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Percorrendo il lungo boulevard che porta verso il quartiere delle esposizioni, costruito per l'Esposizione Universale del 1958 il cui simbolo è l'Atomium, appare sulla sinistra, semicoperto dai grandi alberi di un parco, la surreale visione di una grande torre rossa in legno, apparentemente in stile giapponese e quindi assolutamente fuori dal contesto in quell'angolo dell' Europa del nord.

Effettivamente quell'edificio viene chiamato Tour Japonaise, e fu costruito ad inizio 1900 su commessa del re Leopoldo II che da alcuni annni progettava di abbellire quell'arteria con tutta una serie di monumenti esotici, facendone un parco culturale all'aperto, immerso nel verde.

Quasi tutti credono che si tratti di una autentica torre giapponese, realizzata in occasione dell'Esposizione Universale tenuta a Parigi nel 1900, ma se l'iinformazione non è esatta, l'origine dell'edificio è diversa.

Una torre simile venne effettivamente commissionata per allestire il padiglione Panorama du Tour du Monde, ove apparivano anche altre costruzioni di stile asiatico, dalla Compagnie des Messaggeries Maritime all'architetto francese Alexandre Marcel (1860-1928).

Il quale, grande ammiratore dell'estremo oriente e del Giappone in particolare, si concesse tuttavia alcune libertà, non sappiamo se deliberatamente o a causa dei frequenti fraintendimenti dovuti ad una imperfetta conoscenza della cultura giapponese, che si era aperta al mondo solamente da pochi decenni.

 

 

Per confronto si veda l'immagine a fianco; è stata reperita su internet, riutilizzabile nei termini della licenza creative commons cui ha aderito l'autore poi come capita spesso sparita.

Rappresenta la torre del tempio di Itsukushima, situato nel sud del Giappone e conosciuto pressoché universalmente per il suo torii: il portale di ingresso, anchesso in legno rosso, che rimane isolato in mezzo alle acque durante le alte maree.

Una delle immagini più suggestive del Giappone tradizionale.

Potete vederne alcune immagini qui e qui (elaborata al computer).

La torre - o pagoda come si diceva una volta - di Itsukushima è tra quelle più somiglianti alla Tour Japonaise di Bruxelles.

La prima differenza che salta all'occhio è che le torri giapponesi hanno normalmente 5 piani, o comunque un numero dispari, mentre quella progettata e costruita dall'architetto Marcel ne ha 6.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il re Leopoldo durante una sua visita all'esposizione ne rimase favorevolmente impressionato e Marcel accettò l'incarico di costruire a Bruxelles, nel parco reale di Laeken, una replica della sua torre.

Riutilizzò come portico quello, costruito da un carpentiere giapponese, che adornava l'ingresso del Tour du Monde. Si intravede sulla destra dell'immagine, distinguibile per la tonalità scura del legno impiegato, che contrasta col rosso della torre.

La torre vera e propria invece venne costruita da imprese locali ma col vincolo di assemblare le varie parti utilizzando tecniche giapponesi, quindi senza fare uso di chiodi.

Parte della decorazione degli intern (porte e pannelli decorativi, in legno e rame)i fu affidata a maestranze giapponesi nella città di Yokohama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le vetrate che danno luce agli ambienti riprendono i motivi di molte stampe giapponesi e furono affidate al pittore e decoratore parigino Jacques Galland.

Il loro intento era probabilmente di richiamare gli shoj, i pannelli mobili in carta traslucida, inquadrati in cornici di legno, che lasciano passare la luce esterna dentro gli ambienti.

O forse i paraventi mobili collocati come divisori all'interno delle abitazioni giapponesi, che al contrario degli shoji che sono assolutamente disadorni vengono spesso riccamente dipinti.

Comunque sia l'effetto dato dalle vetrate, che siano o no fedeli agli originali i temi scelti da Marcel ed eseguiti da Galland, creano una atmosfera vagamente gotica che nulla ha a che vedere con il Giappone.

Tutto l'assieme si presenta troppo carico di elementi decorativi e avvolto da tonalità scure, molto lontano quindi dalla semplicità e dalla solarità dell'arte giapponese.

Il monumento ebbe vita infelice. Iniziato nel 1901 e terminato nel 1904, venne pochi anni dopo ceduto dal re allo stato, ma agli inizi degli anni 20 era già chiuso per seri problemi strutturali e dopo una lunga serie di vicissitudini simili non riaprì definitivamente che quasi 70 anni dopo, nel 1989 in occasione dell'esposizione Europalia che quell'anno era dedicata al Giappone.

Contrariamente alle pagode giapponesi, in cui solo il primo piano è agibile, il progetto originale prevedeva un utilizzo anche dei piani superiori.

Di fatto non si riuscì mai a garantirne l'apertura ed ancora oggi l'accesso è limitato al primo piano, ove si accede attraverso una lunga scalinata che prende luce dalle 34 vetrate opera di Galland.

Dedicata inizialmente all'esposizione di armi giapponesi, la Tour si dimostrò inadatta ad un uso museale a causa degli scarsi spazi disponibili. Attualmente la collezione d'armi, di cui parleremo in altra occasione, si trova in un altro edificio del complesso, appartenente in origine al Pavillion Chinois situato dall'altro lato della strada.

Prima di divenire a sua volta un museo era stato progettato per essere un ristorante cinese di lusso.

Purtroppo la Tour rimane sostanzialmente un corpo estraneo, inserita in un contesto che non le appartiene.

Occore dire però che con ogni probabilità il progetto originale prevedeva una amibientazione diversa.

Questa foto presa dall'interno del parco reale, che viene aperto una volta all'anno nel mese di maggio per consentire a tutti di usufruire della fioritura delle splendide serre reali, ci mostra una prospettiva insospettabile quando si osserva la torre dalla strada.

Nelle immediate vicinanze è stato previsto un laghetto artificiale, con dei ponticelli in stile giapponese, e nei dintorni sono stati piantati dei sakura, ciliegi giapponesi.

Crediamo che un allargamento della parte riservata al pubblico non toglierebbe molto alla magnificenza del parco reale ma contribuirebbe ad aumentare di molto il fascino della torre, che è indiscutible nonostante le incongruenze stilistiche ed esecutive che abbiamo dovuto sottolineare