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Non faremo come in altre occasioni un lungo ed accurato resoconto degli avvenimenti. Non ha senso con molte opere, e questo è il caso. Basterà richiamare per grandi linee le ragioni scatenanti del conflitto che esploderà all'interno del campo di prigionia.

Una richiesta di Lawrence, trasferire il soldato vittima della violenza in un'altra sezione - poiché la voce dell'accaduto si è diffusa e viene tormentato sia dalle guardie che dagli altri prigionieri - causa l'ennesimo scontro di opinioni ma anche di cultura: Difficilmente il rozzo Hara sembra associabile alla cultura, ma sia pure deformati ed espressi volgarmente i suoi concetti si allineano a quelli dominanti in Giappone: chi ha perduto in battaglia e si è arreso non è più un soldato, non ha diritto a nulla ed è il suo giusto destino essere trattato con disprezzo.

La continua per quanto difficile opera di mediazione di Lawrence e l'apparente impossibilità da parte degli europei di contrastare in qualche modo la sudditanza materiale e psicologica cui sono sottoposti sembrano impedire al conflitto di divampare, senza riuscire comunque a spegnerlo.

E' in arrivo però l'elemento catalizzatore che cambierà completamente i rapporti di forza.

Ancora spossato dalle sevizie subite, Celliers arriva al campo e viene preso in consegna da Hara.

Ci vorrà molto prima che possa riprendersi, ma quello è già il momento cruciale.

Il semplice tentativo da parte di Lawrence di aiutare Celliers a rialzarsi dopo essere caduto privo di forze, scatena l'ennesima brutalizzazione da parte di Hara. Ma verrà a sua volta frustato selvaggiamente da Yonoi, che ha visto tutto. Sono i primi sintomi di un possibile crollo psicologico dei due giapponesi, che sembrava inimmaginabile.

Yonoi è già attirato dall'enigmatico inglese, ordina che sia curato e chiede informazioni su di lui a Lawrence, che lo ha conosciuto in Africa.

Ma se esiste tra di loro una attrazione sessuale rimarrà sembre latente, inespressa e non affiorata. Oshima non la esclude, la lascia intuire, non la conferma. Eppure ha dimostrato quasi in ogni sua opera di non avere timore di affrontare questo tema, anzi di ricercarlo e volerlo esplorare fino in fondo, come in Gohatto (1999).

E' lecito pensare che abbia deliberatamente scelto di lasciare lo spettatore nel dubbio. Non hanno avuto alcun dubbio purtroppo i mass media, lasciando immaginare all'opinione pubblica un'opera completamente diversa e più morbosa, forse indottivi dal fascino ambiguo che hanno molte rockstar, e particolarmente David Bowie.

Incoerentemente Yonoi mentre si preoccupa morbosamente della sorte di un nemico praticamente sconosciuto accresce il livello di tensione e di aggressività verso gli altri prigionieri a lui affidati.

Convoca il comandante inglese, il colonnello  Hicksley (Jack Thompson) e gli ordina di fornirgli un elenco degli specialisti di armamenti presenti nel campo.

Ovviamente questi gli oppone un fermo rifiuto, è un genere di informazioni che nessun prigioniero è tenuto a fornire al nemico.

Yonoi ha già una soluzione: ha in mente di sostituirlo d'autorità con Celliers. Una decisione molto strana, dal momento che il maggiore si è già dimostrato un avversario temibile. Sicuramente molto di più dello stolido Hicksley, che si oppone a Yonoi unicamente per difendere le sue convenzioni e per mera testardaggine.

Malgrado tutto i protagonisti di questa guerra nella guerra continuano a cercarsi: richiesto da Lawrence di limitare gli allenamenti notturni di spada, che disturbano il sonno dei prigionieri nell'infermeria, l'impenetrabile corazza mentale e culturale di Yonoi sembra mostrare dei varchi. Aderisce alla richiesta, ma non solo: confessa che avrebbe grande desiderio di poter invitare i suoi prigionieri a vedere la festa dei ciliegi in fiore in Giappone, in un mondo finalmente in pace.

Non è destino che questo desiderio si compia, né che la reciproca ricerca porti ad una definitiva comprensione ed accettazione dell'altro.

L'incanto si spezza prima ancora di diventare palpabile. Yonoi ordina bruscamente ad Hara, che assisteva sullo sfondo, di preparare immediatamente l'harakiri, il suicidio rituale, di Kanemoto (Johnny Okura).

E' l'uomo che ha violentato il giovane  olandese. Tutti gli ufficiali prigionieri, inglesi ed olandesi, dovranno assistere. Ed anche il maggiore Celliers, non importa che sia ancora malato.

Da lì parte il processo distruttivo che porterà alla tragedia. In un moto di orgoglio titanico Yonoi intende mostrare al nemico come il giapponese, anche quello macchiatosi dei peggiori crimini, sappia redimersi con la morte. Rivendica la superiorità della sua cultura. Non gli sarebbe probabilmente possibile accettare il confronto con altri ideali se non rivendicasse prima la superiorità dei suoi.

La irragionevole sfida di Yonoi si risolve nel disastro e nell'orrore. Kanemoto, visibilmente terrorizzato, non è in grado di attenersi al cerimoniale, disonorandosi e disonorandolo agli occhi degli stessi giapponesi. La vittima di Kanemoto, De Jong, costretto ad assistere alla esecuzione,  già turbato da quanto ha subito, non regge ed in una improvvisa crisi di nervi si mozza inavvertitamente la lingua, morendo in pochi istanti.

L'unica reazione di Yonoi è quella di ordinare per i prigionieri - e per se stesso - 48 ore di gyo, digiuno prescritto a chi è affetto da "pigrizia spirituale". Rivendica a Lawrence per l'ennesima volta di essere dalla parte dalla ragione. Lawrence risponde succintamente: "Siamo tutti dalla parte del torto".

E' l'inizio di una lotta mortale.