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Nell'aula, sempre più oppressi dalla calura, sono rimasti i magistrati assieme ad Harada ed alla segretaria.

Sembra loro che non ci siano margini per respingere la richiesta dei familiari di Nakajima.

Harada chiede la parola, propone di riflettere ancora un attimo. In fondo, il timore di una catastrofe nucleare, non l'hanno tutti, comprese le persone presenti nella stanza? E perché interdire una persona che è stata dichiarata normale dai medici, che non è dedita all'alcol, che è certamente fuori dalla norma ma non fuori dai limiti?

Solo perché è l'unico che abbia il coraggio di dichiarare le sue paure, di affrontarle e di cercare dei rimedi?

Indubbiamente Nakajima esagera, i suoi timori anche se condivisi da tutti sembrano essere patologici. Ma quale è la causa scatenante della sua angoscia?

 

Harada prima di prendere qualunque decisione ha bisogno di conoscere le origini del suo male esistenziale. E' necessario porgli direttamente la domanda.

Nakajima tuttavia non riesce a comunicare i suoi sentimenti. Nega di essere inquieto, ritiene che sia giusto e necessario evitare il rischio di essere assassinato, e se i suoi figli preferiscono chiudere gli occhi e comportarsi da vili, lui non intende rassegnarsi prima ancora di avere tentato qualcosa.

E' chiaro che il tribunale non potrà dargli ragione. Il più anziano dei giudici commenta con amarezza che anche loro fanno parte del gruppo dei vili.

Tuttavia Nakajima sta tentando invano di risolvere un problema troppo grande per il singolo individuo, fuori della sua portata.

E' necessario, nel suo stesso interesse, impedirglielo.

Comunicata alle parti la decisione di interdire Nakajima si attende il processo di appello.

Il turbamento di Harada non si arresta qui. Si documenta, legge libri e giornali sugli esiti dell'esposizione alle radiazioni nucleari. La sua conclusione è che conoscendo quei dati perfino gli animali sentirebbero il bisogno di abbandonare il Giappone.

Nakajima intanto non si dà per vinto. Ha accompagnato l'uomo del Brasile a visitare un terreno con una magnifica veduta sul monte Fuji.

L'uomo ne è entusiasta: non avrebbe saputo che farne della acciaieria, ma in cambio di questo terreno relativamente piccolo, dove si potrebbe dedicare all'allevamento, è più che disposto a cedere la sua immensa fattoria in Brasile.

L'ostacolo della interdizione non è facilmente superabile: il terreno costa una cifra ingente, e per fermarlo occorre versare subito una importante caparra.

 

 

 

 

 

 

 

La guerra dei Nakajima arriva ad un importante salto di qualità. Ichiro si è affrettato a cambiare la combinazione della cassaforte, ma i clienti dell'acciaieria, sia perché ignorino gli sviluppi giudiziari sia perché abituati da sempre a trattare col vecchio considerando i figli dei buoni a nulla, continuano a versare a lui i pagamenti.

Nonostante tutto ha raggiunto una cifra molto vicina a quella che gli serve.

Ma ancora non basta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nakajima fa appello a tutti. Ma il figlio si rifiuta immediatamente di consegnargli il libretto di risparmio che fu di sua madre.

Non crede che Nakajima avrà ragione in appello, e non si vuole privare inutilmente della sua unica fonte di reddito. Potrebbe anche avere ragione. Ma il suo atteggiamento è egoistico e sprezzante.

Non va meglio con la proprietaria del bar. Nakajima vorrebbe accendere un'ipoteca sulla licenza, ne ricaverebbe esattamente quanto gli manca.

Ma la donna non accetta, a meno che Nakajima non si decida finalmente ad iscrivere la loro figlia (ci sono seri dubbi che lo sia veramente) sul suo stato civile. Sconfitto, Nakajima si ritira.

 

 

 

 

 

Solamente Asako si sente in dovere di fare qualcosa per lui. Quel giorno incautamente Nakajima ha incaricato suo padre di una riscossione. Naturalmente del denaro già non rimane più niente.

Perlomeno secondo lui: Asako fruga nei suoi vestiti e riesce a raggranellare dei resti, poi dà fondo a tutti i suoi risparmi per soccorrere Nakajima.

Questi ha una reazione brusca: è deluso, non bastano,

E' la volta di Asako ad essere delusa: Nakajima non riesce, pur essendo un uomo buono e generoso, a trattenere la sua natura ombrosa e collerica.

Infatti afferra i soldi, che dapprima aveva rifiutato, e senza dire niente se ne va.

 

 

 

 

Non sono pochi quelli che si sono resi conto che in Nakajima c'è molta limpidezza nonostante il suo caratteraccio.

L'uomo venuto dal Brasile, osservando fuori dalla finestra la pioggia battente, che nell'estate di Tokyo si alterna costantemente al caldo torrido, passeggia inquieto e riflette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine decide: si volge verso Nakajima e con un sorriso gli stringe la mano.

Nakajima è un uomo onesto, gli piace.

Anche lui non voleva emigrare in Brasile, tanti anni prima, per seguire il padre. Solo quando la loro casa bruciò, rimasti senza nulla, si decisero al grande passo.

Aspetterà ancora, tornerà entro pochi giorni in Brasile ma sarà sufficiente che Nakajima gli faccia sapere che tutto è a posto per concludere l'affare.

Nel frattempo, Nakajima riprenda il denaro, lo restituisca ai suoi figli, e parli ancora con loro.