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Vivere nella paura (Ikimono no kiroku)

Akira Kurosawa, 1955

Toshiro Mifune, Takashi Shimura

 

L'esplosione delle due bombe atomiche sganciate dall'aviazione statunitense sopra Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto) pose fine alla seconda guerra mondiale ma a carissimo prezzo. Aveva già causato secondo le stime effettuate nel 1950 intorno alle 250.000 vittime, di cui una parte notevole aveva perso la vita negli anni successivi a causa degli effetti collateral.

Altri ancora dovevano scomparire, dopo lunghe sofferenze, e altri infine sarebbero rimasti marchiati dal fuoco atomico per il resto della loro vita e perfino nella tomba.

I nomi di queste persone, chiamate hibakusha (被爆者) ossia letteralmente persone colpite dall'esplosione, vennero iscritti in uno speciale registro nel monumento alle vittime dell'olocausto atomico.

Nell'agosto 2009[update] questo registro, che viene tuttora aggiornato, conteneva i nomi di circa 410.000 tra persone decedute ed hibakusha; 263.945 in Hiroshima e 149.226 in Nagasaki.

Nove anni dopo la tragedia nucleare, nel marzo del 1954, il peschereccio giapponese Fukuryu Maru con 23 uomini di equipaggio a bordo venne investito al largo delle isole Marshall dalla ricaduta radioattiva di un esperimento atomico americano effettuato nell'atollo di Bikini.

Il marconista Aichi Kuboyama morì pochi mesi dopo, tutti gli altri vissero il resto della loro vita sotto stretto controllo medico.

Il peschereccio, il cui nome significa Drago fortunato, venne tirato a secco nel 1976, ed è conservato ancora oggi in un grande sala nella città di Tokyo.

Le autorità americane che dapprima avevano tentato di negare l'evidenza, ammisero poi che circa un centinaio di navi erano rimaste contaminate dall'esplosione, assieme ai loro equipaggi e a molti abitanti delle isole Marshall.

La famiglia Kuboyama venne infine compensata con circa 2.500$ dell'epoca, il governo giapponese con 2 milioni di dollari.

L'impressione fu enorme nell'opinione pubblica giapponese, che già si doveva quotidianamente confrontare col monito posto da centinaia di migliaia di vittime ma anche di altrettante centinaia di migliaia di sopravvissuti, che portavano il peso di un vita e di un futuro incerti e gravosi, per se e per i propri figli.

Del resto negli anni 50 e 60 il terrore della catastrofe atomica era diffuso in tutto il mondo, come indica anche l'opera di Stanley Kubrik Il dottor Stranamore. Il timore, irrazionale ma reale e realistico, che le esplosioni atomiche avessero contaminato gravemente anche l'equilibrio ecologico, diede origine ad una serie di film che mostravano creature mostruose uscite dal mare: il più famoso di tutti questi mostri di cartapesta - proiezioni di mostri della mente - ancora ben conosciuto anche in occidente, fu Gojira (Godzilla). Nel 1955 inoltre un ennesimo episodio, la coraggiosa morte di Sadako Sasaki, bambina contaminata dalla radiazioni in tenera età, scosse il Giappone.

Uno dei più stretti collaboratori di Akira Kurosawa, il musicista Fumio Hayasaku (a sinistra nella foto assieme al maestro), persona costantemente vicina alla morte in quanto gravemente malato di tubercolosi, rimase estremamente impressionato dalla vicenda dei marinai del Fukuryu Maru.

Hayasaku sosteneva - e lo sperimentava quotidianamente sulla propria pelle - che non era accetttabile vivere avendo costantemente la morte al fianco. Convinse Kurosawa a scrivere una sceneggiatura, cui collaborò egli stesso, che avesse per tema la psicosi della catastrofe nucleare.

Venne portata immediatamente sullo schermo: era un momento in cui Kurosawa era al culmine del successo e nulla gli veniva negato, poteva quindi imporre le sue scelte. Entrambi si dedicarono al loro compito con assoluta dedizione.

 

 

Hayasaku non arrivò a vedere la fine dell'opera: scomparve improvvisamente a 41 anni, il 15 ottobre 1955, lasciando vuota per la prima volta quel giorno la pagina del suo diario, in cui quotidianamente segnalava il progredire dell'opera.

In una lettera a Kurosawa inviata nel periodo immediatamente precedente la morte, la sua ultima lettera, aveva scritto: "Non inquietarti per il mio stato di salute. Sii senza pietà".

Il suo allievo Masaru Sato portò a termine le musiche di scena.

La sequenza finale avrebbe dovuto essere commentata da un tema chiamato Musica delle stelle, di cui Hayasaku aveva potuto mettere sullo spartito solo le prime 4 battute. Kurosawa negò l'autorizzazione a completare questo pezzo, e nella scena finale di Ikimono no kiroku riprende invece iil tema di apertura.

Kurosawa dichiarò in seguito: «Mentre scrivevamo la sceneggiatura avevamo la sensazione di essere sul punto di fare quel genere di film che ci avrebbe permesso, una volta finito tutto e venuto il giorno dell'ultimo giudizio, di alzarci e rendere conto delle nostre vite passate dicendo: "Siamo gli uomini che hanno fatto Vivere nella paura"».

L'opera tuttavia non lasciò segni tangibili né sulla critica né sul pubblico.

E dire che Kurosawa era reduce come detto da un grande trionfo internazionale con I sette samurai, e con gli stessi protagonisti: i grandi Takashi Shimura e Toshiro Mifune, qui incredibilmente credibile nei panni di un vecchio settantacinquenne, lui che ne aveva all'epoca 35 ed era il ritratto del vigore e della salute.

Il desiderio espresso più volte da Kurosawa, e ripreso anche dalla sua stretta collaboratrice Teruyo Nogami in una intervista che accompagna l'edizione francese del film (edita da Wild Side Films, e ricca di preziosa informazioni), è che la gente di oggi possa riscoprire questa opera dimenticata del maestro e possa diventare ricettiva allo spirito espresso nelle sue opere.

Soprattutto in Giappone: se non sono mancati in ambito mondiale i riconoscimenti all'opera di Kurosawa, se ancora i suoi film vengono ricercati e proiettati nelle sale occidentali, in Giappone molti non si ricordano di lui o non lo hanno mai conosciuto.

Detto che occorre riscoprire Kurosawa, accostandoglisi con rispetto ed attenzione, va anche detto a chiare lettere che Ikimono no kiroku è una delle sue opere più importanti, ed una di quelle di più scottante attualità: se sono diminuiti i timori di una tragedia nucleare, infiniti altri timori sono sopraggiunti a turbare i pensieri e ad inquinare le opere dell'uomo moderno. Kiichi Nakajima, il protagonista incarnato dalla straordinario Toshiro Mifune, è un uomo dei nostri giorni, alle prese con le nevrosi dei nostri giorni.

O, più esattamente, un uomo alle prese con l'angoscia del vivere quotidiano che ha sempre attanagliato ogni essere umano, in ogni epoca, e quindi anche ai giorni nostri. Soprattutto quando il successo materiale nella vita sociale ricopre l'essere umano di una superficiale sicumera, rendendolo particolarmente vulnerabile al pur necessario, indispensabile, non differibile, dubbio esistenziale.

Kurosawa volle tornare ancora sul tema, e all'olocausto nucleare è dedicato anche il film Rapsodia in agosto, da lui scritto e diretto ed uscito sugli schermi nel 1991.


Le immagini di apertura ci mostrano un Giappone profondamente diverso da quelle che ci avevano mostrato le opere di Kurosawa degli anni 40. Allora regnavano lo sconforto e la desolazione, ed anche in Vivere che risale a soli tre anni prima, l'atmosfera è ancora quella cupa e talvolta disperata dell'immediato dopoguerra.

Ora invece è evidente che tira un'aria nuova, l'aria di una ricostruzione già ben avviata: le strade sono affollate di persone, biciclette, automobili e mezzi pubblici.

Ognuno sembra avere una occupazione urgente cui attendere, che richiede il suo spostamento all'interno di un ordinato quanto complicato sistema. Anche la musica di Hayasaku, per quanto non priva di drammaticità, cerca di richiamare alla mente l'idea di un fermento tutto sommato positivo.

 

 

 

Il coprotagonista lo conosciamo per la prima volta vedendolo affacciarsi alla finestra; è il dottor Harada, stimato dentista che è allo stesso tempo un apprezzato mediatore nelle cause civili.

Takashi Shimura, Impecccabile come sempre nel suo ruolo, aveva rifiutato quello del protagonista, ritenendosi oramai troppo "sbiadito" per affrontarlo. Eppure era ancora di parecchio più giovane del personaggio che avrebbe dovuto interpretare, immaginato come un vecchio di 75 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Una convocazione di routine in tribunale segnerà per lui l'inizio di una esperienza che dovrà farlo riflettere profondamente.

Già al primo impatto si rende conto di dover mediare in un caso di disputa familiare ben più serio di quelli che ha trattato fino ad allora. Il corridoio del tribunale è affollato di persone legate in vario modo alla causa in discussione, e l'atmosfera tra di loro non è delle più serene.

Allo stesso Harada, scambiato per uno dei tanti curiosi o postulanti, viene proibito l'ingresso in aula e deve qualificarsi.

Non appena entrato capisce immediatamente perché quel caso darà a tutti molto filo da torcere.

 

 

 

 

 

Si sta discutendo sulla richiesta di interdizione del signor Kiichi Nakajima, presentata dai suoi familiari: la moglie ed i suoi due figli Ichiro e Jiro, e le figlie Yoshi e Sue.

Il signor Nakajima è naturalmente presente, per dare la sua versione dei fatti, e sta impegnando severamente sia il giudice conciliatore che i familiari, che pur alternandosi non riescono a tenerlo a bada.

Si tratta chiaramente di un vecchio collerico, tirannico ed indomabile, che ha costruito la sua vita con inflessibile volontà, travolgendo ogni ostacolo.

Non è mai stato disposto in vita sua nemmeno ad ascoltare alcuna minima obiezione ai suoi piani, figuriamoci accettarla.

Essere addirittura tacciato di incapacità di badare a se stesso dopo che per una vita ha badato agli altri rappresenta per lui un atto di infamia.

 

 

Kurosawa, dopo avere nello script dipinto sia pure a grandi linee la figura del protagonista, assieme ai suoi collaboratori, si rese immediatamente conto che nessun attore giapponese sembrava in grado di affrontare la parte.

Nonostante il suo rifiuto Shimura sarebbe stato sicuramente all'altezza. Ma la scelta apparentemente azzardata di Toshiro Mifune si dimostrò non perfettibile. Le lunghe e faticose sedute di trucco cui si sottoponeva prima di ogni ripresa non bastano a giustificare la sua metamorfosi.

Mifune si è incarnato alla perfezione nei panni di una persona di quaranta anni più anziana, muovendosi, gesticolando, perfino respirando come un uomo di 75 anni.

Età che - non bisogna dimenticarlo - era negli anni 50 molto più vicina di adesso ai limiti estremi della vita umana.


Kiichi Nakajima è sicuramente un personaggio inedito nella filmografia di Kurosawa, e che non ritroveremo più. Al termine della sua vita, una vita condotta con aggressività e coronata dal successo materiale, non ha perso nulla della sua carica di energia, ma stenta a trovare come indirizzarla.

E' il proprietario delle acciaierie Nakajima, il cui stesso aspetto lascia immaginare una crescita tumultuosa e inarrestabile,in tempi in cui era necessario badare al concreto più che all'apparenza.

Da alcuni anni tuttavia si è convinto che il Giappone è sull'orlo di una nuova catastrofe nucleare, e progettava di abbandonare tutto per trasferirsi nell'estremo nord, pensando di essere là al sicuro costruendovi un rifugio anti atomico.

I suoi famigliari più stretti, la moglie ed il figli, hanno per questo fatto ricorso in tribunale. Chiedono che gli venga interdetta la vendita dei suoi beni e venga messo sotto tutela. La decisione viene fissata ad una seconda udienza.

Apparentemente Nakajima si è rassegnato, tornando al suo caotico tran tran quotidiano.

Potrebbe sentirsi ormai "arrivato", continua invece a sporcarsi anche materialmente le mani.

Esamina con attenzione ogni carico di carbone che arriva ad alimentare le sue fornaci, e tratta rudemente di persona con clienti e fornitori, anche i più insignificanti, che mostrano tutti di temerlo.

Ma anche di rispettarlo.

La sua rassegnazione è solo apparente: non è certamente un uomo che si arrende alle prime difficoltà, e lo dimostra in continuazione a se stesso e a chiunque lo circonda.

 

 

 

 

 

Una grossa macchina guidata da un autista entra un giorno nei cancelli dello stabilimento Nakajima. Ne esce un signore attempato, di una certa età, con i modi di chi è abituato a comandare (l'interprete è Eijiro Tono).

E' venuto per una trattativa con Nakajima

Una trattativa particolare, che riaprirà la guerra privata del vecchio leone con il resto del mondo.

Senza dire nulla, pone sul tavolo una misteriosa valigia che ha portato con se, e la apre: è custodia di un proiettore, un proiettore amatoriale di pellicola 8mm, che veniva appunto utilizzata alla metà del secolo XX.

Spegne la luce.

 

 

 

 

Tra l'attonito stupore dei presenti, che si rendono conto che sta succedendo qualcosa che non potrà non avere ripercussioni sulla loro vita, inizia a proiettare un film sulla nuda parete.

Sono riprese di un paese lontano: il Brasile.

Lontano eppure vicino, in quanto diverse ondate emigratorie vi avevano impiantato la più numerosa colonia giapponese al di fuori della madre patria.

Dall'età del misterioso visitatore, e dalla sua evidente ricchezza, comprendiamo che si tratta di un cittadino giapponese emigrato in Brasile all'inizio del 1900, e che ha fatto fortuna.

Cosa è venuto a proporre? Uno scambio: una immensa fattoria nel cuore del Brasile, in cambio di una tenuta in Giappone ove potersi ritirare per il resto dei propri giorni.

Nakajima aveva infatti da qualche tempo corretto il tiro: la notizia degli esperimenti nucleari sovietici nella zona artica l'aveva allarmato, e gli aveva fatto capire che trasferendosi all'estremo nord sarebbe finito direttamente dalla padella nella brace.

Ha deciso quindi di trasferirsi addirittura in un altro continente, aggirando la decisione del tribunale con una trattattiva che non implica scambio di denaro.

La vita privata di Nakajima è assai complicata: oltre alla famiglia regolare, è attorniato da una schiera di amanti e figli illegittimi, tutti ancora molto giovani. Questo ci lascia immaginare che Nakajima abbia lavorato incessantemente per gran parte della sua vita, senza mai concedersi un attimo di respiro, per poi conoscere solo in età matura qualche momento in cui potersi rilassare, ma approfittandone appieno quando è arrivato ad una posizione agiata.

Nakajima non sembra fare alcuna differenza tra la famiglia naturale e le sue famiglie di complemento. Il primo nucleo è in realtà composto da un solo ragazzo, orfano di una delle tante sue amanti.

Il vecchio si reca da lui periodicamente, lo rifornisce di denaro, tenta di indirizzarlo nella vita. E naturalmente ora progetta di portare anche lui in Brasile.

E' evidente dalla sua espressione che il ragazzo non è entusiasta dell'idea, ma dapprima non osa obiettare, lo trattiene l'irascibilità del vecchio.

Infine si fa coraggio: è un figlio naturale, la famiglia non lo accetterà mai. Preferirebbe essere aiutato per crearsi una vita autonoma in Giappone.

Come era prevedibile, Nakajima si infuria e lo pianta in asso.

 

 

 

Una seconda amante ha una figlia, Taeko. Ambedue vivono dei proventi di un bar che Nakajima ha acquistato per loro.

Ma traspare dal loro comportamento una insofferenza di fondo: ritengono che Nakajima potrebbe fare molto di più per sostenerle, se solo volesse.

E, naturalmente, non hanno alcun interesse a trasferirsi in Brasile. Sarebbe, questa la giustificazione che trovano, un abusare della sua cortesia.

 

 

 

 

 

 

 

L'unica persona che sembra avere veramente un intenso legame di affetto con Nakajima, a parte la moglie Toyo, che è però una povera creatura in balia degli eventi, sempre in lagrime, è Asako (Akemi Negishi), che mantiene un padre fannullone ed è madre di un bimbo per cui Nakajima stravede.

E' durante la visita a quest'ultimo suo centro degli affetti che scopriamo per la prima volta una incrinatura nella impenetrabile sicumera di Nakajima.

Ha un terrore folle dei fulmini, e non riesce a trattenersi dal rifugiarsi tremando in un angoletto ogni volta che arriva un temporale.

Una caratteristica che Kurosawa riproporrà tale e quale, a distanza di circa 35 anni, nella protagonista del suo Rapsodia in agosto: un'altra opera come già detto dedicata alla tragedia dell'atomo.

 

 

Terminato il primo giro di riognizione destinato a sondare gli umori di figli, figlie, moglie, amanti, Nakajima non tarda a ricevere una prima inquietante risposta:.

Il postino arriva con due lettere ufficiali, provenienti dal Tribunale Civile: la sua famiglia certamente ha fatto di nuovo opposizione.


 

I plichi consegnati dal portalettere sono due, ed il secondo è a nome della moglie Toyo: a causa di un nuovo esposto indirizzato al tribunale le parti sono chiamate in anticipo ad esporre le loro ragioni.

Il terribile vecchio però non ha alcuna intenzione di attendere la data della convocazione per poter dire la sua: non appena entra dentro casa i familiari capiscono immediatamente che c'è aria di burrasca.

Nakajima non riesce nemmeno a parlare. La vita lo ha abituato, forse costretto, a manifestare immediatamente le sue emozioni e a cercare loro uno sfogo materiale ma questa volta si limita a porgere alla moglie la copia dell'esposto, e a ritirarsi disgustato dalla vista dei suoi familiari.

 

 

 

 

 

La macchina della giustizia aveva accelerato il suo iter procedurale in seguito ad un intervento di Ichiro Nakajima al termine del quale il presidente del tribunale aveva subito chiamato al telefono il dottor Harada.

Era richiesta la sua presenza per un nuovo tentativo di mediazione tra Nakajima, che aveva ignorato ogni raccomandazione, ed i familiari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In udienza, tormentata come la precedente dalla calura estiva, le certezze dei magistrati e del mediatore iniziano sia pure ancora impercettibilmente a vacillare.

Al di là di quello che possono far comprendere le carte processuali, al di là di quello che prescrive la legge, avvertono che l'inflessibile volontà di Nakajima merita rispetto, anche quando non è possibile comprenderla ed assecondarla.

Ma la situazione di fatto non si muove: Nakajima è irremovibile, e la famiglia non osando opporglisi a tu per tu si rifugia dietro l'asettica e puntigliosa protezione del tribunale civile.

 

 

 

 

 

 

Ma è una rinuncia, uno scarico di responsabilità ed in fondo una dimostrazione di viltà, che Nakajima non è disposto a tollerare. Il figlio Jiro si fa portavoce e spiega che secondo la famiglia l'idea balzana di emigrare in Brasile è destinata a risolversi in uno scacco finanziario.

Qui Nakajima per la prima volta svela i suoi piani: non pagherà in denaro la fattoria in Brasile, la otterrà mediante uno scambio di beni. Gli stessi giudici devono ammettere che l'idea è brillante.

Harada fa ancora un passo avanti: dichiara che l'idea è realizzabile, e chiede ai familiari se non siano disposti a riconsiderare la loro opposizione.

No, è ancora Jiro che parla: il terrore della bomba atomica è ingiustificato, e se anche fosse, non dobbiamo tutti morire un giorno?

Nakajima si ribella: non si ribella alla morte. Ma rivendica il suo diritto di non morire assassinato. I giudici rimangono colpiti, in assoluto silenzio, da questa dichiarazione titanica.

 

Jiro ha ancora un altro argomento. E' arrivato il momento di parlare della complicata situazione sentimentale del padre, che ha intenzione di portare in Brasile anche le sue amanti e i loro figli.

Nakajima non ha niente da nascondere, trova giusto voler pensare alla salvezza di tutte le persone cui è legato e che dipendono da lui. Jiro lo invita allora ad andare in Brasile con chi vuole, ma lasciare loro liberi di vivere la loro vita in Giappone.

E' un affronto troppo grande per Nakajima, che come al solito sceglie il metodo più diretto per rendere noto il suo disappunto.

Si scaglia sul malcapitato Jiro, invano trattenuto dagli altri figli, dalla moglie e dai funzionari, e gli dà a sonori ceffoni il fatto suo.

 

 

 

 

Ristabilita in qualche modo la calma, bisogna attendere nel corridoio le decisioni del tribunale.

Attendere l;e decisioni di altre persone, specialmente su materie che ti riguardano da vicino, che decideranno se la vita andrà in un senso o nell'altro, è dura.

Il gruppetto siede silenzioso, a capo chino, senza trovare la forza di dire nulla.

Quando ad un tratto, minaccioso, ecco arrivare a grandi passi Kiichi Nakajima.

Cosa altro starà per combinare?

 

 

 

 

 

 

 

Una volta tanto, nulla di grave: è semplicemente andato a comprare delle bibite, e le distribuisce, premuroso quanto timido e scontroso, alla moglie ed ai figli.

Un modo per chiedere scusa del suo ennesimo scatto di nervi?

Certo. Ma soprattutto un espediente adottato da Kurosawa per ricordarci che a dispetto delle impressioni superficiali, con cui lui stesso si è divertito a portarci fuori strada, Nakajima è in questa vicenda l'unica persona disinteressata

L'unica che abbia premura per il destino degli altri e che li circondi di attenzioni.

E' questo il suo destino, questa sarà la sua condanna.


Nell'aula, sempre più oppressi dalla calura, sono rimasti i magistrati assieme ad Harada ed alla segretaria.

Sembra loro che non ci siano margini per respingere la richiesta dei familiari di Nakajima.

Harada chiede la parola, propone di riflettere ancora un attimo. In fondo, il timore di una catastrofe nucleare, non l'hanno tutti, comprese le persone presenti nella stanza? E perché interdire una persona che è stata dichiarata normale dai medici, che non è dedita all'alcol, che è certamente fuori dalla norma ma non fuori dai limiti?

Solo perché è l'unico che abbia il coraggio di dichiarare le sue paure, di affrontarle e di cercare dei rimedi?

Indubbiamente Nakajima esagera, i suoi timori anche se condivisi da tutti sembrano essere patologici. Ma quale è la causa scatenante della sua angoscia?

 

Harada prima di prendere qualunque decisione ha bisogno di conoscere le origini del suo male esistenziale. E' necessario porgli direttamente la domanda.

Nakajima tuttavia non riesce a comunicare i suoi sentimenti. Nega di essere inquieto, ritiene che sia giusto e necessario evitare il rischio di essere assassinato, e se i suoi figli preferiscono chiudere gli occhi e comportarsi da vili, lui non intende rassegnarsi prima ancora di avere tentato qualcosa.

E' chiaro che il tribunale non potrà dargli ragione. Il più anziano dei giudici commenta con amarezza che anche loro fanno parte del gruppo dei vili.

Tuttavia Nakajima sta tentando invano di risolvere un problema troppo grande per il singolo individuo, fuori della sua portata.

E' necessario, nel suo stesso interesse, impedirglielo.

Comunicata alle parti la decisione di interdire Nakajima si attende il processo di appello.

Il turbamento di Harada non si arresta qui. Si documenta, legge libri e giornali sugli esiti dell'esposizione alle radiazioni nucleari. La sua conclusione è che conoscendo quei dati perfino gli animali sentirebbero il bisogno di abbandonare il Giappone.

Nakajima intanto non si dà per vinto. Ha accompagnato l'uomo del Brasile a visitare un terreno con una magnifica veduta sul monte Fuji.

L'uomo ne è entusiasta: non avrebbe saputo che farne della acciaieria, ma in cambio di questo terreno relativamente piccolo, dove si potrebbe dedicare all'allevamento, è più che disposto a cedere la sua immensa fattoria in Brasile.

L'ostacolo della interdizione non è facilmente superabile: il terreno costa una cifra ingente, e per fermarlo occorre versare subito una importante caparra.

 

 

 

 

 

 

 

La guerra dei Nakajima arriva ad un importante salto di qualità. Ichiro si è affrettato a cambiare la combinazione della cassaforte, ma i clienti dell'acciaieria, sia perché ignorino gli sviluppi giudiziari sia perché abituati da sempre a trattare col vecchio considerando i figli dei buoni a nulla, continuano a versare a lui i pagamenti.

Nonostante tutto ha raggiunto una cifra molto vicina a quella che gli serve.

Ma ancora non basta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nakajima fa appello a tutti. Ma il figlio si rifiuta immediatamente di consegnargli il libretto di risparmio che fu di sua madre.

Non crede che Nakajima avrà ragione in appello, e non si vuole privare inutilmente della sua unica fonte di reddito. Potrebbe anche avere ragione. Ma il suo atteggiamento è egoistico e sprezzante.

Non va meglio con la proprietaria del bar. Nakajima vorrebbe accendere un'ipoteca sulla licenza, ne ricaverebbe esattamente quanto gli manca.

Ma la donna non accetta, a meno che Nakajima non si decida finalmente ad iscrivere la loro figlia (ci sono seri dubbi che lo sia veramente) sul suo stato civile. Sconfitto, Nakajima si ritira.

 

 

 

 

 

Solamente Asako si sente in dovere di fare qualcosa per lui. Quel giorno incautamente Nakajima ha incaricato suo padre di una riscossione. Naturalmente del denaro già non rimane più niente.

Perlomeno secondo lui: Asako fruga nei suoi vestiti e riesce a raggranellare dei resti, poi dà fondo a tutti i suoi risparmi per soccorrere Nakajima.

Questi ha una reazione brusca: è deluso, non bastano,

E' la volta di Asako ad essere delusa: Nakajima non riesce, pur essendo un uomo buono e generoso, a trattenere la sua natura ombrosa e collerica.

Infatti afferra i soldi, che dapprima aveva rifiutato, e senza dire niente se ne va.

 

 

 

 

Non sono pochi quelli che si sono resi conto che in Nakajima c'è molta limpidezza nonostante il suo caratteraccio.

L'uomo venuto dal Brasile, osservando fuori dalla finestra la pioggia battente, che nell'estate di Tokyo si alterna costantemente al caldo torrido, passeggia inquieto e riflette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine decide: si volge verso Nakajima e con un sorriso gli stringe la mano.

Nakajima è un uomo onesto, gli piace.

Anche lui non voleva emigrare in Brasile, tanti anni prima, per seguire il padre. Solo quando la loro casa bruciò, rimasti senza nulla, si decisero al grande passo.

Aspetterà ancora, tornerà entro pochi giorni in Brasile ma sarà sufficiente che Nakajima gli faccia sapere che tutto è a posto per concludere l'affare.

Nel frattempo, Nakajima riprenda il denaro, lo restituisca ai suoi figli, e parli ancora con loro.


La riunione di famiglia non ha buon esito.

Spinti da Jiro i figli non solo rifiutano ancora di seguirlo ma nemmeno accettano indietro il denaro, in modo da avere una buona carta da giocare contro di lui in tribunale.

La più giovane delle figlie, Sue, che essendo ancora minorenne non ha avuto alcuna parte nella controversia legale, è sempre stata dalla parte del padre, ma osservando le vicende con ironico distacco, senza lasciar nulla trapelare.

Questa volta perde la pazienza e scaglia un oggetto su Jiro che reagisce.

 

 

 

 

 

 

Se perdono la pazienza gli altri cosa possiamo attenderci da Nakajima?

Eccolo piombare addosso a Jiro per dargli l'ennesima lezione.

E l'uomo del Brasile intanto è ripartito. Ha promesso di aspettare, ma non potrà essere per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passato qualche tempo, un giorno Harada incontra Nakajima sul tram. Molte delle scene del fillm si svolgono sopra un tram che va o che viene.

Simboleggia lo spirito di ricostruzione del Giappone anni 50, di cui abbiamo già parlato.

Una vettura venne meticolosamente ricostruita negli studi, priva di un lato per premettere riprese agevoli, secondo i dettagliati disegni di Kurosawa.

L'impressione che il tram sia in movimento in mezzo al traffico è data mostrando oltre i finestrini i pantografi di altri tram che lo incrociano, montati su carrelli ed azionati periodicamente dai macchinisti, e comparse che simulano i passanti per strada.

 

 

 

 

 

 

Harada non crede ai suoi occhi: Nakajima è l'ombra di se stesso: non ha più nulla dell'uomo che aveva conosciuto, titanicamente orgoglioso delle sue molte vittorie come delle sue poche sconfitte.

Si fa riconoscere, ma Nakajima bruscamente scende dal tram senza rispondergli. Harada scende a sua volta.

Nakajima rifiuta ancora il colloquio e non rimane ad Harada che osservarlo mentre si allontana. Però, giunto alla fine del tunnel dove si era arrestato il tram, torna improvvisamente indietro.

 

 

 

 

 

 

 

Ha bisogno di sfogarsi, e il suo è lo sfogo di un uomo disperato: la decisione del tribunale lo ha lasciato impotente di fronte al suo incubo.

Se prima lottava senza paura, ora che è inabilitato a fare qualunque cosa il terrore della bomba non lo lascia, giorno e notte. E' condannato a vivere con il suo incubo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Detto ciò, sempre più curvo sul suo bastone, si allontana e sparisce dietro l'angolo.

Harada, turbato dall' episodio, chiederà un colloquio al giudice per verificare se non ci sia alcuna possibilità di venire incontro a Nakajima.

Il verdetto è amaro: non è nelle loro facoltà di fare nulla, ma nessuno deve sentirsi responsabile per l'angoscia esistenziale di Nakajima, che nasce dentro di lui.


Rifugiatosi in casa di Asako, ove passa la maggior parte del suo tempo stringendo ossessivamente tra le braccia il suo ultimo figlio, nemmeno là Nakajima trova pace.

Le sue paure non lo abbandonerebbero comunque, ma a colmare la misura provvede il padre di Asako, leggendo stoltamente ad alta voce le ultime allarmistiche notizie dei giornali sulla possibilità di una catastrofe nucleare, cui aggiunge i suoi sciocchi e superficiali commenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono colpi che Nakajma non è più in grado di sopportare.

Si sente per la prima volta in vita sua assolutamente impotente, eppure vuole ancora tentare qualcosa.

Convoca immediatamente un'altra riunione di famiglia, ma questa volta allargata a tutti: figli legittimi ed illeggittimi, moglie ed amanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E per la prima volta in vita sua, non comanda, non impone: implora.

Implora inchinandosi di fronte alla sua famiglia di voler finalmente acconsentire a venire in Brasile con lui.

E' per loro che sta facendo tutto questo, non per se.

Non avrebbe senso che partisse da solo, non potrebbe acconsentire a salvarsi lasciando al loro destino delle creature innocenti come il piccolo appena nato.

 

 

 

 

 

 

 

Apparentemente l'unica persona a raccogliere il disperato appello di Nakajima è la moglie Toyo: anche lei si inchina, si umilia, chiede a tutti di acconsentire alle richieste del vecchio: non ha mai sbagliato in vita sua, è sempre stato preveggente.

Nessuno osa rispondere. Ma è chiaro che nessuno vuole acconsentire.

Nakajima si alza, sconfitto.

Solo allora la figlia Sue trova finalmente il coraggio di dichiarare il suo appoggio: partirà anche lei per il Brasile.

 

 

 

 

 

 

 

Troppo tardi: mentre Sue lo abbraccia e tenta di trattenerlo Nakajima viene colto da un malore, e si accascia al suolo privo di sensi.


I dottori sembrano relativamente ottimisti: Kiichi Nakajima ha bisogno soprattutto di riposo, è stato sottoposto a troppe pressioni.

Ma i familiari sono sicuri che sia l'inizio della fine, e durante la notte di veglia, già sicuri del peggio, si dividono immediatamente, spontaneamente, in due gruppi.

Nel primo ci si interessa solo di raccogliere quanto più possibile dai beni di Nakajima.

Si elaborano piani, si stringono alleanze, si identificano i nemici, li si spia.

 

 

 

 

 

 

 

Il secondo gruppo, e non è certamente un caso che sia formato solo da donne, superato ogni contrasto si sente ora unito.

Le unisce il comune amore per il vecchio leone.

La moglie Toyo, la figlia Sue e l'amante Asako, vegliando l'inquieto sonno del piccolo figlio di Nakajima, avvertono solamente il dolore della perdita umana.

Non si curano minimamente dei loro interessi materiali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nakajima ha un sonno inquieto, e si risveglia nel peno della notte.

Ascolta in silenzio i discorsi dei familiari, che si dividono le sue spoglie prima ancora che lui sia morto.

Soprattutto insistono sulla acciaieria, la loro unica risorsa, l'unica cosa che loro interessi veramente.

E' quello il colpo mortale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La scena cambia bruscamente.

E' ora giorno, e Harada si trova per strada, cercando di farsi strada in mezzo alla folla agitata da qualche avvenimento drammatico.

L'acciaieria Nakajima è andata a fuoco, e non ne rimangono che poche macerie annerite e fumanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si cercano i colpevoli tra gli operai, ma si fa avanti uno stravolto Nakajima: è stato lui ad appiccare il fuoco, per eliminare la causa delle discordie familiari.

L'unico ostacolo al trasferimento in Brasile non esiste più.

Ora non ci dovrebbe essere più nulla a trattenere i Nakajima in Giappone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non gli credono. Impossibile che Nakajima abbia distrutto con le sue mani quello che ha creato da solo, contro tutto e contro tutti, nell'arco di una intera vita.

E' costretto ad invocare la testimonianza di Sue, che lo ha visto dare fuoco alla fabbrica.

Inutile dire che nessuno comprende il suo gesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anzi, solo adesso alcuni trovano il coraggio di rispondergli a viso aperto, di muovergli le loro obiezioni, che forse avrebbero avuto un effetto positivo se fatte al tempo debito.

Il genero gli rinfaccia la sua incoerenza: se veramente aveva ragione sui rischi atomici, accettando lo scambio con l'uomo del Brasile lo avrebbe portato alla morte al posto suo.

E gli operai della fabbrica? Ora nemmeno a loro rimane più nulla. Solo in quel momento Nakajma se ne rende conto.

 

 

 

 

 

 

 

Dopo aver invano pronunciato la folle promessa di portare in Brasile anche tutti loro, si getta al suolo e chiede perdono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ci sarà perdono: le leggi degli uomini non lo consentono, non lo prevedono.

Alla polizia interessa solo sapere se c'è un responsabile di tutto questo.

C'è, ed è Nakajima. Alla legge tanto basta, non è necessario sapere di più.

Il vecchio viene imprigionato.


La famiglia Nakajima sta uscendo da un ospedale.

Secondo loro - sentiamo i loro discorsi - il vecchio ha trovato finalmente un posto ove stare tranquillo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sopraggiunge Harada, e li incontra sulle scale.

Jiro gli confessa che crede di avere sbagliato ricorrendo al tribunale.

Avrebbero invece dovuto immediatamente far ricoverare il padre in un ospedale psichiatrico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harada è ora a colloquio col direttore del reparto. Questi confessa di non avere mai avuto in vita sua un paziente come quello, che rischia di mandarlo in depressione.

Tutti i pazienti hanno tendenze depressive, ma Nakajima è fuori dalla norma.

Viene da chiedersi se l'anormale sia lui o non sia piuttosto il resto del mondo, che resta impassibile in questo tempo di follia, ad avere problemi di igiene mentale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Finalmente Harada è a tu per tu con Nakajima.

Questi vive ormai in un mondo completamente suo, dove a nessun altro è lecito penetrare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si sente finalmente al sicuro.

Lì dentro nulla potrà toccarlo, ma continua ad essere preoccupato per il resto dell'umanità.

Riuscirà a sopravvivere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo è il suo pensiero fisso. E quando il sole al tramonto illumina la stanza, Nakajima conclude che la terra sta finalmente bruciando, come aveva sempre temuto.

E pur credendosi al sicuro, non può trattenere l'orrore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harada, pensieroso, arrestandosi a tratti, lascia l'ospedale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre lui scende la rampa, la sta salendo Asako, col bimbo addormentato sulle spalle.

Nessuno dei due sembra accorgersi dell'altro, entrambi immersi nei loro pensieri.

Risuona solo il rumore dei loro passi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si sentono ancora una volta le note del tema di apertura di Fumio Hayasaku.

Sappiamo per quale ragione la scena non è accompagnata dalla Musica delle stelle.

La morte interruppe il suo sogno.