Schede

La tradizione marziale del Giappone è oltremillenaria, ed i primi guerrieri di cui sia pervenuta memoria storica risalgono al VII - VIII secolo della nostra era.

Da allora una catena ininterrotta di figure eroiche si è proungata fino al XIX secolo.

Le scuole che hanno trasmesso la loro conoscenza fino ai giorni nostri ed i testi classici a noi pervenuti sono comunque risalenti perlopiù ad epoche successive al XV secolo.

Avere una visione d'assieme della cultura marziale giapponese non è assolutamente facile, visto l'arco di tempo coinvolto e la molteplicità di scuole, spesso divise in varie branche (ha) seguendo le vicende personali ed i cambi di residenza di questo o quel maestro.

Ci auguriamo che la possibilità di consultare un congruo numero di schede di approfondimento aiuti i ricercatori ed i praticanti nel loro percorso.

La hakama: la storia

La tenuta tradizionale del praticante di un koryu (scuola antica) è costituita normalmente dal keikogi (稽古着  = tenuta da allenamento) talvolta chiamato dogi ((道着), ossia dei semplici pantaloni fissati alla cintura da un laccio e una robusta giacca che subisce lievi adattamenti per la pratica ad esempio maniche che si arrestano a metà dell'avambraccio nello iaido, per evitare che ostacolino i movimenti della spada, o nell'aikido, per permettere le prese ai polsi che costituiscono una parte importante dell'allenamento. E una hakama: larghi pantaloni percorsi da pieghe nel senso della lunghezza, allacciati in vita da 4 cinte di tessuto (himo) che sono incorporate, con un rialzo nella parte posteriore (koshi ita) e due aperture laterali.

Leggi tutto: La hakama: la storia

L'aspetto morale della pratica dello iaido

Osservazioni sul problema ed alcune risposte del maestro Kawaguchi

Quello dell'aspetto morale sotteso alla pratica dello iaido potrebbe sembrare un problema che non ha nessuna influenza sulla pratica della disciplina. Se però andiamo a vedere bene quello che impariamo, di fatto l'esecuzione di un kata di iaido comporta la simulazione di una uccisione, e questo in effetti un qualche problema morale lo pone a chi ha la sensibilità per accorgersene.

Leggi tutto: L'aspetto morale della pratica dello iaido

Cronologia del Giappone marziale

Avvertenze

Non è facile dividere quanto appartiene alla cultura di guerra e quanto alla cultura marziale, si è scelto di privilegiare quando chiaramente identificabili gli avvenimenti o le correnti di pensiero appartenenti alla seconda, con particolare riguardo, a partire dall'epoca Showa, all'aikido.

Nella storia del Giappone e delle Arti Marziali si è cercaato di selezionare quanto potesse avere particolare rilevanza, gli avvenimenti della storia Occidentale sono invece citati soprattutto a titolo di riferimento cronologico e non si intende attribuire loro una scala di valori. La natura sintetica della tabelle non permette di rendere conto di alcune scelte: ad esempio si menziona l'introduzione del pensiero zen in Giappone a causa della sua forte influenza nell'evoluzione della cultura marziale, argomento che richiederebbe da solo un trattato a parte.

Questa tabella cronologica è comunque un lavoro destinato ad adattamenti, integrazioni ed evoluzioni, nella speranza che questo possa fornire sempre maggiori indicazioni utilii per approfondire i singoli argomenti. Come è facile notare le prime arti marziali classiche od antiche (koryu) pervenute intatte fino a noi sono essenzialmente scuole di spade ed hanno un periodo di prima fioritura tra il XV ed il XVI secolo. Delle scuole che vengono fatte risalire a periodi anteriori - il Daito ryu ad esempio risalirebbe al XII secolo - mancano documentazioni o notizie che rendano conto esatto dei metodi adottati anticamente e della relativa filosofia di base.

Sono posteriori di circa un secolo - tra il XVII ed il XVIII - le più importanti elaborazioni teoriche del pensiero marziale, i testi cui ancora oggi si deve fare riferimento.

 

A.D.

 

Epoca

Storia del Giappone

Storia delle Arti Marziali

Storia Occidentale

0

 

Periodo Jomon – < 200 A.D.

 

I ritrovamenti archeologici indicano la pesenza di una forte classe militare

27 a.C.: Impero Romano

25

 

 

 

 

50

 

 

 

 

75

 

 

 

 

100

 

 

 

125

 

 

 

150

 

 

 

175

 

 

 

200

 

Periodo Yayoi – 200-250

Introduzione della cultura del riso mediante irrigazione;

uso del bronzo e del ferro

 

Milizie imperiali sakimori addestrate in Kashima e Katori

Accettazione del cristianesimo

225

 

 

 

 

250

 

 

 

 

275

 

Periodo Yamato (Kofun) – 250- 592

Instaurazione di un governo forte nella regione di Yamato;

costruzione di enormi tumuli;

introduzione di una avanzata cultura continentale;

introduzione del Buddismo

 

 

 

300

 

 

 

Affermazione del cristianesimo

325

 

 

 

 

350

 

 

 

 

375

 

 

 

395: divisione Impero Romano

400

 

 

 

 

425

 

 

 

 

450

 

 

 

 

745

 

 

 

 

500

 

 

 

 

525

 

 

 

 

550

 

 

 

 

575

 

583: introduzione del buddismo

 

 

600

 

Periodo Asuka – 593-709

Reggenza dei Principe Shotoku;

Costituzione "dei 17 Articoli”;

Riforma di Taika;

Codice di Taiho;

Adozione di uno stato burocratico centralizzato di stile continentale

593: Reggenza Shotoku

Affermazione di buddsmo e zen; influenza sulla cultura marziale

 

625

 

 

 

 

650

 

645: Riforma Taika

 

 

675

 

 

 

 

700

 

701: codice di Taiho

 

 

725

 

Periodo Nara – 710-784

fondazione della capitale Heijo (odierna Nara);

costruzione a Nara del tempio Todai-ji dedicato al Grande Budda;

compilazione dell’antologia poetica Man’yoshu

710: Fondazione Heijo

 

 

750

 

752: CostruzioneTodai-ji

 

768: Impero di Carlo Magno

775

 

770 circa: Man 'yoshu

 

 

800

 

800: scrittura del Kojiki

 

 

825

 

Periodo Heian – 794-1185

Trasferimento della capitale ad Heian (odierna Kyoto);

Instaurazione della reggenza Fujiwara;

Stesura del Genji monogatari;

Governi degli "imperatori in clausura”;

Guerra di Hogen;

Guerra di Heiji;

Distruzione dei clan Heike ad opera di Minamoto no Yoritomo.

 

Istituzione di milizie regionali da cui nacquero i samurai (Buke)

 

850

 

854: reggenza Fujiwara

 

 

875

 

 

 

 

900

 

 

 

 

925

 

 

 

 

950

 

 

 

 

975

 

 

 

 

1000

 

1010: Genji monogatari

 

 

1025

 

 

 

 

1050

 

 

 

 

1075

 

1086: imperatori in clausura

 

1096: prima Crociata

1100

 

 

 

 

1125

 

 

 

 

1150

 

1156-1159: guerre Hogen-Heiji

 

 

1175

 

1185: Vittoria dei Genji

 

 

1200

 

Periodo Kamakura – 1192-1333

Shogunato Kamakura (con Minamoto Yoritomo);

Predominio Hojo sullo shogunato;

Emanazione del codice Joei;

Prima invasione mongola;

Abbattimento dello shogunato (imperatore Godaigo)

 

Crescente affermazione dei samurai (Buke Seiji)

1215: Magna Charta

1225

 

1232: codice Joei shikimoku

Nascita del Bushido (Mononofu no michi)

 

1250

 

 

Studio dello Yumiya no michi (via d’arco e freccia)

 

1275

 

1274: 1. invasione mongola

1281: 2. invasione mongola

 

1275: Marco Polo in Cina

1300

 

 

 

 

1325

 

 

Perfezionamento del bushido

 

1350

 

Periodo Muromachi – 1338-1573

Shogunato Muromachi (con Ashikaga Takauji);

Rivolta di Noni;

Inizio del periodo degli Stati Combattenti;

Arrivo dei portoghesi ed introduzione delle armi da fuoco;

Nascita del Movimento Missionario Cristiano ad opera di Francesco Saverio

 

In questo periodo nascono molte scuole che fanno tuttora parte del koryu.

 

 

1338: guerra dei 100 anni

1375

 

 

 

 

1400

 

 

 

 

1425

 

 

 

 

1450

 

 

Iizasa Choisai (1387-1488): Tenshin Shoden Katori Kashima Shinto ryu

1450: invenzione della stampa

1475

 

 

Aisu Ikosai (1452-1538): Shinkage ryu

 

1500

 

 

Tsukahara Bokuden (1489-1571): Kashima Shinto ryu.

1492: scoperta dell'America

1525

 

 

 

 

1550

 

 

Yagyu Muneyoshi (1527-1606): Yagyu ryu.

 

1575

 

Periodo Azuki Momoyama – 1573-1603

Presa del potere di Oda Nobunaga;

Unificazione di Toyotomi Hideyoshi;

Invasione della Corea

1582: morte di Nobunaga

1598: morte di Hideyoshi

 

 

1600

 

1600: battaglia di Sekigahara

 

1600: Fondazione C.d. Indie

1625

 

Periodo Edo – 1603-1867

Potere di Tokugawa Yeyasu;

Inizio della dinastia Tokugawa;

Adozione della politica isolazionista;

Fioritura della cultura popolare;

Promozione dello “studio olandese”;

Forzatura del blocco da parte degli Stati Uniti

In questo periodo vengono pubblicati molti testi fondamentali della cultura samurai.

 

Miyamoto Musashi (1584-1645): Gorin no sho

 

1650

 

 

Yagyu Munenori (1571-1646): Heiho kadensho.

 

1675

 

 

Takuan Soho (1573–1645): Fudochishimmyoroku

 

1700

 

 

Kotoda Yoshida (1700 circa): Ittosai sensei kenpo sho

 

1725

 

 

Tsunetomo Yamamoto (1659-1719): Hagakure.

 

1750

 

 

Issai Chosan (1659-1741): Neko no Myojutsu

1767: invenzione m. a vapore

1775

 

 

 

1775: Indipendenza S.U. Am.

1800

 

 

 

1789: Rivoluzione francese

1825

 

 

 

 

1850

 

1853: Apertura forzata del Giappone

 

1848: Rivoluzioni in Europa

1875

 

Periodo Meiji – 1868-1912

Imperatore Mutsuhito (Meiji)

Restaurazione del potere imperiale; Modernizzazione del Giappone

Nascita delle arti marziali moderne

1877: abolizione della casta samurai

1883: nascita di Ueshiba Morihei

1861: Unità d' Italia

1900

 

 

1900 circa: judo e kendo nelle scuole

1879: lampada elettrica

1925

 

Periodi Taisho Showa (1912-26 - 1926-89)

Politica nazionalistica;

Intervento e sconfitta nella guerra mondiale; Democratizzazione e ricostruzione

 

1925: nascita dell'Aikibudo

1914: I guerra mondiale

1950

 

 

1942: nascita dell'Aikido

1939: II guerra mondiale

1975

 

 

1969: morte di Ueshiba Morihei

1975: Guerra del Vietnam

2000

 

Periodo Heisei – > 1989

 

1999: morte di Ueshiba Kisshomaru

1992: Trattato di Maastricht

Dal Bushidô verso il futuro

La diffusione e l'utilizzo anche in ambito occidentale del termine bushidô, che significa via del guerriero ed identifica l'assieme di regole di condotta etiche, filosofiche e sociali cui si doveva uniformare il guerriero feudale giapponese, è relativamente recente: chi ha riscoperto questo termine e lo ha reso conosciuto in tutto il mondo come sinonimo del sistema filosofico morale cui si sono attenuti per secoli coloro che appartenevano alla classe samurai è Inazo Nitobe, con l'opera omonima, Bushido, pubblicata in inglese nel 1899.

La classe guerriera conosciuta oggigiorno soprattutto con i termini samurai e talvolta bushi tuttavia ha come detto origine lontane: e di conseguenza non è possibile iniziare una analisi di questa cultura in epoca così tarda. Inizia a ad assumere nella società un ruolo rilevante sul finire dell'epoca Heian (vedi la  Cronologia pubblicata su questo sito) ossia intorno alla fine del XII secolo, elaborando e strutturando i precetti derivati dai raggruppamenti spontanei di guerrieri - bushidan - che legati inizialmente tra loro soprattutto da vincoli di parentela iniziarono a sottomettersi volontariamente alla autorità di Minamoto no Yoritomo, che al termine di un lungo periodo di guerre sanguinose riuscì a prendere definitivamente il sopravvento sulla fazione rivale dei Taira, dando inizio all'epoca dello shogunato di Kamakura.

Le funzioni belliche dei buke, gli uomini d'arme, rimasero sostanzialmente invariate anche nel susseguirsi delle varie dinastie shogunali, per avere termine solamente con il crollo della dinastia Tokugawa, nel 1868, col cui avvento (1602) avevano iniziato gradualmente ad avere maggiore importanza anche nel contesto sociale e politico oltre che in quello militare.

Il codice di condotta della classe dei guerrieri, quello appunto che a partire dalla tarda epoca Meiji si comincia a definire con il termine bushidô in precedenza era identificato come mononofu no michi e tsuwamono no michi, utilizzando vocaboli arcaici per definire i guerrieri (michi è invece la lettura giapponese dell'ideogramma cinese tao, che ha il significato di via, cui si affiancò col tempo anche la pronuncia cinesizzante dô).

Questo codice esercitò una enorme influenza sia sull'intero complesso della società feudale giapponese che sulla struttura etico sociale del Giappone moderno.

I concetti cardine su cui si incentrava la dottrina erano:

Chu:

Fedeltà assoluta verso il proprio signore, che veniva materialmente compensata con l'assegnazione di compiti amministrativi in tempo di pace in aggiunta a quelli militari del tempo di guerra. Del resto non sarebbe stata materialmente possibile senza l'assegnazione di rendite l'esistenza di una classe sociale dedita esclusivamente alle armi, con l'obbligo di rispettare il dovere di addestrarsi in continuazione e lasciare immediatamente ogni cosa quando chiamata alle armi, e con la proibizione di praticare commercio artigianato od altre attività economiche che potessero distogliere dai doveri primari. Naturalmente è nostro dovere osservare che il lungo protrarsi della pax Tokugawa ha inevitabilmente condotto ad un attenuamento della componente bellica, generando la necessità di trasmetterne i principi anche con la redazione di compendi scritti.

Ko:

Fedeltà verso i propri genitori e verso i doveri familiari. La famiglia giapponese tradizionale era fortemente gerarchizzata, per molti versi come quella romana classica ove il paterfamilias aveva potere assoluto di vita e di morte nei confronti di ogni componente della famiglia, per quanto godessero di una relativa autonomia le mogli nella gestione della loro dote e i membri impegnati nel servizio militare che disponevano del soldum ricevuto depositandolo in un fondo detto peculium (da cui la parola italiana peculiare), avevano diritto di dettare su un frammento di coccio (testum) le loro ultime volontà (testamento) e godevano insomma di alcune eccezioni alle regole generali. Tornando a parlare del sistema nipponico, va aggiunto che qui Il paterfamilias poteva decidere di ritirarsi dalla vita attiva, passando l'incarico al figlio da lui scelto, non necessariamente il primogenito.

Questa libertà di scelta del successore non modificava tuttavia in alcun modo i rapporti tra i vari membri della famiglia, che rimanevano ben definiti: i fratelli più giovani dovevano rispetto ed obbedienza a quelli anziani, anche se gerarchicamente loro superiori per necessità contingenti, i membri femminili a quelli maschili, le nuore alle suocere, e così via.

Giri:

Determinazione, tale da accettare serenamente la morte se necessaria, nel compiere i propri doveri. Doveri che erano spesso non facili da identificare, in quanto la complessità della società feudale giapponese poteva portare a conflitti tra differenti doveri a differenti livelli, ma tutti a loro modo imprescindibili. Potevano ad esempio sorgere conflitti tra il dovere di lealtà ed obbedienza verso il tenno (imperatore) e quello verso lo shogun (governatore militare, che in realtà deteneva anche il potere politico ed amministrativo); ovvero tra quello dovuto al proprio daimyo (signore del feudo) e quello dovuto al proprio clan, o tra quelli dovuti a differenti membri della famiglia in eventuale contrasto tra di loro. Da qui nacque l'esigenza di raccolte di regole o in alcuni casi di principi di condotta meno dettagliati e legati alle circostanze, che agevolassero il non facile compito del guerriero chiamato a rispondere ai propri doveri.

Per quanto i concetti basilari risalgano ad epoche ben più remote, solamente a partire dall'epoca Edo appaiono come detto questi testi di riferimento destinati ad elencare sia i principi morali cui il guerriero deve improntare la sua vita, ma anche i veri e propri codici di comportamento che lo orientino nella vita quotidiana consentendogli di conformarsi in essa in ogni momento, anche attraverso i dettami dell'etichetta, ai principi richiamati innanzi.

La ragione di questa innovazione, o per meglio dire di tutta una serie di importanti adattamenti sociali di cui i testi menzionati sono solo un esempio,  va identificata senza alcun dubbio nei mutamenti epocali che il dominio Tokugawa portò con se.

Nel 1673 Yamaga Soko (山鹿 素行, 1622-1685) pubblicò il Buke jiki, enciclopedia in 58 volumi avente l'intenzione di fornire ai samurai un compendio di tutte le conoscenze necessarie per svolgere ogni compito nella società. Iniziava con un sunto sulla storia della casata imperiale, seguivano una genealogia delle maggiori famiglie di guerrieri, il Butô Yoryaku, e una narrazione delle più importanti imprese militari risalenti a partire dall'epoca post-Kamakura (ossia a partire dal XIV secolo).

Terminata la parte storica venivano elencati e minuziosamente descritti i compiti dei samurai, gli studi cui dovevano dedicarsi, i concetti morali cui dovevano improntare la propria condotta. Seguirono numerosi altri testi, tra cui va almeno menzionato il Buke shohatto, in realtà precedente (risalendo al 1615) ma emanato direttamente dal governo Tokugawa e quindi testimonianza di una volontà regolatrice calata dall'alto, non ancora nata da una esigenza diffusa nella classe samurai.

Non si creda comunque che la dottrina dell'epoca procedesse già lungo binari consolidati. Yamaga, seguace del confucianesimo, ad un certo punto del suo percorso ideologico abbandonò tutto quanto fatto in precedenza, arrivando perfino a bruciare i suoi libri. Volle ricominciare senza alcun preconcetto, seguendo però le linee della tradizione e non quelle che erano maggiormente affermate al suo tempo.

L'effetto immediato fu un suo allontanamento dal governo dello shogun, di cui era consulente, e solo col tempo le sue idee iniziarono ad affermarsi. Va notato che Yamaga fu uno dei primi teorici a scrivere le sue opere in giapponese e non in cinese come era costume. I fondamenti del suo pensiero vennero messi per iscritto nel Chucho Jijitsu (Vera storia del Regno di Centro). Risalgono alla sua epoca le prime apparizioni nei testi del termine bushidô.

Da un punto di vista pratico le regole del bushidô richiedevano al guerriero feudale un comportamento attivo al servizio degli ideali della nazione, del feudo, della famiglia, all'adempimento dei quali doveva accingersi non con riluttanza o timore ma con gioia, rivendicando per se l'onore dei compiti più difficili e delle missioni più rischiose. Doveva al tempo stesso  per mezzo di una vita frugale ed operosa porsi nelle migliori condizioni per assolvere quando necessario a questi doveri primari.

A partire dalla media epoca Kamakura (XIII secolo circa), ossia alcune generazioni dopo l'avvento al potere di Minamoto no Yoritomo, l'influsso del pensiero zen aveva profondamente influenzato anche la dottrina del mononofu no michi, mentre la filosofia confuciana, che conobbe un forte sviluppo nell'epoca in cui scriveva Yamaga Soko, gli diede una impronta pù dogmatica, aprendo così la strada a interpretazioni più rigide che lasciavano meno spazio per l'interpretazione personale come quelle teorizzate nell'Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, che venne compilato dal suo discepolo Tsuramoto Tashiro tra il 1709 ed il 1716 ma pubblicato solamente diversi anni dopo.

Le profonde trasformazioni dell'era Meiji non intaccarono la validità del mononofu no michi, che venne anche considerato un importante ed imperdibile patrimonio culturale del Giappone. Fu in questa stagione culturale che nacque con l'intento di far partecipe il mondo intero di questo patrimonio l'opera di Nitobe che riportò ad una nuova e fortunata vita il termine bushidô.

Forse, però, non è stata ancora abbastanza avvertita la necessità di adeguare la dottrina ai drastici cambiamenti epocali imposti dalla società moderna. E' evidente che il compito di un guerriero feudale, inserito in una società da lui integralmente accettata cui anzi si prestava come strumento consapevole e pronto a qualunque sacrificio per il raggiungimento dei fini collettivi, è difficile accettabile in una società in cui si stenta a ritrovare degli obiettivi comuni condivisi, ed anzi è sicuro che si debbano compiere spesso delle scelte tra più soluzioni alternative, scelte che difficilmente possono essere fatte da chi ha delegato ad altri le proprie capacità decisionali.

Da qui la necessità di porsi una domanda di importanza vitale: quale è il compito del budoka al giorno d'oggi? E attraverso quale percorso deve arrivare a dotarsi degli strumenti di lavoro necessari ed acquisire l'indispensabile maturità di pensiero per scegliere i propri ideali e difenderli?

Proponiamo una direzione in cui ricercare le soluzioni a queste problematiche partendo da uno spunto preciso: la lezione tenuta da Tada Hiroshi sensei (San Lazzaro, 2008) durante la quale ricordava che le arti marziali classiche erano votate alla formazione dei soldati, e questo compito venne richiesto a lungo anche alle arti marziali moderne. Ma sottolineava subito dopo che per fortuna una evoluzione c'era stata, e verso una accettazione della possibilità del  combattimento pur tuttavia subordinata alla ricerca della pace. Ma, se le moderne vie () di formazione marziale dovessero formare dei combattenti, il loro compito sarebbe piuttosto quello di formare degli ufficiali e non dei soldati. Degli uomini e delle donne capaci di prendere decisioni responsabili e consapevoli, di portarle ad esecuzione e di difenderle personalmente: Ed anche e soprattutto di motivare altre persone a seguire il loro esempio e di formarle per renderle capaci di assolvere ai loro compiti.

Le arti marziali moderne o, per meglio dire, le moderne discipline di formazione derivate dalle antiche arti marziali, non sono destinate a formare soldati, votati esclusivamente ad eseguire fedelmente degli ordini, ma a formare persone autonome, capaci non solamente di distinguere il bene dal male e di scegliere il primo piuttosto che il secondo, ma anche di addestrarsi continuamente, di affinarsi per essere all'altezza del compito e di rispettare i principi etici richiesti a chiunque acceda ad un'arte.

 


 

Come detto in precedenza fin dal XVII secolo - epoca in cui inizia il lungo periodo della pax Tokugawa che durò poi fino al 1868 -  per quanto  la classe guerriera cominciasse a riflettere più profondamente sui propri compiti e sui migliori metodi per preparvisi, molto più di quanto sia possibile se non addiritura consentito in tempi di guerra continua, rimasero comunque separati e distinti i due momenti cruciali del cammino del guerriero: la preparazione materiale e fisica al combattimento e la preparazione mentale, ma anche filosofica e psicologica, che consentisse di cogliere il senso della propria missione.

In parole povere le antiche discipline (koryu) che dovevano essere praticate dal guerriero erano ancora tese a ricercare soprattutto l'efficacia in combattimento, per quanto fosse venuta meno la possibilità - o necessità - di una verifica pratica sui campi di battaglia. Ed erano comunque tutte discipline legate all'uso delle armi ed in modo particolare della spada, riservando un ruolo minore allo studio del combattimento disarmato.

E' infatti risaputo che il samurai aveva obbligo, non facoltà, di essere costantemente armato di due spade, ed era autorizzato od obbligato a deporre quella lunga (di norma la katana) quando era ospite in una dimora altrui, nei locali pubblici e in altre circostanze ancora, ma aveva il dovere di portare sempre sulla persona la seconda lama, il wakizashi ovvero il tanto. E va qui ricercata la differenza concettuale ma con evidenti ripercussioni dal lato tecnico che separa le arti marziali tradizionali giapponesi, destinate ad una elite avvezza all'uso quotidiano della spada, da altre arti che dovremmo definire più popolari se non temessimo con questa definizione di correre il rischio di sembrare critici nei loro confronti.

Tornando alla analisi del samurai di epoca Edo, dobbiamo constatare che la sua formazione intellettuale e psicologica era delegata a discipline differenti, e che a volte agivano per vie indirette: non impartendo al guerriero nozioni particolari ma cercando di stimolare la sua sensibilità attraverso la pratica di arti apparentemente rigidamente strutturate come ad esempio il chanoyu, conosciuto come "la cerimonia del te oppure al contrario apparentemente informali come la calligrafia shodo

Va comunque osservato che anche nella pratica delle armi debbono esservi stati necessariamente, fin da quell'epoca dei correttivi indirizzati ad una maggiore ricerca interiore piuttosto che al raggiungimento di una mera abilità tecnica. Come esempio non possiamo fare a meno di citare la pratica dello iai o battô ryu, ossia della estrazione rapida della spada per reagire ad un pericolo imminente ma in realtà intangibile, immateriale, simbolico: in quanto la pratica dello iai si effettua prevalentemente a solo, senza alcun contendente.

Del resto lo iai si pratica anche, nella maggior parte dei casi, partendo dalla posizione seiza: che è quella in cui normalmente il porto della spada è interdetto. E' indubbio tuttavia che le antiche scuole (koryu) sono indirizzate soprattutto al combattimento.

E' proprio a partire dall'epoca Meiji, in cui il Giappone viene bruscamente messo a confronto con la civiltà occidentale e si rende conto di dover cambiare radicalmente se vuole mantenere non solo qualche possibilità di sopravvivenza ma anche di salvaguardare le proprie tradizioni, che nasce il problema: non è più possibile mantenere vivo il proprio retaggio marziale continuando ad utilizzare i sistemi del passato. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.» La frase, qualcuno l'avrà riconosciuta, non viene dal lontano oriente: è nata dalla mente dello scrittore italiano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo romanzo Il Gattopardo ambientato nella Sicilia del 1860 nel momento dell'invasione garibaldina. Un momento di cambiamenti irrevocabili, come quelli che avrebbe dovuto affrontare poco dopo, all'altra estremità del mondo, il Giappone.

E' in questa epoca di recupero ma contemporaneamente di trasformazione irrevocabile del patrimonio delle tradizioni guerriere del Giappone, che vede la luce il libro che ha reso celebre il termine bushidô. Che non è tuttavia un libro che intenda solamente raccogliere questo patrimonio, ma piuttosto un saggio che intende soprattutto proporre agli occidentali, cui è rivolto e nella cui lingua (l'inglese) è scritto, una interpretazione del travaglio che sta vivendo il Giappone. Lo stesso titolo potrebbe riflettere se non un cedimento alla moda del momento, un tentativo di indicarvi immediatamente il punto cruciale del cambiamento: i nuovi samurai si preparano alla loro missione seguendo un percorso non più legato alla scuola (ryu) e di conseguenza  non più legato nemmeno alla tecnica (jutsu); su quale sia questo percorso e come vada definito non vi è unanimità.

Ma si diffonde l'abitudine di chiamarlo appunto, forse solo temporaneamente ed in attesa di una definizione migliore, percorso: michi. O più spesso, con una delle tante pronuncie alternative che prevede la lingua giapponese, dô. Suffisso con cui vennero via via contrassegnate, a rimarcare la loro discontinuità ideologica anche se non tecnica dalle antiche discipline, le arti moderne che andavano nascendo: il judô, il kendô, il kyudô, più tardi l'aikidô. Ed è con questo stesso suffisso che Inazo Nitobe sceglie di identificare il percorso ideale non di questo o quel guerriero, ma della classe guerriere in generale: il bushidô.

Rimane ora da definire, dopo aver preliminarmente detto da subito che esiste una discontinuità tra gli antichi ryu e i loro antichi metodi jutsu, quali siano le differenze di impostazione rispetto al passato dei vari , e quali siano i loro obiettivi.

Diciamo immediatamente che molto poco si è studiato e pubblicato su questo argomento, forse per mancanza di stabili piattaforme ideologiche da analizzare.  

Non ci sentiamo infatti di affermare che gli scopi del judô moderno siano gli stessi che Kano aveva identificato, e probabilmente non saremmo nemmeno in grado di identificarli.  

Abbiamo già detto altrove che le moderne arti del budo potrebbero dividersi in tre categorie ben distinte: formali, agonistiche e relazionali. Appartengono al primo genere - formale- le arti che formano il praticante soprattutto attraverso il tentativo di uniformarsi ad un modello ideale, per definizione irragiungibile, attraverso la ripetizione costante di una forma immutabile che rappresenta un combattimento in cui è assente l'avversario (kata). Appartengono al secondo - agonistico o competitivo - le arti che, pur prevedendo talvolta anche una parte dedicata ai kata richiedono momenti di verifica attraverso il confronto con altri praticanti (kumite), al termine dei quali viene attribuita la vittoria all'uno od all'altro.

Il terzo metodo formativo, quello relazionale, è a parere dello scrivente quello da cui sarebbe lecito attendersi maggiori risultati. Esso prevede e richiede un rapporto dialettico tra i praticanti, un continuo e programmato scambio dei ruoli di attaccante destinato a soccombere e difensore chiamato a difendere se stesso certamente ma non ad offendere la controparte.

Per utilizzare i termini utilizzati da Tada sensei: «... è necessario adottiare un sistema di allenamento in cui  non vi sia predominio o antagonismo fra i praticanti, ma che piuttosto permetta il generarsi spontaneo delle tecniche.» E più avanti il maestro parla di "Via della purificazione", specificando che «L'esatta definizione usata più volte da Osensei nei suoi poemi didattici (doka) è "Odo no kami (mu) waza", e si riferisce ad un episodio della storia mitologica del Giappone, in cui Izanagi-no-mikoto, ritornato sulla terra dopo essere scappato dal mondo degli inferi, decise di purificare il corpo e lo spirito dalle orrende esperienze vissute, facendo abluzioni (misogi) in un corso d'acqua pura.»

E' inevitabile constatare che l'aikido, arte cui si riferiva Tada sensei - ed arte relazionale per eccellenza - è in sensibile ritardo non diciamo nel conseguimento di questi ambiziosi risultati, ma anche nell'avvicinarsi ad essi. Non possiamo certamente addossare la responsabilità di tutto questo all'arte. E' probabile che siano stati invece troppi "artisti", traditi forse da un eccessvo innamoramento verso i risultati estetici del loro lavoro, a dimenticarne o a metterne in disparte il significato vero e lo scopo irrinunciabile. Non rimane che augurarci una inversione di tendenza, un momento di riflessione che permetta a molti insegnanti di avere una maggiore incidenza positiva nell'animo ma anche se non soprattutto nella vita stessa, dei praticanti. Non solo nei loro gesti tecnici.

Solo così si potrà rendere il dovuto omaggio ai koryu, le antiche scuole marziali, e permettere che il loro messaggio continui ad essere tramandato nei secoli.

 

 

Cookies