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Nella sua seconda vita Miyamoto Musashi, oltre a continuare lo studio della spada e gettare le basi pratiche e filosofiche della sua scuola, il Niten Ichi ryu, divenne un rinomato artista.

In contrasto con la fama di uomo rude, scostante e in definitiva sgradevole che accompagnava la sua vita di ronin, le sue opere rivelano una personalità sensibile nella ricezione degli stimoli forniti dalla natura o dalla riflessione interna, e altrettanto delicata ma potente nel rendere nei manufatti le sue sensazioni.

Eccelse nell'arte del kakemono, o kakejiku, lunghi rotoli di carta destinati ad essere appesi come decorazione nella parete d'onore delle stanze dedicate ad attività significative, come ad esempio il lato kamiza del dojo, la sala destinata all'allenamento delle arti marziali, o nelle essenziali stanzette dedicate al chanoyu.

L'opera viene normalmente tracciata ad inchiostro, non consentendo ripensamenti ed aggiustamenti: ogni tratto è definitivo e fatale, come il colpo di una spada.

La sua opera più nota, di cui vediamo il particolare essenziale, è una averla posata su un albero morto, o forse semplicemente spoglio, di bambu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel suo popolarissimo romanzo, Eiji Yoshikawa attribuisce lo sbocciare del talento artistico di Musashi al suo incontro in Kyoto, all' epoca della faiida con gli Yoshioka, con Hon'ami Koetsu (1558-1633).

Appartenente alla celebre famiglia di togishi (rettificatori di spade) che si tramandò poi per molte generazioni l'incarico ufficiale di classificare e valutare le spade giapponesi di maggior pregio artistico e storico, Koetsu divenne anche un apprezzato ceramista e calligrafo.

Dopo essere stato discepolo del maestro di te Furuta Oribe e del grande calligrafo principe Soncho sviluppò - non prima di avere studiato e applicato a fondo gli stili tradizionali - numerose tecniche innovative di ceramica, pittura e laccatura.

A fianco possiamo vedere una calligrafia di Miyamoto Musashi: la parola sunyata (vuoto, o nulla).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Più tardi, sempre nel romanzo di Yoshikawa, Musashi incontrerà un togishi di nome Zushino Kosuke, che stanco di vedersi recapitare lame trattate senza rispetto ed utilizzate senza scrupoli, ha da poco cambiato la insegna del suo laboratorio: da "pulitore di spade" a "pulitore di anime".

In cambio di una spada di cui si è innamorata a prima vista, Musashi prometterà a Zushino una immagine della dea della misericordia - Kwannon - scolpita in un antico blocco di legno recuperato in un tempio, ma fallirà la prova ritrovandosi incapace di ricavare dalla materia viva l'immagine che ha nella mente.

Da allora alternerà l'esercizio della spada con quello delle altre arti, per dimostrarsi all'altezza della promessa. Riuscirà a manteneral dopo un periodo trascorso in solitudine con il figlio adottivo Iori, dedicato solo al perfezionamento della sua tecnica e della sua capacità di concentrazione.

Attendibile o meno che sia questa libera ricostruzione di Yoshikawa, Musashi fu anche un valente scultore. La sua opera più conosciuta è la rappresentazione in legno del dio della saggezza e del fuoco Fudo Myo (o Fudo sama) l'Immovibile, corrispondente al dio buddista Acala, che abbiamo già visto.

Questa altra immagine, presa di lato, permette di apprezzare la posizione classica di guardia Yin no kamae - o hasso no kamae - che Musashi fa assumere al dio. Normalmente viene raffigurato con una corda nella mano sinistra per legare il diavolo, la spada nella destra.

 

 

 

Le opere di Musashi denotano un sorridente ed acuto spirito di osservazione, ed una graffiante capacità di sintesi.

In questo inchiostro su carta è raffigurato Hotei, il dio della saggezza.

Tradizionalmente è un giovale signore di mezza età, dal grande ventre e che trasporta sempre con se una grande zucca ove è racchiusa la saggezza, che distribuisce a sua discrezione ad uomini e donne.

Musashi lo ha raffigurato mentre osserva, con benevolo quanto ironico divertimento, le mosse di due galletti intenti ad un futile duello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sua inventiva e la sua destrezza nel maneggio di vari materiali, dal legno all'acciaio, dalla carta all'inchiostro si applicarono anche agli oggetti di uso pratico.

Abbiamo già detto che  si tramandano e si replicano ancora a distanza di secoli le guardie di spade (tsuba) da lui disegnate.

Sappiamo già anche che fabbricò sempre personalmente i bokuto con cui si allenava, eccone qui infatti un diverso esemplare che si dice nato dalla sua mano e adoperato dalle sue mani.

Notiamo per la seconda volta che non ha assolutamente nulla a che vedere con gli enormi bokuto che gli vediamo utilizzare nelle stampe e nei film, simili piuttosto ad alcuni tipi di suburito, ossia attrezzi da allenamento destinati al perfezionamento della forma o al potenziamento fisico ma non al combattimento.

Certamente nulla vieta di pensare che Musashi abbia utilizzato, cosa del resto normale, differenti tipi di bokuto a seconda delle circostanze.

In un ritratto di autore ignoto, che si pensa risalire al 1640 circa, possiamo farci una idea dell'aspetto che aveva in età matura il grande samurai.