo dei cerchi - uno o due, neri o bianchi - che contraddistingono le prime categorie. Sembrerebbe quindi trattarsi di una zashikimochi, cortigiana di rango intermedio autorizzata ad avere due stanze di ricevimento e come seguito 2 shinzo (apprendiste) e due kamuro, (accolite in età infantile). E' ovvio che il numero e l'eleganza degli accompagnatori siano proporzionati al rango della cortigiana, ma Utamaro ce ne fornisce un esempio visivo di immediata comprensione oltre che di grande valore artistico.

Una seconda tavola ci propone un avvenimento che si ripete ogni anno in primavera, che tradizionalmente attrae ogni giapponese: lo spettacolo della fioritura dei ciliegi.

Ci troviamo ancora a Nakanochô e le tre oiran raffigurate, che spiccano nel gruppo per la vivacità e l'eleganza delle loro vesti ma anche per il portamento, non hanno saputo resistere alla tentazione di riempirsi le braccia di rami fioriti, con cui presumibilmente decoreranno le case verdi ove sono ospitate.

Ogni casa era di solito identificata con un nome specifico, che ne costituiva anche il motivo dominante. Utamaro raffigurerà infatti la casa dei ventagli, in cui il personale di servizio indossa vestiti che riportano un mon formato da tre ventagli aperti.

Da notare il personaggio che apre il piccolo corteo: l'ombrello retto da un inserviente era riservato a personaggi altolocati, infatti Utamaro nel cartiglio precisa trattarsi di un daijin, possidente. Era norma che i ricchi possidenti affermassero la loro posizione sociale mediante l'acquisto del contratto di una oiran da tenere a propria disposizione, senza che questo destasse scandalo nella società o in famiglia. Non era però facile ottenere il consenso di una oiran, e non a caso erano spesso identificate come keisei (rovina castelli).

In questa coppia di tavole, la terza del secondo album, Utamaro illustra con aperto sarcasmo "il primo appuntamento".

Ben lungi dal trovarsi a proprio agio, in veste di acquirenti di un prodotto pagato a caro prezzo e quindi con molti diritti da rivendicare, gli uomini rimasti per qualche momento soli in attesa dell'arrivo della cortigiana manifestano negli atteggiamenti corporei il loro imbarazzo e i loro timori.

Era infatti tuttaltro che facile dimostrarsi all'altezza delle oiran, donne dallo spirito pronto, di grande cultura e versate in ogni arte, e oltre al dispiacere della cattiva figura occorreva mettere in preventivo il rischio di un possibile rifiuto della gentildonna di fronte ad ogni proposta: per conquistare il favore di una oiran il denaro era necessario ma sicuramente non sufficiente.

Vediamo ora un kyaku, "cliente del giorno dopo", che conquistatasi nel tempo l'approvazione della oiran ha diritto di proporsi, naturalmente dietro ulteriore esborso di una considerevole somma, come ospite notturno.

E' raffigurato di spalle, all'interno della alcova ove ha trascorso la notte con la oiran.

Lei sta attizzando il fuoco mattutino e allo stesso tempo dispone il da farsi per le sue inservienti, mentre due piccole kamuro accorrono trafelate dal corridoio, sicuramente svegliate in quel momento a furia di richiami poiché indossano ancora le vesti da camera.

 

 

 

Nell'ultima tavola è possibile che Utamaro abbia voluto raffigurare se stesso.

Forse il ricordo di un Utamaro più giovane, non ancora affermato, che accettava anche lavori non particolarmente elevati come ravvivare le pitture sulle pareti di una casa verde.

Con un gioco di attrazioni psicologiche sottile e delicato, il bambino che aiuta il pittore nel suo lavoro interagisce con lo sguardo con una piccola kamuro paffuta, alle cui spalle si accalcano curiose le oiran .

E con questo chiudiamo, nella speranza di avere persuaso il lettore che questo testo gli è necessario.