Miusys: La vendetta dei Soga
De Carlo editore, 1943

 

CIrca 500 anni prima della celeberrima saga dei 47 ronin un'altro episodio di vendetta rituale, contraria alle leggi ma aderente ai principi non scritti dell'etica guerriera, suscitò controverse e talvolta tormentate reazioni all'interno del già instabile regime giapponese. Nel 1193 due giovanissimi guerrieri, Jurô e Gorô Soga, uccisero il potente cortigiano Kudô Suketsune, al servizio di Minamoto no Yoritomo.

 

 

 

 

 

 

 

Minamoto no Yoritomo, al termine di una lunghissima guerra epocale, con l'aiuto decisivo del valoroso fratello Minamoto no Yoshitsune, poi perseguitato e fatto uccidere per evitare una fatale concorrenza nell'ascesa al potere, era divenuto nel 1190 il primo shogun nella storia del Giappone. Era di fatto, lui e dopo di lui i suoi discendenti, divenuto il governatore militare assoluto dell'intero arcipelago giapponese, solo nominalmente sottoposto alla suprema autorità dell'imperatore da cui aveva ricevuto l'investitura.

Diversi anni prima, quando i due fratelli Soga erano ancora bambini e il periodo di guerra impediva un controllo accettabile dell'ordine pubblico, Suketsune aveva fatto uccidere a tradimento il loro padre, Saburô Kawazu. La vedova era completamente impotente, propositi di vendetta non sarebbero stati realistici: doveva piuttosto pensare a sopravvivere e sottrarre i figli ad ulteriori attacchi fingendo di ignorare chi fosse il mandante del mortale attentato notturno. Si risposò alcuni anni dopo col monaco Soga Sukenobu, che si era imbattuto durante i suoi pellegrinaggi nella sventurata famigliola ed aveva deciso di prestare loro la sua assistenza . Fu così che i due figli di Kawazu assunsero il nome di Soga. Non avevano però dimenticato il loro lignaggio ed i loro doveri. Non appena le loro forze lo consentirono, per quanto ancora quasi adolescenti, si introdussero nella dimora assegnata dallo shogun a Kudô Suketsune e nonostante la resistenza delle guardie lo uccisero. Entrambi pagarono con la vita il loro gesto

Non molto conosciuta al di fuori del Giappone, la storia della vendetta dei Soga conobbe una certa popolarità in Italia nel periodo che va dall'immediato dopoguerra agli anni 60. Venne infatti pubblicata in forma di romanzo, a firma di Miusys, pseudonimo su cui non disponiamo di ulteriori informazioni ma  che scrisse per la stessa casa editrice, la De Carlo Editore in Roma, diversi altri titoli tra cui Il piccolo ronin, Yuko e Tarô, Il loto rosso.

La vendetta dei Soga venne pubblicata nella primavera del 1943, il periodo forse più funesto della seconda guerra mondiale e in cui probabilmente le attenzioni di tutti erano rivolte altrove. Come già detto conobbe però una certa popolarità negli anni successivi, sull'ondata di una ingenua quanto genuina curiosità verso una cultura apparentemente così diversa dalla nostra, al punto da rimanere a volta sconcertante. Che eppure sembrava avere qualcosa di non ben definibile da trasmettere, che eppure aveva indubbiamente del fascino. I canali di diffusione, non osiamo dire di studio, erano soprattutto quelli delle organizzazioni giovanili, ove si sono sempre ricercati testi che potessero aiutare i ragazzi a sviluppare un senso di appartenenza ad una comunità, un senso del dovere verso delle regole fissate nel tempo perché riconosciute universalmente valide e quindi accettate prima ancora di arrivare a comprenderle intellettualmente.

Abbiamo detto che questi processi di avvicinamento ad un'altra cultura, non è possibile ancora definirli di conoscenza o contatto diretto, peccavano come minimo di ingenuità, oltre che di una superficialità forse solamente apparente. Va rimarcato infatti che l'accesso alle fonti non era alcuni decenni fa paragonabile a quello che oggi è alla portata di tutti, di conseguenza quello che ora può apparire frutto di una ricerca frettolosa e distratta può avere all'epoca richiesto un lungo lavoro ed essersi avvicinato al miglior risultato possibile.

Anche il linguaggio letterario di questo romanzo è indissolubilmente legato ai suoi tempi, sia nella forma che negli stilemi adottati, sovente sparsi a piene mani nella convinzione - appartenente anchessa a quell'epoca - che l'abbondanza di elementi di colore aggiungesse sapore al tutto. Ovvviamente trattandosi di un romanzo non ci si devono aspettare approfondimenti  o dettagli sulla parte storica della vicenda. Chi ne vuole sapere di più dovrà cercare altrove.

Si tratta quindi di un romanzo irrimediabilmente datato e potremmo anche propendere a definirlo superato. Ma proprio per questo costituisce una testimonianza, una memoria storica che va salvaguardata per poter essere conosciuta.

Esistono ovviamente ostacoli materiali: sia l'oblio quasi assoluto in cui è caduto questo genere di letteratura, sia la difficoltà, per chi fosse interessato comunque a conoscerlo, per verificare attraverso quali e quanti passaggi di qualità si sia arrivati all'attuale livello di conoscenza e comprensione della cultura giapponese, a reperire una copia dell'opera.

Stiamo comunque esaminando la questione attentamente. In attesa del parere di un esperto, ipotizziamo che di questa opera siano al momento decaduti i diritti di utilizzazione economica, che nel caso di pubblicazioni anonime e pseudonime si estinguono nel settantesimo anno dalla prima pubblicazione. L'opera sarebbe in questo caso divenuta disponibile al pubblico dominio a partire dall'aprile 2013, e questo renderebbe possibile la sua digitalizzazione e libera pubblicazione.

Vi faremo sapere. Nel frattempo chi fosse interessato Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. la sua opinione in merito.

Per chi invece fosse interessato a conoscere qualcosa di più sull'impatto avuto dalla vicenda dei fratelli Soga nella cultura e nella letteratura giapponese, segnaliamo questo titolo che sembra promettente: Avatars of Vengeance: Japanese Drama and the Soga Literary Tradition by Laurence R. Kominz, pubblicato in Journal of Japanese Studies Vol. 25, No. 2 (Summer, 1999), pp. 448-453.