Gendai
Nagisa Oshima: 1983 - Furyo - Epilogo
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Celliers, lo sappiamo già, sarà l'elemento catalizzatore. Ma sarà anche un elemento attivo e lucidamente consapevole di quanto sta facendo, non un mero elemento chimico la cui sola presenza basta ad innescare ed attivare la reazione.
La sua azione si può in un certo senso paragonare ad un suicidio rituale, e dimostrerà a Yonoi che anche il nemico è disposto al sacrificio per i suoi ideali.
Pur non avendo partecipato alla tragica esecuzione di Kanemoto, per proibizione del medico, Celliers si è ristabilito al punto di potersi muovere dalla baracca. Assentatosi nonostante il divieto, ritorna con una borsa piena di fiori rossi raccolti per De Jong, il giovane ufficiale vittima per due volte della crudeltà nemica: prima quella del singolo e poi quella di chi rappresenta l'autorità.
Non sono solo un simbolo, non verranno solo deposti sul giaciglio di De Jong.
L'arrivo di una ispezione a sorpresa non turba minimamente Celliers, che ne approfitta anzi per dare la prima stoccata.
A chi gli chiede minaccioso se è stato lui ad introdurre quei fiori, il maggiore risponde mangiando beffardamente il fiore che gli viene messo davanti da un soldato.
Mangiando con ostentatazione quel fiore rosso viola deliberatamente l'ordine del digiuno ed inizia la sua inesorabile opera di distruzione delle certezze - o presunte tali - di Yonoi.
Questi sopraggiunge mentre Celliers viene malmenato e portato fuori, senza che opponga alcuna resistenza. Ha già raggiunto il suo scopo: il fiore si è trasformato in un'arma letale contro cui né Yonoi né gli altri carcerieri avranno possibilità di opporre resistenza.
Se ne rendono conto anche gli altri prigionieri, fino ad allora passivi: iniziano a cantare in segno di protesta, repressi inutilmente con la consueta brutalità da Hara. Anche nel silenzio la loro sfida rimane evidente.
Infine durante l'ispezione viene trovata una radio. I prigionieri si rifiutano di rivelare a chi appartenga, o forse lo ignorano veramente: è inevitabile prevedere una dura repressione. Celliers viene imprigionato, Lawrence legato ad un palo all'aperto.
Durante la notte l'attendente si introdurrà nella cella di Celliers dopo aver ucciso la sentinella di guardia. E' sicuro che in lui si celi uno spirito maligno, ed intende salvare l'anima del suo capitano sopprimendolo.
Avrà però la peggio, Celliers era all'erta ed appartiene ad un corpo di elite addestrato al combattimento corpo a corpo.
Tenterà poi la fuga, nonostante non si sia mai rimesso del tutto a causa delle ripetute percosse, assieme a Lawrence che è riuscito a liberare.
Non riusciranno ad andare lontano nelle loro condizioni, vengono scoperti ben presto.
La spada di Yonoi arresta la fuga di Celliers, che si prepara a difendersi con la stessa baionetta con cui l'attendente intendeva ucciderlo.
Ma sa che non è quella la tattica giusta: con lo stesso sorriso beffardo con cui combatteva con un fiore, ora combatte deponendo la baionetta al suolo per arrendersi.
Si può accettare di morire combattendo, ma si può anche scegliere di continuare a vivere per continuare a combattere.
Per la seconda volta Yonoi comprende di essere stato battuto ma non comprende come. Ordina di riportare i due inglesi in cella, in attesa della autorizzazione dei suoi superiori per metterli a morte: soddisferà così il suo astratto senso dell'ordine. Non gli interessa se siano loro i responsabili della introduzione della radio nel campo. Il suo attendente ottiene di compiere harakiri per espiare la colpa.
Abbiamo già detto che non intendiamo descrivere minuziosamente tutto quanto rappresentato da Oshima. E' un film che va visto ed interpretato da ognuno, ma liberi il più oossibile da preconcetti. Ci siamo dilungati sui prodromi di questa battaglia senza tregua, ora è bene non dire altro.
Non è possibile però tacere sulle motivazioni profonde della fredda determinazione di Celliers. E' il rimorso a spingerlo.
Estremamente legato al fratello più giovane, un essere sensibile troppo fragile per un mondo crudele, e che si esprimeva soprattutto nel canto, ha rinunciato a difenderlo contro la gretta aggressività dei compagni di college, cui non pareva vero di avere una vittima inerme su cui sfogare le proprie frustrazioni.
Celliers ha fatto finta di non udire le grida disperate del fratello, convinto di poterlo così plasmare e rendere più forte. Nella sostanza si è piegato alle convenzioni ed alle barbarie di una cultura che ha i suoi momenti nobili ma anche quelli perversi, e sembra a volte credere che questi siano necessari per innalzarsi a quelli. Né più né meno che ogni altra cultura umana. Ad esempio quella giapponese con cui si sta confrontando ora.
Il fratello di Celliers non ha più cantato in vita sua. I rapporti con lui si sono spenti.
E Celliers sa di non potere, né volere, ripetere una seconda volta quel tragico errore. Adesso deve combattere, a qualunque costo: non assistere inerte dal suo nascondiglio.
Occorre anche aggiungere alcune sfumature alla figura di Hara: imprevedibilmente è proprio lui a rivelare una insospettabile sensibilità, e sarà solamente lui che tenterà in qualche modo di scongiurare la catastrofe.
Non sapremo se si tratti di una ricostruzione di comodo, ma è lui ad opporsi in extremis alla esecuzione degli ufficiali inglesi ribelli, sostenendo di avere scoperto il vero responsabile dell'introduzione della radio nel campo.
Un prigioniero cinese, che ha giustiziato senza indugio. Naturalmente questo rende impossibile smentirlo.
Il suo tentativo sarà inutile, Yonoi non è più in grado di fermare se stesso.
Privato del suo ultimo pretesto, la radio, ritorna sul primo: esige immediatamente un elenco degli specialisti di armi, munizioni ed esplosivi presenti nel campo, pena l'immediata esecuzione di una rappresaglia.
Ordina a questo scopo l'adunata dei prigionieri.
Non gli è sufficiente: devono presentarsi anche i malati.
Sono tutti in condizioni pietose, molti di loro non sono in grado di reggersi in piedi.
Avendo Yonoi perduto ogni controllo, non comunque è in grado di ascoltare i sentimenti né la ragione.
Ripete ancora e per l'ultima volta il suo ordine, dopo avere ordinato ad alcuni prigionieri scelti a caso di affiancarsi al colonnello Hicksley.
Questi si rifiuta per l'ennesima volta di fornire informazioni al nemico. Yonoi si prepara ad ucciderlo per primo. Sul posto, con la sua stessa spada.
Celliers sa cosa deve fare.
Non ha alcuna esitazione.
Probabilmente lo ha sempre saputo quale era il suo dovere, prima di arrendersi alle convenzioni si era battuto coraggiosamente anche per difendere il fratello. Ma non aveva avuto il coraggio di arrivare fino in fondo.
Lo farà ora.
Esce dalle file schierate, e si dirige con passo calmo e sicuro, come se non fossero puntati contro di lui decine di fucili con le baionette in canna, verso Yonoi, che si concentra in attesa di vibrare il colpo mortale.
Nessuno sembra avere il potere di interferire nelle intenzioni di Celliers. Nessuno gli intima di fermarsi o gli sbarra la strada.
Quando è arrivato provocatoriamente davanti a Yonoi, in posizione militare di attesa, questi viene colto dallo smarrimento: tenta di respingerlo.
E' inutile, nulla lo può fermare.
Celliers abbraccia fraternamente Yonoi, e lo bacia sulle guance.
Yonoi impazzisce letteralmente, dopo aver levato la spada per uccidere Celliers la sua mente cede, e sviene.
Celliers pagherà con una atroce morte il suo coraggio.
Ma il suo spirito si ripresenterà sereno al fratello, consapevole di avere pagato la sua viltà passata, la sua schiavitù nei confronti di vuore e crudeli convenzioni che pretendono di essere fondamentali per la cultura, per la civiltà.
L'epilogo è affidato a Lawrence ed Hara. Questi è in prigione, in attesa della esecuzione della sua condanna a morte come criminale di guerra, fissata per la mattina seguente.
La guerra è terminata, e Yonoi è già stato giustiziato da tempo.
Lawrence è andato a trovare il suo antico nemico, il suo antico persecutore.
Non può fare a meno di trovarlo molto più simile a lui di quanto pensasse, e gli confida quanto trovi dura la vittoria.
Hara sembra non avere più nulla, addirittura non avere mai avuto nulla, del bruto che abbiamo conosciuto, ed attende con serenità la morte.
Lawrence si congeda.
Hara lo richiama. Vuole salutarlo un'ultima volta.
E lo saluta come lo aveva salutato, chissà se sinceramente o per scherno, in quel campo di concentramento nell'isola di Giava.
Più o meno quando cominciava a far sospettare da alcuni tenui sintomi di poter forse divenire anche lui un essere umano: "Merry Christmas, mister Lawrence".