Gusty Herrigel
Lo zen e l'arte di disprre i fiori
SE, Milano, 1986

 

Se i testi della serie Lo zen e... si contano ormai a decine ben raramente hanno qualcosa a che vedere con lo zen, trattandosi nella migliore delle ipotesi di titoli scioccamente applicati ad opere consigliabili di autori seri e documentati ma che parlano di tuttaltra cosa. Nella peggiore, di improvvisazioni pseudo-zen al limite del dilettantismo e talvolta oltre. Ma questo libro ha tutte la carte in regola.

Ne è autrice Gusty Herrigel, moglie di quell'Eugen Herrigel autore del libro eponimo Lo zen e il tiro con l'arco in cui per la prima volta veniva reso conto al pubblico occidentale delle esperienze di un intellettuale europeo alle prese con una arte marziale tradizionale giapponese.

Daisetz Suzuki nella prefazione spiega che fu il professore scozzese Gilbert Highet (1906–1978), insegnante di latino e greco alla Università di Columbia negli Stati Uniti, a chiedere alla Herrigel, che ha vissuto in Giappone assieme al marito dal 1926 al 1930 seguendo assiduamente lezioni di pittura ad inchiostro ed ikebana, quanto segue: "Vorrei convincerla a a scrivere un libro sullo Zen nell'arte della composizione dei fiori, nello stesso spirito di quello del professor Herrigel. Presenterebbe un interesse ancora più complessivo".

Highet aveva infatti ricevuto il testo di Heugen Herrigel in lettura da una casa editrice riportandone un forte sensazione di estraneità agli argomenti trattati, che gli erano sembrati inaccessibili alla nostra cultura. Non era però riuscito a liberarsi di quanto letto, e continuando ad elaborarlo vi aveva col tempo trovato validi spunti di riflessione per i suoi studi sulla poesia giapponese, e sugli haiku in particolare.

Questo ancora non spiega - apparentemente - perché si sia scelto di recensire anche questo libro nella sezione dedicata ai koryu, ossia alle arti marziali antiche e tradizionali.

La risposta potrebbe venire dai numerosi riferimenti messi a disposizione delle fonti storiche, da cui possiamo comprendere che l'accostarsi all'armonia dell'universo prescinde dal porto di una spada ma soggiace alle stesse leggi del combattimento per la vita e la morte, e renderci conto di quanti e quanto grandi guerrieri abbiano scelto di coltivare l'arte della disposizione dei fiori.

Uno fra tutti: il grande maestro di chanoyu Rikyu; richiesto dal signore Toyotomi Hideyoshi di mostrare il suo giardino, che racchiudeva numerosi esemplari di un rarissimo fiore, Rikyu acconsentì. Ma Hideyoshi il giorno che si recò da Rikyu venne fatto entrare in un giardino assolutamente spoglio, da cui ogni fiore, pianta od arbusto era stato asportato. Anche l'interno della casa, nella successione di stanze che dovette attraversare, era del tutto vuoto, senza alcuna suppellettile o decorazione. Solo nell'ultima stanza, isolato e nudo, un unico esemplare di quel fiore - naturalmente il più armonioso ed il più maestoso, mostrava tutto quanto c'era da mostrare, senza che nulla altro potesse essere aggiunto, nemmeno da milioni di fiori.

E' lo stesso concetto che rende puro, necessario, vincente ed armonioso il gesto del guerriero.

Ma vogliamo proporla, questa risposta, attraverso una selezione di citazioni, scelte praticamente a caso, provenienti dal testo in esame:

Dal momento in cui l'allievo rinuncia ad anteporre se stesso alla propria opera, è in grado di cogliere direttamente, insieme alla natura del fiore in cui si manifesta l'universo, le leggi della propria natura e quelle che regolano la natura del fiore. L'artista attinge dalla "forma informale" la sostanza e la forma della propria opera.

Sono parole che potrebbero applicarsi ad ognuna delle arti praticate dall'essere umano, ma nelle arti marziali diventano ancora più calzanti. Ulteriori esempi vengono forniti dalle Istruzioni per meditare in cui viene riportata una serie di direttive indirizzate agli allievi.

I Maestri oggi scomparsi erano veri Maestri. Dobbiamo onorarli attraverso coloro che oggi sono i nostri Maestri.

tuttavia:

E' riprovevole voler far credere di sapere più di quanto realmente si sa, ed è necessario essere modesti. Non bisogna mai farsi vincere dall'orgoglio: esiste sempre un grado superiore a quello che si è raggiunto.

A chi si lamenta delle "noiose" ripetizioni degli esercizi di base che ogni arte richiede, bisognerebbe ricordare che:

Malgrado l'assoggettamento ad una forma, la creazione di un insieme di questo tipo lascia all'artista la massima libertà e non pone alcun limite all'espressione della sua fantasia: in ciò consiste l'arte senz'arte [di disporre i fiori].

Oltre a dare utili informazioni sui concetti di base cui si richiama l'arte della composizione dei fiori, che ricerca un delicato equilibrio tra le forze celesti (shin), umane () e della terra (gyo), chiamate occasionalmente al ruolo di protagonista ma sempre in una composizione globale in cui ogni elemento ha la sua parte, il libro richiama spesso importanti punti fermi ideologici simili a quelli esposti sopra.

E' questa la sua forza, ed al tempo stesso probabilmente la sua debolezza: la saggezza orientale ha rinunciato al tentativo di essere assimilata attraverso la trasmissione scritta, e preferisce affidarsi alla trasmissione diretta da maestro a discepolo, da cuore a cuore.

Esiste infatti il pericolo, non possiamo tacerlo avendone verificato costantemente l'esistenza, che non solo tra i praticanti ma anche tra diversi insegnanti delle varie arti si diffonda l'abitudine di dare per acquisito quanto si è solo letto in un libro, senza adeguarvi il proprio stile di vita e soprattutto il proprio atteggiamento interno.

Che la parola scritta sia dunque una prova in più da superare, non una fuga intellettuale dalle proprie responsabilità materiali e morali.